Cosa cambia con la nuova legge sul lavoro qualificato in Germania?
Dal 1 marzo 2020 è in vigore, in Germania, la Fachkräfteeinwanderungsgesetz ossia la legge che regolamenta l’ingresso e dunque la selezione di forze lavoro qualificate provenienti da paesi non EU. Dei contenuti di questa legge, degli aspetti positivi e negativi, ne abbiamo parlato con Doritt Komitowski, avvocato, responsabile della divisione “migrazione e lavoro” del Minor Projektkontor für Bildung und Forschung di Berlino, un istituto indipendente di analisi e valutazione delle politiche pubbliche relative ai temi della formazione professionale, del lavoro e della migrazione.
La Fachkräfteeinwanderungsgesetz è una legge approvata già diversi mesi fa dal Bundestag dopo una lunga gestazione. Come spiega Doritt Komitowski “da anni si discute di come affrontare la crescente carenza di specifiche figure professionali in Germania”. Questa legge – prosegue Komitowski – “ha lo scopo di liberalizzare il mercato del lavoro tedesco”. Vediamo in che modo la Germania intende farlo.
Che cosa prevede la legge?
La Fachkräfteeinwanderungsgesetz prevede, essenzialmente, la possibilità di reperire forza lavoro qualificata da paesi extra-europei. Ma che cosa si intende per “forza lavoro qualificata” secondo la legge appena entrata in vigore? All’Art. 18 comma 3 della legge è definito come “Fachkraft” chi è in possesso di una qualifica professionale straniera riconosciuta in Germania. L’aspetto radicalmente innovativo di questa legge, spiega Komitowski, è che “rispetto agli anni passati, in cui la Germania aveva regolamentato essenzialmente l’ingresso di forza lavoro altamente qualificata, quindi laureati, adesso si apre a chi, anche senza laurea, ha specifiche competenze che sono ritenute utili per il mercato del lavoro tedesco”.
La legge può essere valutata da due prospettive: una giuridica, e una politico-economica. Si tratta di una legge “che risponde a un bisogno reale di manodopera qualificata. Gli esperti ipotizzano di un fabbisogno di 260/400.000 lavoratori qualificati all’anno” e, aggiunge Komitowski “risponde alle richieste anche delle piccole come delle grandi imprese”. Secondo uno studio del Bundestag le posizioni lavorative che necessitano ad oggi di essere occupate sono 1,2 milioni.
La normativa fino ad oggi è stata abbastanza restrittiva. La Germania, da tempo, è il paese che in Europa ha accolto – quasi esclusivamente – il numero maggiore di forza lavoro altamente qualificata. Tra il 2017 e il 2018, infatti, ha rilasciato circa l’84% di tutte le Blue Cards. Con questa legge apre all’accoglimento di domande di lavoro da forze lavoro qualificate anche non in possesso di una laurea. Ciò si realizza attraverso quattro aspetti chiave, od “obiettivi”:
- Indicare in modo trasparente che cosa viene richiesto a chi è interessata/o a lavorare in Germania, mettendo le persone nella condizione “di comprendere” quanto è indicato nella legge;
- l’equiparazione dei titoli di studio con qualifiche professionali (Berufausbildung) e lauree;
- la soppressione di una clausola che di fatto poneva tedesche/i e cittadine/i EU in una sorta di priorità per l’occupazione di certe categorie professionali. Si tratta di un “labour market check” per cui prima di “aprire” anche ai cittadini non-EU, veniva “verificato” se quella data occupazione non poteva essere ottenuta da un tedesco o da un cittadino EU. Adesso, di fatto, questa “apertura” del mercato del lavoro tedesco consente anche ai cittadini non EU di concorrere in modo “trasparente” e svincolato da questa procedura di verifica, considerata anche discriminatoria, all’occupazione di certe categorie professionali, di cui, c’è da ribadire, c’è una grande domanda da parte del mercato del lavoro e una corrispettiva difficoltà nel coprire queste posizioni;
- infine, la soppressione della “Positiveliste”, con cui l’agenzia federale (Bundesagentur) per il lavoro specificava le categorie professionali richieste, di cui c’era carenza, e conseguente apertura alla “candidatura” per qualsiasi tipologia di figura professionale, senza specifiche limitazioni.
Un altro aspetto importante della legge è che, per gli under 25, prevede la possibiltà di richiedere un visto speciale dai 6 ai 9 mesi per poter svolgere un percorso formativo ad hoc. Questo consente la formazione e successiva immissione nel mercato del lavoro della candidata o del candidato.
Ma ci sono anche aspetti controversi
Una valutazione sugli aspetti positivi e negativi è, al momento, “non realistica”, afferma Komitowski. Dopotutto la legge è entrata ufficialmente in vigore da appena una decina di giorni. Dunque, per poterne apprezzare gli effetti si dovranno attendere almeno 2 o 3 anni. Dal punto di vista politico, le critiche più aspre vengono dal partito di destra radicale AfD, che attacca il governo accusandolo di voler creare una nazione di immigrati e di aprire a una concorrenza per occupare posti di lavoro tra cittadini tedeschi e persone provenienti da paesi non EU. Se questa legge avrà creato o meno una qualche forma di flusso migratorio consistente non lo si potrà che osservare con il tempo, spiega Komitowski. Certo è che risponde a un bisogno reale nel mercato del lavoro tedesco.
Di segno opposto è la critica del partito liberal-democratico FDP, che osserva come la legge, per come è costituita, non garantirà un grande afflusso di personale qualificato dall’estero. In effetti, per potersi candidare per una qualsiasi categoria professionale è necessario avere la cosiddetta “Anerkennung”, ossia il “riconoscimento” del titolo e/o della qualifica professionale. Komitowski sottolinea che “questa procedura è altamente complessa e costosa per l’impresa, per il diretto interessato” e dunque, un accesso non è così semplice come potrebbe sembrare. Ulteriori “Voraussetzungen”, ossia requisiti richiesti sono, oltre al riconoscimento dei titoli, i seguenti:
- una conoscenza del tedesco almeno di livello B1,
- dimostrare di potersi mantenere durante il tempo di ricerca di lavoro,
- aver trovato un alloggio ed essere registrati presso una cassa mutua riconosciuta in Germania,
- il lavoro trovato dovrà, poi, garantire in modo totale la copertura delle spese per il proprio sostentamento,
- infine, il lavoro ottenuto dovrà essere di almeno 35 ore settimanali, sono quindi esclusi mini- e midi-jobs.
Nonostante le difficoltà e le esigenti richieste, le domande dall’estero, spiegano da Minor, sono già aumentate in modo sensibile. Quante di queste saranno realmente accolte e quante potranno andare a buon fine, resta un tema aperto.
In copertina: veduta di Alexanderplatz Berlino.