Il nove giugno scorso il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato la dissoluzione dell’Assemblea nazionale, una delle due camere del parlamento, portando il popolo a votare. Le elezioni europee, tenutesi fra il sei e il nove giugno, hanno indicato un calo di voti per il suo partito, Renaissence (Re), a vantaggio del partito di estrema destra, Rassemblement national (Rn), così evidente da ricorrere, a suo parere, a tale provvedimento. Le elezioni per il nuovo governo, che in Francia si svolgono in due turni a differenza di quelle italiane, si sono tenute il trenta giugno e il sette luglio. Il gruppo politico che ha ottenuto più seggi all’Assemblea nazionale non è stato né Rn né Re, ma il Nuovo fronte popolare (Nfp).
La sera del tredici giugno, di fronte alla minaccia di una probabile vittoria dell’estrema destra, quattro partiti di sinistra – Les Écologistes, La France insoumise (Lfi), le Parti communiste (Pc) et le Parti socialiste (Ps) – si sono accordati per formare una coalizione con un programma unico e sconfiggere il partito guidato da Marine Le Pen. La collaborazione tra diverse forze politiche ha arginato, almeno per il momento e almeno in Francia, l’ondata conservatrice e xenofoba che sembra guadagnare sempre più consenso tra i cittadini europei.
Questo risultato non è stato facile per i quattro partiti francesi. Pur condividendo alcuni principi non sono mancati i compromessi su questioni come quella energetica. Ciò che ha superato ogni divergenza e portato a unire le forze è stata la volontà di rompere con le politiche neoliberiste di Macron, che hanno fatto cadere il Paese in una grave crisi economica. Gli alti numeri dell’affluenza popolare francese alle urne e dei politici di Nfp deputati dell’Assemblea nazionale sono la dimostrazione della fiducia accordata all’alleanza di sinistra da parte dei cittadini, che hanno visto in questa la chance di una rottura col passato.
Come si è arrivati a questo punto
Le elezioni francesi hanno dimostrato la volontà popolare di dare risposte serie al problema migratorio in Europa. In uno scenario appiattito su politiche istituzionali razziste, europee e nazionali, da parte di tutto lo spettro politico, da sinistra a destra, e su un sempre maggior consenso da parte delle fazioni estremiste, la coalizione dei quattro partiti è un’inversione di tendenza. In paesi come l’Italia e l’Inghilterra la mancanza di un fronte unito in grado di arginare il populismo dilagante che raccatta voti sulla pelle delle persone in movimento ha eroso la distinzione tra destra e sinistra. Sul tema migratorio i partiti di sinistra come il Partito democratico in Italia e il Partito laburista in Inghilterra hanno assunto in passato la retorica della destra (con uno sforzo attualmente di tornare a distanziarsi e a ritrovare posizioni alternative sul tema), che a sua volta si è sempre più confusa con l’estrema destra. «L’erosione della distinzione tra estrema destra e centrodestra inglese», ha detto il giornalista Daniel Trilling a Open migration, «è un processo a volte chiamato convergenza», ed è lo stesso fenomeno che in Italia ha permesso la vittoria del partito di estrema destra Fratelli d’Italia (Fdi), nel 2022, e l’attuale unità della costellazione di destra, unita da idee suprematiste e xenofobe.
Il gioco di potere sulla pelle delle persone migranti non ha risparmiato la politca francese. A partire dai primi anni 2000, il governo di destra di Sarkozy ha messo al centro delle campagne elettorali la questione migratoria. Pur tentando di distinguersi a parole dai discorsi razzisti dell’estrema destra di Marine Le Pen le politiche di Sarkozy hanno portato a un peggioramento della condizione delle persone migranti e i residenti stranieri in Francia. La cosiddetta “legge Darmanin” del gennaio 2024, dal nome del ministro dell’interno e dell’oltremare del perdente governo di centro di Macron, è stata solo l’ultima di una serie di leggi che hanno inasprito la discriminazione sociale verso queste due categorie sociali.
Le Pen ha lodato il testo di legge passato al Parlamento con 349 voti favorevoli il 20 dicembre dell’anno scorso. La leader di Rn ha dichiarato che grazie al governo di Macron la “préférence nationale”, un termine sinonimo di sciovinismo che indica la superiorità dei cittadini francesi rispetto agli stranieri, che era stata «fino a ora rigettata dal resto dello spettro politico», è diventata legge. La legge Darmanin ha ricevuto l’endorsement dell’estrema destra, i cui parlamentari hanno votato insieme ai conservatori di centro. Il ministro Darmanin ha espresso l’imprescindibilità del compromesso con Rn sull’immigrazione dichiarando che «oggi sono necessarie misure severe».
Il testo ha assunto valore legale il 26 gennaio di quest’anno, dopo essere stato in larga parte modificato dal Consiglio costituzionale, che ha rimosso molti articoli in quanto avulsi dal tema giuridico per cui la legge è stata proposta.
Chi viaggia in Francia
Secondo i dati del Ministero dell’interno e dell’oltremare riferiti al 2023 in Francia vivono 5,3 milioni di persone straniere, su una popolazione di 67,8 milioni di abitanti, di cui rappresentano quindi il 7,8%. Le maggiori comunità nazionali, stando a un censimento condotto nel 2022 dall’Istituto nazionale di statistica e degli studi economici (Insee), sono quella algerina, marocchina e portoghese.
Gli stranieri residenti in Francia possiedono diversi tipi di permesso di soggiorno: di breve o lunga durata, di studio o lavoro, permanente o temporaneo. Nel 2023 la maggior parte dei primi permessi di soggiorno – 108.375 – ricevuti da chi è arrivato in Francia sono stati consegnati per motivi di studio, mantenendo il primato cominciato nel 2022 quando per la prima volta hanno superato quelli per motivi familiari. Questi ultimi, al contrario, sono gli unici in calo. Sono stati 46.425 i permessi per motivi umanitari, aumentati del 12% dall’anno precedente. Si tratta soprattutto del permesso da rifugiato consegnato alle persone la cui domanda di asilo viene accolta dallo Stato francese.
Le domande di asilo presentate nel 2023 alla Francia sono state 145.160. Di queste 136.811 sono state valutate dall’Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi (Ofpra), che ne ha accettate 44.560. Compresi i ricorsi per quelle già ricevute, nel 2023 in Francia sono state accolte in tutto 60.892 domande di asilo. I principali Paesi di provenienza delle persone richiedenti asilo sono Afghanistan, Guinea, Turchia, Bangladesh e Costa d’Avorio. È significativo l’aumento delle richieste di asilo fatte da sudanesi – 5.617 – aumentate del 120,7% rispetto al 2022.
Sono diminuite del 18,2% le non ammissioni alla frontiera francese, cioè le decisioni di tipo amministrativo prese dalla guardia di frontiera di respingere le persone senza documenti. La maggior parte delle persone respinte provengono dai paesi del Maghreb, ma anche da Afghanistan e Guinea. Il tasso di crescita dei respingimenti alla frontiera di sudanesi – 144,1% – è superiore a quello summenzionato dei connazionali richiedenti asilo. Inoltre sono aumentati i respingimenti alle frontiere nei territori francesi di oltremare.
La legge Darmanin
La cosiddetta legge sull’immigrazione voluta dal ministro Darmanin ha modificato non solo il tessuto giuridico che regola l’arrivo di nuove persone sul territorio, ma ha reso ancora più precarie le condizioni di permanenza di chi è arrivato e vive in Francia anche da diversi anni. Uno degli articoli introdotti, considerato conforme alla costituzione dal Consiglio costituzionale, ha vincolato l’ottenimento e il mantenimento del permesso di soggiorno al rispetto de “il motto, i simboli e i principi della Repubblica”. Viene quindi stipulato che alla ricezione del permesso di soggiorno sia firmato un contratto in cui lo straniero si impegna a rispettare questi principi. In caso di mancanza di rispetto del contratto viene attribuita all’autorità amministrativa il potere di ritirare o non rinnovare il permesso.
Gli articoli presentati come giustificazione della necessità di questa legge sono stati tanto stravolti nell’iter legislativo da assumere una connotazione peggiorativa per le condizioni dei soggetti coinvolti. L’articolo centrale della legge Darmanin sulla riforma dei permessi di soggiorno per i lavoratori stranieri, che aveva subito forti limitazioni in seguito a un decreto emanato nel 2021 dallo stesso governo, è stata l’occasione per restringere le possibilità di soggiorno degli studenti stranieri. L’articolo ha sì introdotto la possibilità per un lavoratore straniero di regolarizzare autonomamente la propria condizione di soggiorno in Francia, ma ha anche ristretto ancora di più gli ambiti di lavoro in cui è possibile la regolarizzazione e ha aumentato i poteri in mano alle autorità amministrative – i prefetti – di verifica delle condizioni richieste per il rilascio dei documenti. Inoltre, lo stesso articolo ha introdotto delle norme per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di studio – i cui numeri, come abbiamo visto, hanno superato i motivi familiari. La legge Darmanin ha introdotto l’obbligo per gli studenti stranieri di una cauzione da versare per ottenere il permesso.
Per quanto riguarda l’asilo politico la legge Darmanin ha modificato il diritto amministrativo riducendo il numero di giudici che possono deliberare sulle domande da tre – di cui uno nominato dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) – a uno. Anche l’iter di deposito della domanda viene modificato, centralizzando il processo e anteponendo la decisione delle prefetture a quella dell’Ofpra. Inoltre la legge ha vincolato il rifiuto della domanda di asilo all’obbligo di lasciare il territorio francese (Oqtf), sistematizzando quest’ultimo. Allo stesso tempo vengono eliminate nove categorie di soggetti protetti dall’Oqtf, tra cui i malati che devono ricevere cure mediche e soggetti arrivati in Francia a un’età inferiore ai 13 anni.
Antirazzismo e antipopulismo
Quando il sette luglio è stato annunciato l’esito del secondo turno delle elezioni e la vittoria del Nfp i francesi sono scesi per strada in segno di festa. In piazza della Repubblica a Parigi hanno alzato un cartello con scritto “La Francia è tessuto di migrazioni”. La stessa metafora tessile è scritta nell’estate del 2020 sui manifesti di chi è andato nella medesima piazza per protestare contro la violenza razziale delle forze dell’ordine. Il fatto che sia stato usato lo stesso slogan indica il ruolo centrale che il tema ha assunto durante le ultime elezioni francesi.
Il programma che unisce le diverse costellazioni politiche che compongono il Nfp, tra i vari punti, parla dell’immigrazione. In linea con lo spirito di rottura dalle politiche macroniane promette l’abrogazione della legge del 26 gennaio, scritta da Darmanin. E si spinge più in là proponendo delle riforme avanguardistiche nell’attuale scenario europeo: la creazione di un’agenzia per il salvataggio dei migranti in mare e in terra in un’ottica europea, la revisione del patto europeo sull’asilo e l’immigrazione per un’accoglienza degna, la garanzia dello ius soli integrale, cioè incondizionato, per chiunque nasca in Francia, e di un permesso di lavoro ai richiedenti asilo.
La frammentaria composizione del fronte della sinistra francese è un elemento di forza ma anche d’incertezza. Dopo aver superato la sfida della composizione di un nuovo governo rimane il compito di attuare gli impegni programmatici presi. Se Nfp non rispetterà il suo programma il pericolo di una vittoria dell’estrema destra in Francia non è scongiurato, ma solo rimandato.
Immagine di copertina: Jean-Luc Melenchon, foto di Pierre-Selim via Flickr. Licenza CC BY-SA 2.0