Mentre si chiudeva il 45° vertice dei G7, a più di tre anni di distanza dall’inizio delle stagnanti trattative con Bruxelles per stabilire il futuro del Regno Unito nell’era post Brexit, il governo Britannico sembrava essere orientato verso una linea più dura sulla tematica del movimento libero di cittadini provenienti dai paesi dell’Unione Europea.
In seguito ai recenti cambiamenti governativi tra le fila dei Conservatori britannici, non solo Boris Johnson ha preso il posto della dimissionaria Theresa May, ma anche l’ex Segretario di Stato degli Affari Interni del Regno Unito Sajid Javid, ha passato il testimone a Priti Patel lo scorso 24 luglio 2019.
Alla luce di questo, pare che il governo d’oltre Manica stia insistendo particolarmente, seguendo il trend della narrativa politica internazionale, sul controllo dell’immigrazione. In particolar modo di quella europea.
Stando a quanto deciso sotto la legislazione della May, anche in caso di ‘no-deal’ verrebbe garantito un periodo di transizione che permetterebbe ai cittadini europei di eseguire le pratiche per il ‘Settlement Status’, ovvero la documentazione che garantirebbe a coloro i quali hanno vissuto per un periodo pari o superiore ai cinque anni nel Regno Unito, di rimanere all’interno del Paese anche dopo il ritiro del Regno Unito dall’Unione Europea. In altre parole, tale periodo di transizione servirebbe a garantire la messa in regola dei documenti degli stessi. Tale presa di posizione, era stata favorita anche dal precedente Segretario degli Affari Interni, Sajid Javid.
Lo scorso novembre 2018, infatti, l’ex Ministro aveva caldeggiato un atteggiamento “pratico” da adottarsi rispetto al controllo della migrazione Europea, poiché sarebbe risultato difficoltoso distinguere coloro i quali erano già presenti all’interno del Regno Unito prima del 29 marzo (precedente data di ufficializzazione della Brexit), dai cittadini Europei che sarebbero arrivati dopo tale data.
Tuttavia, alcune fonti del Parlamento Inglese sembrerebbero aver comunicato all’Independent e al Telegraph che il piano del neo Ministro Patel sarebbe quello di imporre un ‘tough border’ (ovvero un ‘confine duro’) a tutti i cittadini europei a partire dal 31 ottobre. Come ciò possa avvenire sembra ad ogni modo ben poco chiaro.
Questo pare gettare un’ombra preoccupante sui precedenti accordi negoziati con l’UE, i quali garantiscono ad oggi il mantenimento di pieni diritti per cittadini europei residenti nel Regno Unito, fino almeno al gennaio del 2021. Per inciso, appare poco chiaro il destino di coloro che hanno già applicato, fatto domanda od ottenuto addirittura esito positivo circa la propria procedura per il conseguimento del ‘Settlement Status’.
Sicuramente Priti Patel non è nuova a dichiarazioni e prese di posizione provocatorie e considerate ambigue da esponenti del governo Britannico. A tal proposito, in passato è stata fortemente criticata per le sue dichiarazioni riguardanti un incoraggiamento di misure restrittive di natura economica e commerciale da adottarsi nei confronti della Repubblica d’Irlanda per assicurare un miglior accordo sulla Brexit ed evitare il cosiddétto ‘back stop’; oppure per la sua attività di lobbysta in favore dell’industria del tabacco e dell’alcol. Ricordiamo inoltre come nel novembre del 2017 rassegnò le dimissioni dalla Segreteria di Stato Britannico per lo Sviluppo Internazionale in seguito al rivelamento di incontri segreti e non autorizzati avvenuti tra la stessa ed esponenti politici Israeliani, tra cui Benjamin Netanyahu.
Ad ogni modo, pare che nessun chiaro piano di controllo circa i movimenti migratori post-Brexit sia stato ancora varato. In tal senso, l’incertezza a cui siamo stati sottoposti durante gli ultimi tre anni di negoziati, pare continuare imperterrita.
Sebbene in precedenza Theresa May abbia spesso fatto riferimento al metodo ‘a punti’ della concessione del visto previsto dalla legge Australiana, alcune fonti recenti evocano presunti report governativi secondo i quali una commissione di esponenti del Ministero degli Interni Britannico sia stata inviata a Singapore per apprendere come incrementare la tecnologia ai confini Inglesi. Il fine della visita sarebbe stato quello di monitorare più precisamente l’identità dei cittadini Europei che intendano entrare nel Regno Unito dopo la Brexit. Ciò che risulta ancora poco chiaro è come e su quali criteri tale monitoraggio possa avvenire.
La posizione attuale del governo, qualora un accordo venisse trovato, è di incoraggiare tutti i cittadini europei residenti nel Regno Unito a fare domanda per ricevere il permesso di rimanere all’interno del Paese dopo il 30 giugno 2021. Dal 1° gennaio 2021 i cittadini provenienti da paesi europei avrebbero dunque bisogno di un visto lavorativo.
Nel caso in cui, invece, un accordo non venisse raggiunto, il così detto ‘Settlement Status’ si renderebbe necessario già prima del dicembre 2020.
Stando agli ultimi sviluppi, tuttavia, nonostante gli sforzi di Boris Johnson di chiudere le Camere per poter discutere un migliore accordo con l’EU, il Parlamento Inglese (compreso un sensibile numero di ‘ribelli’ tra i ranghi dei Tories che ha messo la posizione di Johson in minoranza) ha ufficializzato l’emissione della legge ‘anti no-deal’. Ovvero, la legge che impedirebbe all’attuale governo Conservatore di uscire dall’Unione Europea senza un accordo. Una curiosità riguarderebbe il celebre speaker della Casa dei Comuni Inglese, John Bercow, il quale pare abbia deciso di rassegnare le proprie dimissioni dopo il 31 di ottobre. Stando a quanto riportato anche dal ‘Fatto Quotidiano’, lo speaker (seppur di stampo conservatore) avrebbe reputato il gesto di ‘Bo Jo’ di chiudere temporaneamente le Camere del Parlamento Britannico come un’azione “distruttiva”.
Tuttavia, tra le varie altre perplessità espresse da componenti dell’Unione Europea e come anche scoperto da una recente inchiesta condotta dalla ONG Inglese ‘Migrant Voice’, il risultato della domanda di residenza non comporterebbe la consegna di alcun documento fisico. In altre parole, qualora la domanda venisse accettata, il governo Britannico non prevede il rilascio di alcun foglio né carta che possano provare la buona riuscita di tale procedimento burocratico. Inoltre, nessun chiarimento è stato offerto dal Ministero dell’Interno circa il trattamento dei dati sensibili dei cittadini europei che sarebbero obbligati, dunque, ad inoltrare la propria domanda di residenza nel Paese.
Secondo un report rilasciato dal Ministero dell’Interno a luglio 2019 relativo alle applicazioni per il ‘Settlement Status’, le maggiori nazionalità ad aver fatto domanda per rimanere nel Regno Unito sono i cittadini rumeni (37.742), seguiti da quelli italiani (28.575) e polacchi (28.214). Stando ai dati pubblicati, vi sarebbero inoltre circa 11.583 cittadini francesi e 10.825 tedeschi.
Un altro dato interessante riguarda il numero di migranti europei che hanno deciso comunque di raggiungere la Gran Bretagna. Nel periodo tra i risultati del referendum nel 2016 ad oggi, i numeri sembrano essere scesi da 284.000 a 202.000. Al contempo, il numero di cittadini europei che hanno deciso di abbandonare il Regno Unito è aumentato da circa 95.000 (dell’anno precedente al referendum), a una stima di 145.000, adesso.
Ad ogni modo, in assenza di chiari piani da parte del governo Britannico per garantire il controllo sull’accesso al Paese dei cittadini europei, su cui forte piglio ha avuto la campagna a favore della Brexit, il metodo più sicuro e raccomandato per garantire la permanenza a coloro i quali risiedono nel Regno Unito, rimane ancora il ‘Settlement Status’. Riportiamo di seguito alcuni consigli per fare domanda in modo rapido tramite l’applicazione per smart-phones.
Nonostante sia stata rilasciata una app per smart-phone, solo quelli con sistema Android e che dispongano della funzione Near-Field Communication (NFC) per leggere il chip del proprio passaporto possono operare in questo modo. Una volta che si possa disporre del supporto previsto, è consigliabile recarsi presso un’area ben illuminata (anche della propria casa), poiché verrà richiesta una foto con autoscatto del proprio viso. Tale foto sarà utilizzata nel documento di rilascio. Verrà richiesto di scattare una foto della prima pagina del proprio passaporto e di attivare la funzione NFC. Una volta fatto ciò, sarà necessario poggiare il telefono sulla copertina rigida del passaporto, in modo tale che il chip possa essere letto. Sarà, inoltre, necessario eseguire una scansione del proprio viso, seguendo le istruzioni dell’app. A questo punto, bisognerà scattarsi una fotografia con auto-scatto per inoltrare la domanda digitale per il ‘Settlement Status’.
Successivamente l’applicazione stessa indicherà tramite un link come confermare la propria identità fornita e confermare sul sito del governo Inglese l’inoltro della domanda di permanenza nel paese britannico.
È bene diffidare di ogni invito da parte di terzi di procedere ad inoltrare la domanda per conto loro. Si ricorda, inoltre, che nessuna agenzia terza è stata istituita dal governo Britannico per inoltrare le domande di ‘Settlement Status’. Sono stati riportati casi di truffa in cui ai cittadini sono state richieste anche più di £1000 per l’inoltro della documentazione.
Immagine di copertina:Three Howes Rigg Bus Shelter. Foto di Mick Garratt/Geograph project via Wiki Commons (CC BY-SA 2.0)