Gabriele Eminente, direttore di Msf Italia, dopo una settimana di incontri al Viminale sta rispondendo da ore alle domande sul perché la sua organizzazione, Medici senza frontiere, non ha voluto sottoscrivere la bozza finale di “codice di condotta”per le Ong che effettuano soccorsi in mare. Nonostante sia stato per un’ora sotto la canicola per un collegamento televisivo, non perde un colpo, e sul quadro d’insieme ha le idee chiare. Intanto, dopo quelli di Msf ma anche di Jugend Rettet e Sea Watch, un altro no al codice di condotta è arrivato martedì anche da Sos Meditérranée, inizialmente incline a firmare, che all’incontro al Viminale di lunedì 31 luglio non era presente e ora dice che non sono state prese in considerazione le sue tre proposte di emendamento ad altrettanti punti del codice – sull’idoneità dei pescherecci al salvataggio, sul divieto di trasferire i salvati da un’imbarcazione a un’altra (come Msf e altri, Sos Meditérranée sostiene che questo rallenta di molto le operazioni), e sulla polizia armata a bordo. Msf ha spiegato la sua posizione in una lettera aperta al Ministro dell’Interno Minniti, ma quello che ancora non si sa è che situazione si prefigura adesso in mare per le Ong “disobbedienti” (l’Associazione studi giuridici per l’immigrazione nota come il “codice” non ha alcun valore legale e sarebbe quindi illegittima qualsiasi conseguenza per le Ong che non hanno firmato).
Cosa succederà adesso in mare? Il governo italiano lo ha spiegato? Cosa succede se, come minacciato dal Viminale, a chi non ha firmato il codice di condotta non dovessero lasciar usare i porti italiani?
Diciamo che quella condizione relativa alla chiusura dei porti era nella vecchia versione della discussione con il Ministero, poi non mi è più capitato di sentirla ed è bene così, perché non era molto dignitosa e non so che basi legali potrebbe avere. Ma credo davvero sia decaduta. Non so esattamente cosa succederà sul campo. Noi continueremo a rispettare le regole che abbiamo sempre rispettato, e una delle cose importanti è proprio questa: questa proposta di codice da parte del Ministero andava ad aggiungersi a un sistema di regole riconosciute che già rispettavamo tutti, non c’era nessuna anarchia, e noi alla fine abbiamo ritenuto che quel livello normativo in base al quale già agivamo fosse di una gerarchia superiore al codice che veniva proposto. Quindi se continuiamo a rispettare le regole, non vedo cosa potrebbe cambiare.
Devi tenere conto anche di un altro aspetto che conterà: la questione dei soccorsi in mare incrocia aree amministrative diverse. Per esempio, anche se il codice era un’iniziativa del Ministero dell’Interno, in realtà una componente importante come la Guardia Costiera fa capo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, e mi riesce difficile pensare che adesso la Guardia Costiera smetterà di fare quello che sta facendo egregiamente da anni, e cioè coordinarci tutti nei soccorsi. Bisogna capire quali sono i limiti di influenza del Ministero. Io non credo che se noi siamo l’imbarcazione di soccorso più vicina, la Guardia Costiera non ci chiamerà più, ecco, non riesco a immaginarlo. Quindi per noi, a meno di non voler prevedere ricadute velenose, ma non credo, non cambia nulla.
Non siete gli unici ad aver rifiutato di firmare, con voi ci sono Jugend Rettet e Sea Watch, ma anche, a sorpresa, SOS Méditerranée, mentre Save the Children e Moas hanno deciso di sottoscrivere il codice di condotta, insieme, inaspettatamente, a ProActiva Open Arms, che all’inizio aveva una posizione più dura. In realtà sui punti critici del codice siete tutti abbastanza d’accordo, a prescindere dalla posizione finale. Cambia qualcosa se siete un fronte compatto o meno?
Secondo me non cambia moltissimo, semmai quando a non firmare sono anche altri, questo ci rassicura sul fatto che le analisi sono molto allineate. Ci sono state anche altre sorprese, per esempio Save the Children non era distante dalle nostre stesse posizioni eppure ha deciso di firmare, ed è una decisione rispettabilissima. Se non ho capito male anche loro hanno mantenuto una riserva sulla questione delle armi a bordo.
Voi avete spiegato che non sono stati solo i punti del codice a non convincervi, ma che firmare il codice in qualche modo vi avrebbe inserito in un contesto, quello del nuovo piano militare con le navi italiane in acque libiche e la collaborazione col governo libico riconosciuto, che non potete accettare. Cosa significa questo?
Anche questo non è un punto facile da spiegare, può sembrare specioso, ma non lo è. Noi già l’anno scorso avevamo collaborato con la Guardia Costiera a un memorandum di intesa, che si concentrava prevalentemente su ricerca e soccorso, e uno dei punti deboli è sempre questo, il fatto che poi alcune clausole finiscono per associarti all’operazione Triton, facendoti diventare in qualche modo uno strumento di indagine e magari, un domani, anche uno strumento in una operazione militare, e noi questo non possiamo consentirlo. Abbiamo pensato che fosse importante ribadire questo punto alla luce della discussione che avverrà adesso sull’operazione nel Parlamento italiano, e vediamo cosa succederà.
In parte, questo, l’essere coinvolti in operazioni militari, ci porta proprio a uno dei punti del codice di condotta che voi avete considerato dirimenti, quello delle armi a bordo, in particolare quelle della polizia giudiziaria. Perché nei vostri centri di cura in giro per il mondo non si possono portare armi, e quindi nemmeno a bordo della vostra nave di soccorso?
Sì, da noi, ad Haiti come in Iraq, nei nostri ospedali che spesso sono in zone di conflitto o di tensione, capitano anche persone che portano armi, e noi chiediamo sempre di lasciarle fuori dall’ospedale. Questo per un insieme di motivi, prima di tutto per una questione di sicurezza che è abbastanza facile capire; e poi per una questione molto importante di percezione: se su una delle nostre navi sale una persona armata, mettiamo anche un ufficiale della polizia giudiziaria, una persona che si trova lì perché è appena stata soccorsa fatica a capire che quella persona non c’entra con Msf, e può farsi l’idea che Msf si trovi in qualche modo all’interno di un contesto militare, cosa che non è. Poi magari lo scrive a casa, su Facebook, spargendo la percezione che noi si abbia questo tipo di collegamento, e questo non va bene, perché noi siamo indipendenti e neutrali.
Devo chiedertelo, per voi che ogni giorno siete impegnati in mare: cosa pensi del lancio della nave dei cosiddetti “identitari”, che dice di volersi opporre ai salvataggi in mare?
Non ce ne occupiamo molto, però sì, siamo preoccupati, più che da loro in particolare, da tutto questo clima sui migranti e sulle operazioni di soccorso che si percepisce adesso, e che si inserisce in un clima da campagna elettorale che non riguarda solo l’Italia, ma anche altri paesi europei. Su questa questione si gioca molto, e quindi sì, ci preoccupa. Però stiamo osservando un po’ la situazione e per esempio mi ha colpito che il sindaco Enzo Bianco abbia vietato alla nave Defend Europe di attraccare nel porto di Catania; non conosco bene quali siano le motivazioni legali, ma forse Bianco ha ritenuto che la loro presenza fosse in qualche modo pericolosa, e questo secondo me è interessante.
Foto di copertina: Effetti personali di un migrante annegato nel Mediterraneo portati alla Triennale di Milano dal Comitato 3 ottobre (di Marina Petrillo).