Allo scorso 15 maggio erano 182 (di cui 3 donne) i ragazzi stranieri presenti nelle 16 carceri minorili attualmente attive in Italia, su un totale di 385 ragazzi reclusi. Quasi la metà dei ragazzi che abitano gli Istituti Penali per Minorenni (il 47,3%) non è dunque italiana, una sovra-rappresentazione rispetto alle presenze di detenuti non italiani nelle carceri per adulti, dove gli stranieri sono circa un terzo della popolazione detenuta.
Se il sistema della giustizia penale minorile italiana è capace nel proprio complesso di residualizzare la risposta carceraria e di investire in misure di comunità alternative alla detenzione – solo il 5,8% dei 14.261 giovani attualmente in carico ai servizi della giustizia minorile si trova in carcere – ciò tuttavia vale maggiormente per i soggetti più garantiti, quelli che possono contare su reti territoriali e famigliari esterne. Basti vedere come nel 2022 i ragazzi stranieri siano stati il 22% dei ragazzi complessivamente avuti in carico dai servizi della giustizia minorile, il 38,5% dei collocamenti in comunità, il 51,4% degli ingressi in carcere: più la misura è contenitiva e più cresce insomma la loro percentuale.
Uno sguardo alle misure cautelari ci conferma quanto detto. Nello scorso anno il 48,4% degli ingressi nei Centri di Prima Accoglienza (le strutture che ospitano i minori arrestati fino all’udienza di convalida) ha riguardato ragazzi stranieri. Nelle uscite, che vedono quasi sempre l’applicazione di una misura cautelare, gli stranieri hanno rappresentato il 34,1% delle prescrizioni e il 28,2% delle permanenze in casa, mentre hanno pesato per il 44,1% sui collocamenti in comunità e addirittura per il 70% sulle custodie cautelari in carcere.
Uno sguardo al passato ci conferma la medesima situazione, che appare dunque risalente nel tempo. Cinque anni fa, nel corso del 2017, i giovani stranieri hanno costituito il 25,7% dei ragazzi in carico agli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (Ussm), il 39,6% dei collocamenti in comunità, il 47,9% degli ingressi in carcere; quindici anni fa, nel 2012, hanno costituito il 20,2% dei giovani in carico agli Ussm, il 41,9% dei collocamenti in comunità, il 51,8% degli ingressi in carcere. Dati che ci parlano di un’antica incapacità del sistema di selezionare le misure penali più rigide su basi che non siano la mancanza concreta di collocazioni alternative per i soggetti maggiormente fragili dal punto di vista sociale e relazionale.
I ragazzi stranieri sembrerebbero mantenere durante le misure non custodiali classiche un comportamento considerato più corretto rispetto ai ragazzi italiani. Quasi a testimoniare il senso di gratitudine per la fiducia ricevuta. Tra i motivi degli ingressi in carcere avvenuti nel 2022, infatti, quelli che presuppongono un comportamento ritenuto scorretto vedono le seguenti percentuali: il 25,7% degli ingressi degli stranieri è stato per aggravamento dalla comunità (sostanzialmente un periodo massimo di un mese di punizione in carcere), contro il 33% degli ingressi degli italiani; inoltre, il 4,1% degli ingressi degli stranieri è stato dovuto a revoca o sospensione di qualche opportunità alternativa alla detenzione, contro il 9% del dato analogo riguardante gli italiani.
Veniamo alla componente femminile. Nel corso dello scorso anno, le ragazze in carico agli Ussm sono state 461, ovvero il 9,7% del totale degli stranieri in carico. Il dato è più o meno in linea con quello analogo relativo alle ragazze italiane, pari al 10%. Stessa cosa può dirsi delle 34 giovani straniere collocate in comunità (il 5,3%, contro il 5,5% del dato analogo sulle ragazze italiane). Quanto invece agli Ipm ossia alle carceri vere e proprie, se le donne straniere sono state il 10,4% di tutti gli stranieri che vi hanno fatto ingresso, il dato sulle italiane è fermo al 3,9%. Una discrepanza notevole, che ci dice come lo stile di vita delle ragazze straniere, spesso rom, sia più spesso gestito attraverso il carcere.
Il 70% dei giovani stranieri entrati in Ipm nel corso del 2022 proveniva dal Nord Africa, essenzialmente Marocco (164), Tunisia (102) ed Egitto (60). Per più di un quarto erano invece ragazzi provenienti da altri paesi europei, primi tra tutti Romania (42), Bosnia (29), Albania (22), Serbia (21).
Uno sguardo ai reati che conducono i ragazzi stranieri a fare ingresso in carcere ci dice che quelli in assoluto più rappresentati sono la rapina e il furto, che da soli pesano per il 62,7% dei delitti che determinano l’ingresso in Ipm dei giovani non italiani. In generale, nei reati contro il patrimonio per i quali si è arrivati al carcere, gli stranieri pesano per il 53,4% mentre nei reati contro la persona – generalmente la categoria più grave – pesano per il 43,1%. Posto che, come si è visto, gli ingressi di ragazzi stranieri costituiscono il 51,4% degli ingressi complessivi in Ipm, ciò significa che i reati contro la persona sono sotto-rappresentati nelle comunità straniere mentre quelli contro il patrimonio sono sovra-rappresentati. Possiamo dire che i ragazzi stranieri tendono a commettere reati meno gravi rispetto ai giovani italiani.
Una considerazione a parte meritano quei ragazzi, per fortuna sufficientemente pochi da non emergere nelle statistiche, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Di recente se ne potevano incontrare in tutto 8, di cui 2 ristretti in Ipm e 6 in comunità. Parlando con loro e con gli operatori, emerge con chiarezza come si qualifichino come scafisti ragazzi che sono in realtà vittime del traffico e non autori di esso, rendendoli così doppiamente vittime. Si tratta infatti di adolescenti soli e impauriti, montati su un barcone con la speranza dei parenti di offrire loro una vita migliore e usati dai veri scafisti durante il viaggio per timonare la barca o per altre piccole incombenze di bordo.
Da segnalare infine una tendenza riscontrata di recente durante alcune visite condotte da Antigone negli Ipm, nonché emersa in segnalazioni giunte agli esperti dell’associazione: in alcuni istituti il disagio dei ragazzi, in particolare di quelli stranieri, viene gestito sempre più attraverso gli psicofarmaci. Capita che la dipendenza da sostanze venga sostituita dalla dipendenza da grandi dosi di farmaci, innescando così tra l’altro dinamiche interne violente e autolesioniste, sfociate perfino in tentativi di suicidio, dovute al bisogno di procurarseli. Talvolta questi problemi vengono trasferiti in altre carceri attraverso trasferimenti collettivi che naturalmente colpiscono in particolare i giovani stranieri, così allontananti dai contesti di riferimento.
Il secondo articolo della serie è a questo link. Mentre il terzo, sulle donne detenute, è qui.
La foto di copertina è di Associazione Antigone