Per giorni tre navi di organizzazioni umanitarie sono rimaste in stallo davanti alla costa della Sicilia orientale in attesa di un porto sicuro per le quasi mille persone a bordo – tra cui anche molti minori – soccorse nel Mediterraneo. A bloccare le imbarcazioni Ocean Viking di Sos Méditerranée, Geo Barents di Medici senza frontiere (Msf) e Humanity 1 di Sos Humanity, vecchi e nuovi adagi della guerra ai soccorsi in mare: la politica dei “porti chiusi” e l’imposizione di “sbarchi selettivi”.
Venerdì 4 novembre il neo ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato di aver firmato insieme al ministro della difesa Guido Crosetto e quello delle infrastrutture Matteo Salvini un decreto interministeriale che vietava alla Humanity 1 di far sbarcare in Italia le 179 persone presenti sull’imbarcazione. Il provvedimento imponeva alla nave di fermarsi a pochi chilometri dalla costa italiana solo per il tempo necessario per garantire operazioni “di soccorso e assistenza a persone in condizioni di emergenza e in condizioni di salute precarie”, proponendo nei fatti una selezione tra i naufraghi.
Un decreto che l’equipaggio della Humanity 1 ha subito definito “illegale”: “Tutti i 179 sopravvissuti a bordo sono persone salvate da un’emergenza in mare che, secondo il diritto internazionale, deve essere portato a terra in un luogo sicuro senza indugio”, ha detto Mirka Schäfer, advocacy officer della Ong. “Devono essere fatti sbarcare subito, così da ricevere cure mediche e psicologiche e poter esercitare il loro diritto di fare richiesta di protezione internazionale”.
Anche secondo l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), “risulta arbitraria quanto approssimativa la distinzione all’interno dei gruppi dei naufraghi che il Governo italiano sta proponendo, come risulta impossibile escludere la situazione emergenziale delle decine se non centinaia di persone a bordo la cui condizione va valutata singolarmente”. Lo sbarco selettivo si configura per i legali “come una forma di respingimento collettivo, vietato dall’art. 4, protocollo 4 della Cedu” e per cui l’Italia è già stata condannata in passato.
Gli sbarchi selettivi, peraltro, afferma il Consiglio Italiano per i Rifugiati, non sono in alcun modo previsti dalla normativa internazionale e nazionale “per una ragione. Non si può guardare in faccia una persona e capire chi ha diritto a essere protetto e chi no. E non ce lo dice la sua età, il suo sesso, né il suo Paese di provenienza. Alla base del diritto d’asilo vi è la valutazione individuale delle condizioni di ciascuna persona”.
“Gli organismi di competenza accerteranno chi versa in condizioni di vulnerabilità e di questi ci faremo carico”, ha detto Piantedosi in conferenza stampa, precisando che dopo questa operazione la nave dovrebbe lasciare le acque italiane con i naufraghi rimanenti, definiti “tutto il resto del carico che ne dovesse residuare”. Secondo Piantedosi, inoltre, “gli obblighi di presa in carico competono allo Stato di bandiera” delle imbarcazioni. Un assunto che però viola la convenzione di Amburgo del 1979, secondo ci gli sbarchi devono avvenire nel primo “porto sicuro” più vicino.
Quando ha ricevuto la comunicazione dal Ministero, l’equipaggio della Humanity 1 ha fatto sapere di essere in attesa di un porto da due settimane, nel corso delle quali ha fatto 21 richieste per ottenerlo. Nella serata del 4 novembre, alla nave – e alla Geo Barents di Msf, anch’essa in mare da giorni con 572 persone – era stato poi concesso l’ingresso nelle acque territoriali italiane e la possibilità di raggiungere il porto di Catania per ripararsi dal maltempo.
Nel frattempo, la Ocean Viking di Sos Méditerranée ha dichiarato di essere stata costretta a chiedere un porto di sbarco per 234 naufraghi a Grecia, Spagna e Francia, dopo numerose richieste cadute nel vuoto a Italia e Malta.
Dopo l’attracco di Humanity 1 al molo di Levante del porto di Catania, dalla nave sono state fatte scendere 144 persone: tutti i minori (molti dei quali non accompagnati) e altri naufraghi ritenuti “fragili” in seguito a una valutazione della commissione medica dell’Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera). A bordo sono rimasti 35 uomini adulti, considerati non idonei allo sbarco. “Una cosa del genere non l’avevamo mai vista prima” ha affermato la portavoce della Ong.
Nella tarda mattinata del giorno successivo, il comandante della nave, Joachim Ebeling, ha ricevuto l’ordine di lasciare il porto con i 35 a bordo. Ebeling si è rifiutato di farlo: “I naufraghi rimasti a bordo sono in uno stato depressivo e di apatia, siamo profondamente preoccupati per la loro salute mentale. È difficile riuscire a spiegargli quello che sta succedendo ed è qualcosa che io stesso non riesco a capire perché è contro le leggi”.
Poco dopo, i legali della Ong hanno annunciato la presentazione di un ricorso al Tar del Lazio contro il decreto interministeriale.
Anche la Geo Barents – arrivata in porto nel pomeriggio di domenica 6 novembre – è stata sottoposta alla stessa procedura: dalla nave sono stati fatti scendere 358 “vulnerabili”. Altri 214 sono rimasti invece a bordo.
Al porto di Catania si è radunato un presidio della Rete antirazzista catanese in solidarietà ai naufraghi. Mentre la situazione sulle navi si è fatta sempre più tesa, e le condizioni più difficili.
“Help us” gridano i naufraghi ostaggio del governo. Dalla #GeoBarents si sono tuffati in 3. 2 sono sul molo e non vogliono risalire. L’altro ha detto di essersi lanciato in acqua per aiutare uno dei suoi compagni di viaggio. Dopo averlo accompagnato in banchina è tornato a bordo pic.twitter.com/TN5UUzoU6w
— Giansandro Merli (@GiansandroMerli) November 7, 2022
Nel pomeriggio di lunedì 7 novembre, tre uomini siriani si sono tuffati dalla Geo Barents nel tentativo di raggiungere la terraferma. Soccorsi dalle autorità, si sono rifiutati di risalire a bordo e hanno dormito sul molo. Uno di loro è stato portato via in ambulanza con 39 di febbre.
Sulla Humanity 1, invece, 25 persone su 35 hanno iniziato uno sciopero della fame.
Alla fine della giornata di martedì la situazione si è sbloccata. Dopo un’altra ispezione, i medici dell’Usmaf hanno dichiarato vulnerabili tutte le persone a bordo delle due navi, che sono state fatte sbarcare al porto di Catania. Una decisione che la presidente del Consiglio Meloni ha definito “bizzarra”.
I 90 naufraghi a bordo di un’altra nave, la Rise Above di Mission Lifeline, sono stati fatti scendere a Reggio Calabria.
In assenza di risposta da parte dell’Italia, la Ocean Viking invece si è diretta in Francia, dove lo sbarco è stato autorizzato “in via eccezionale”. Una notizia accolta dall’equipaggio con “un misto di sollievo e rabbia”. “I 230 bambini, donne e uomini a bordo della Ocean Viking hanno affrontato un vero e proprio calvario e sono esausti, così come i membri del nostro equipaggio”, ha detto Alessandro Porro, presidente e soccorritore di Sos Mediterranee Italia. “Sbarcare a distanza di quasi tre settimane dalla prima operazione di soccorso, e in un porto così lontano dall’area di intervento nel Mediterraneo centrale, è il risultato di un drammatico fallimento di tutti gli Stati europei, che hanno violato senza giustificazione alcuna il diritto marittimo”.
In copertina: foto via Twitter/Angela Caponnetto