“Benvenuti nella capitale dell’Europa, benvenuti in Belgio, in questo Paese che si dice di diritto e non rispetta i diritti umani delle persone che da mesi dormono per strada”. A parlare da un palco improvvisato è Henriette Essami-Khaullot, 34 anni, arrivata qui dalla Repubblica del Congo e da 9 anni senza documenti. Alle sue spalle, la chiesa Santa Croce di Flagey, in una delle piazze più conosciute di Bruxelles. Davanti a lei, circa 80 tende. Ci dormiranno alcuni richiedenti asilo, approdati qui perché non sanno dove altro andare, decisi a non muoversi fino a che non saranno trovate delle soluzioni per toglierli dalla strada. “Cos’è che non è stato ancora detto o tentato? Lettere, occupazioni, marce, e ogni volta il nulla. La sola cosa che posso dire ora è che se noi viviamo qui, se moriamo qui, se lavoriamo qui, allora noi occupiamo qui”, dice con voce ferma.
“Abbiamo un governo che lascia che le cose vadano come non dovrebbero andare: le persone non possono dormire per strada”, grida da quello stesso palco Jean-Pascal Labille, segretario generale della mutualité socialiste, Solidaris. “E la segretaria di Stato dice che, nonostante le decisioni della giustizia, la sua politica non cambierà? Ѐ inaccettabile, è una faglia nella democrazia: non siamo più in uno Stato di diritto. E quando non si è più in uno Stato diritto, è l’arbitrarietà”, sottolinea. “Oggi per strada ci sono meno di 2.500 persone e in Belgio ci sono circa 600 Comuni, significa distribuire 3 o 4 persone per Comune. E non ci sarebbero posti?”. Intanto, mentre le persone si alternano al microfono per denunciare la cosiddetta crisi dell’accoglienza, ai bordi della strada è in corso la trattativa tra una delegazione di volontari in rappresentanza dei richiedenti asilo e il Comune di Ixelles – uno dei 19 che compongono la Regione di Bruxelles Capitale – guidato dai Verdi di Ecolo. Verso le 22, il compromesso: le tende potranno rimanere tutto il weekend – è venerdì sera – e nel frattempo amministrazione e volontari cercheranno di trovare un edificio vuoto dove trasferire tutte le persone accampate. E così sarà. Come riportato dalla rete Stop à la crise de l’accueil, già nella notte tra il sabato e la domenica i richiedenti asilo hanno ottenuto una soluzione temporanea in due alberghi che sono stati aperti per ospitarli fino a quando il loro caso sarà preso in carico da Fedasil. “Gli 80 richiedenti asilo del campo di Flagey ottengono un posto di accoglienza temporanea in una rete regionale, fino a quando avranno un posto presso Fedasil. È un vero sollievo per loro. Tuttavia, il governo federale continua a farsi beffe della legge, senza assumersi alcuna responsabilità, né in questa soluzione, né in modo strutturale”, scrive sui social la rete di gruppi di volontariato e sostegno, Réseau Ades.
La crisi dell’accoglienza
Il Belgio vive da due anni la cosiddetta “crisi di accoglienza”. Tradotto in termini di realtà, significa che migliaia di persone richiedenti asilo sono per strada, in tende lungo le strade, nei giardini o in edifici occupati, assistite da una fitta rete di volontariato. Questo perché il sistema federale di accoglienza, Fedasil, al quale si accede dopo aver presentato domanda di asilo, non ha i posti-letto necessari. “Tutto è iniziato dopo un periodo caratterizzato da un costante aumento delle richieste di asilo. Poi s’è aggiunto il Covid, che ha avuto un impatto enorme perché non è stato possibile organizzare tutti i colloqui, il centro di registrazione è stato chiuso per un po’ e la capacità della rete di accoglienza è diminuita”, spiega Thomas Willekens, della Ong Vluchtelingenwerk Vlaanderen (Lavoro per i rifugiati Fiandre). “Il tempo medio di elaborazione delle domande è aumentato, così come è cresciuto il numero di persone entrate nel sistema. Il risultato è stato che i posti non erano sufficienti a coprire le necessità. Questa carenza avrebbe potuto essere risolta se il governo avesse adottato misure fin dall’inizio. Ma così non è stato e questo ha causato un effetto-valanga”, sottolinea Willekens.
In questa valanga, a prevalere è il concetto della priorità, e cioè che i posti disponibili vengono assegnati a quanti sono considerati “più vulnerabili”: famiglie con bambini, donne sole e minori non accompagnati. Gli altri restano fuori: “Ai richiedenti protezione internazionale adulti di sesso maschile e single viene sistematicamente negato l’accesso alla rete di accoglienza e devono registrarsi in una lista di attesa”, spiega il rapporto del 2022 Aida (Asylum information database) di Vluchtelingenwerk Vlaanderen sul Belgio. Ma non tutti gli uomini soli hanno lo stesso destino, dal momento che “viene data priorità agli uomini che, con l’aiuto di un avvocato, hanno denunciato davanti al tribunale la violazione del loro diritto all’accoglienza”. In questi due anni, infatti, moltissimi richiedenti si sono rivolti alla giustizia e ad oggi si contano più di 8 mila condanne di Fedasil a livello nazionale e oltre 1.100 misure provvisorie contro lo Stato belga disposte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Eppure, nessuna sentenza è stata rispettata dallo Stato belga e “anche dopo aver ricevuto un provvedimento positivo del tribunale, i richiedenti devono attendere diversi mesi prima di ricevere un invito ad accedere alla rete di accoglienza”, sottolinea il report. “Ora come ora ci vorrebbe la bacchetta magica per porre rimedio alla situazione, una cosa politicamente difficile se si hanno un governo con 7 partiti e le attuali differenze tra Fiandre e Vallonia”, sottolinea Willekens.
Sebbene abbia una popolazione e una estensione paragonabili a quelle della Lombardia, il Belgio è uno Stato federale che vive quotidianamente la separazione interna tra nord fiammingo (Fiandre), dove prevale l’estrema destra della Nuova alleanza fiamminga (Nva) e del Vlaams Belang, e sud francofono (Vallonia) dove primeggia il Partito del lavoro. Monarchia costituzionale federale dove il Re è il capo di Stato e il primo ministro è il capo di governo in un sistema multipartitico, i poteri decisionali in Belgio non sono centralizzati, ma ripartiti tra 3 livelli di governo: il governo federale, 3 comunità linguistiche (fiamminga, francese e germanofona) e 3 regioni (Fiandre, Bruxelles-Capitale e Vallonia). Dal punto di vista giuridico, tutti sono uguali, ma hanno poteri e responsabilità in diversi settori. In un contesto di separazione come questo, dove lo stesso sistema scolastico ha percorsi distinti, è piuttosto comprensibile quanto sia difficile raggiungere a livello federale una sintesi che possa produrre un esecutivo. Ad esempio, l’attuale primo ministro, il liberale fiammingo Alexander De Croo, succeduto alla sua collega francofona, Sophie Wilmes, è in carica dal primo ottobre 2020 e guida una coalizione di governo ribattezzata “Vivaldi”, in omaggio a “Le quattro stagioni” del compositore veneziano, che riunisce sette partiti appartenenti a 4 famiglie politiche: si tratta dei due partiti liberali, dei due socialisti e dei due verdi del Paese (rispettivamente uno di Fiandre e uno di Vallonia), e i Cristiano-Democratici fiamminghi dalle cui fila proviene la segretaria all’Asilo, de Moor. All’opposizione siedono principalmente il Ptb, il partito del lavoro, forte in Vallonia e unica forza politica del Paese a operare in un’ottica unionista, e i due partiti nazionalisti fiamminghi di destra e di estrema destra, rispettivamente la Nuova Alleanza Fiamminga (Nva) e il Vlaams Belgan, che primeggiano nelle Fiandre e spingono per una ferrea protezione delle frontiere esterne, rigorose politiche in materia d’asilo, il rafforzamento dei criteri di concessione della nazionalità e il referendum sul Patto su migrazione e asilo su cui sta lavorando l’Ue. Questo è il Paese che si avvicina alle elezioni politiche del prossimo anno, che si terranno il 9 giugno insieme alle europee, dove il tema migratorio sarà uno dei più cavalcati, soprattutto se la crisi dell’accoglienza continuerà e se il Patto Ue, su cui il governo punta tutto, dovesse saltare.
Per ora, mentre nei palazzi Ue di Bruxelles si discute di “via europea alla risoluzione di un problema europeo”, nelle strade della stessa città la crisi dell’accoglienza non accenna a diminuire. Anzi, nell’ultimo mese la valanga di cui parla Willekens ha acquisito ancora più livelli di accelerazione. Il primo, lo scorso 29 agosto, quando la segretaria di Stato per l’Asilo e la Migrazione, Nicole de Moor, ufficializza l’esistente. “Fedasil nel prossimo futuro non accetterà più gli uomini single nella rete di accoglienza”, annuncia su Twitter. Il secondo, il 13 settembre, quando il Consiglio di Stato sospende l’esecuzione della decisione di de Moor. “In questa fase del procedimento, il Consiglio di Stato ritiene che questa decisione non rispetti il diritto all’accoglienza conferito a tutti i richiedenti asilo dalla legge del 12 gennaio 2007”, si legge nei documenti. Il terzo è la risposta della segretaria che rivendica la scelta e annuncia che la sua politica non cambierà: “Questo stop (del Consiglio di Stato, ndr) non ha l’effetto di far diminuire improvvisamente l’afflusso né di permettere a Fedasil di avere improvvisamente migliaia di posti in più. Continuerò quindi la politica di non accogliere temporaneamente uomini soli, per evitare che presto non ci sia più spazio per le famiglie con bambini”.
Quello che ne esce è uno scontro istituzionale che da un lato produce il campo di tende a Flagey e in tanti altri punti della città, ma dall’altro fa emergere con chiarezza come la questione migratoria sia un termometro della salute della democrazia e dello Stato di diritto in Belgio. “Una cosa è assolutamente certa: lo Stato di diritto richiede che l’esecutivo rispetti sempre le decisioni giudiziarie. In uno Stato costituzionale, l’esercizio del potere governativo è inquadrato da norme giuridiche. Le norme procedurali impediscono l’arbitrarietà e garantiscono la certezza del diritto”, scrive in una lettera pubblica un gruppo di professori di diritto ed esperti costituzionali. “Quando insegniamo il principio dello Stato di diritto ai nostri studenti, cosa possiamo dire loro? Che il Belgio non rispetta i requisiti fondamentali dello Stato di diritto dall’ottobre 2021, perché il governo ignora le numerose sentenze dei tribunali che lo obbligano a rispettare la legge? Che si possa cedere il passo alle esigenze di un preteso ‘stato di emergenza’ che non è stato ulteriormente chiarito o delimitato? (…) Ci rifiutiamo di farlo. Chiediamo al governo di rispettare la legge e le decisioni dei tribunali e di porre fine al palese disprezzo per uno dei principi più importanti dell’organizzazione del nostro Stato”, concludono.
Per ora, però, la richiesta sembra cadere nel vuoto, con la segretaria che ha sottolineato di godere della piena fiducia del primo ministro De Croo e del suo governo. Mentre per molti il terzo inverno in strada è sempre più vicino.