Per Bartolo, medico a Lampedusa per trent’anni e membro del Parlamento Europeo dal 2019, nel Gruppo dell’Alleanza progressista di socialisti e democratici, non si tratta della prima missione di questo tipo. Nel febbraio scorso infatti era stato nei Balcani, riscontrando una serie di violazioni dei diritti umani e di difficoltà di accesso, in particolare in Croazia.
Dott. Bartolo, qual è la situazione che ha avuto modo di osservare in Polonia, a pochi chilometri dal confine con la Bielorussia?
Purtroppo abbiamo trovato un clima di terrore e intimidazione che è veramente incredibile. Siamo arrivati a Varsavia e da lì siamo partiti per Michałowo, dove abbiamo incontrato il vicesindaco, un medico e anche organizzazioni e cittadini del posto che stanno cercando di aiutare le persone che attraversano il confine: sono tutti terrorizzati, ci hanno detto che solo dando una bottiglietta d’acqua rischiano una multa, e poi via via sanzioni più gravi fino a cinque anni di carcere. Tutti hanno paura di parlare, non solo per le possibili ripercussioni personali, ma perché essere “scoperti” significa non poter più aiutare nessuno. Noi eravamo seguiti da un videomaker, da fotografi, ma ci hanno pregato di non essere ripresi.
Siamo stati anche in ospedale, a Hajnówka, dove una dottoressa che seguiva questi pazienti ci ha fatto parlare quasi di nascosto con una ragazza ricoverata perché era stata picchiata dai soldati, ed era stata portata via in spalla da alcune persone che l’hanno trovata e salvata. Lei non era preoccupata per sé e per tutto quello che aveva subito, ma perché non sapeva che fine avessero fatto i suoi due bambini, dei quali non aveva più avuto notizie.
La dottoressa ci ha anche raccontato che la presenza di queste persone in ospedale, al momento del ricovero, deve essere dichiarata alla polizia, che può prelevarle e riportarle al confine appena stanno meglio. In pratica non hanno scampo per uscire da questa trappola disumana. Quello che ci hanno fatto vedere in televisione è niente rispetto a ciò che ci hanno raccontato e che succede qui.
C’è una storia che le è rimasta particolarmente impressa?
Una ragazza mi ha raccontato di una famiglia che aveva appena attraversato il confine polacco: c’erano il papà, la mamma e due bambine, di cui una senza scarpe. Sono arrivati all’ingresso del centro abitato e sono stati fermati da una camionetta con 18 poliziotti che li hanno caricati a bordo per riportarli dall’altra parte. Loro hanno chiesto invano di poter fare domanda di asilo, e poi hanno solo pregato di potersi fermare a comprare almeno le scarpe alla figlia, prima di essere rimandati nella foresta, ma anche questo gli è stato negato. Li hanno riportati nel bosco e ributtati dall’altra parte. Questa non è più una questione di protezione dei confini ma di crudeltà pura: quale problema può creare una famigliola con bambini che ti chiede di poter prendere delle scarpe, consapevole che sarà rispedita nei boschi, con le temperature sotto lo zero e la figlia scalza? Questo è il naufragio dell’umanità, dell’Europa, di tutto.
Come sta reagendo l’Europa, rispetto alla gestione di questa crisi umanitaria da parte della Polonia?
Premetto che si tratta di un atteggiamento vergognoso da parte del governo polacco, non della Polonia, perché ho visto gli abitanti delle zone di confine rammaricarsi di non poter fare di più, e rischiare il carcere per fare tutto il possibile. Questo governo sta facendo disonore all’Europa, che si basa su principi di rispetto dei diritti umani. Purtroppo devo dire che continuano ad agire andando contro gli accordi internazionali, la Convenzione di Ginevra, la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, senza che la Commissione muova un dito. Anzi, propone che la Polonia possa andare in deroga all’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, per rimpatriare in maniera sommaria.
Di cosa ha paura l’Ue quando si parla di confini e di immigrazione?
È ovvio che il problema non sono e non possono essere due, tremila persone da ricollocare. Quello che è in atto è un gioco geopolitico, nel quale la Polonia si presenta come difensore dei confini non solo statali ma europei. Ma invocare il principio della difesa in casi come questo mi sembra assurdo. Semmai i confini vanno controllati, ma questi non sono nemici, sono povere persone, famiglie con bambini.
Purtroppo però è uno schema che si ripete…
Si, è uno schema che si ripete in Croazia, in Grecia, in Spagna, un po’ dappertutto, dove questi governi invece che accogliere respingono. Quantomeno aprissero ai rifugiati, poiché è già stata ammessa una distinzione all’origine fra loro e i cosiddetti migranti economici, che è già un’assurdità. In questo momento però nemmeno le persone provenienti da paesi in guerra hanno diritto a nulla. In Croazia e in Bosnia l’80% dei migranti presenti sono afghani, eppure ci si oppone anche a loro che arrivano da un paese in guerra, così vengono picchiati, respinti con i lacrimogeni. Abbiamo perso il senso dell’Unione europea.
Secondo lei c’è una consapevolezza della situazione da parte dei cittadini comunitari che non vivono ai confini?
No, i cittadini europei sono stati plagiati da una narrazione che dipinge gli stranieri come nemici, invasori, terroristi, portatori di malattie, trafugatori di posti di lavoro. Tutto questo non è vero ma la gente li percepisce ormai come qualcosa da non accettare. Sono stati strategicamente male informati, per un riscontro elettorale. Perché è facile spaventare e poi parlare di difesa e di protezione. Sono temi che fanno presa, e neanche di fronte ai numeri la gente si ravvede. In Polonia i migranti bloccati al confine saranno duemila persone, altrettanto in Lettonia e in Lituania. Ci sono donne e bambini. Se gli si desse la possibilità di fare una domanda d’asilo, ci sarebbe anche l’opportunità di identificarli: con l’intelligence che abbiamo in Europa, capire chi ha diritto alla protezione dovrebbe essere un’operazione rapida. Quando mettono piede sul territorio polacco, queste persone hanno diritto almeno a presentare la domanda di asilo, e a ricevere un’assistenza minima, non si possono lasciare morire.
Ogni morto nella foresta è sulla coscienza non solo del governo polacco, ma pure del Consiglio e della Commissione Europea, che stanno ulteriormente finanziando la Polonia per difendere i nostri confini, con i droni, con milioni di euro per incrementare i controlli. E invece avremmo dovuto aprire una procedura di infrazione per mancato rispetto dei diritti umani. Magari fosse solo indifferenza, qui c’è anche l’aggravante della crudeltà. Se Lukashenko sta facendo una cosa immorale usando i migranti per fare pressione sull’Europa, da questa parte la risposta è anche peggio. L’Unione dei diritti sta tradendo i suoi principi, sta dimostrando che quel tipo di politica ricattatoria funziona, quando invece avremmo potuto smontarla accogliendo e ricollocando.
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