Bene ha fatto Matteo Renzi a richiamare da Ventotene l’Europa tutta alla sua responsabilità collettiva di fronte alla drammatica situazione dei rifugiati e dei migranti. Gli arrivi via mare in Grecia e Italia certificati dall’Unhcr per questo scorcio di 2016 sono più di dieci (10) volte il numero di quelli di inizio 2015: erano 5.550 12 mesi fa, sono più di 62mila oggi. Non sarebbe serio né giustificato fare alcuna proiezione sul futuro, ma di certo è una cifra che impressiona se accompagnata a quella delle morti in mare (già 320 in 31 giorni).
«L’Europa è la più grande vittoria politica del XX secolo, ma la sua benzina sono gli ideali, non la miopia di chi alza muri. L’Europa rischia di crollare se diventa un insieme di egoismi». Non è la prima volta che Renzi invoca l’Ue a prendere su di sé una responsabilità ormai indifferibile. E con favore accogliamo anche come in 6 mesi la strategia sia passata dal bombardamento dei barconi dei trafficanti di uomini in Libia alla ricerca di una politica europea per governare un fenomeno epocale.
Tuttavia, la slavina del fronte degli stati che si oppongono a qualsiasi soluzione condivisa s’ingrossa sempre di più. E nel braccio di ferro in Europa, almeno sul tema immigrazione, il dorso della mano del presidente del Consiglio è pericolosamente vicino al tavolo.
L’Italia e, soprattutto, la Grecia sono le due porte della casa europea ma se tutte le stanze vengono sigillate, tutti i migranti rimarranno ammassati all’ingresso, sulla soglia, con inevitabili effetti deflagranti.
«Bisogna scegliere tra Dublino e Schengen. Entrambi gli accordi non possono tenere oggi» registrava preoccupato a inizio gennaio il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. E quel che voleva dire era chiaro: «sbrighiamoci a cambiare il regolamento per i richiedenti asilo».
Ma in poche settimane la svolta del dibattito politico europeo è stata clamorosa. Quanto tempo è passato da “dobbiamo riformare il Regolamento di Dublino” a “dobbiamo sospendere il Trattato di Schengen”? Provate a contare quante volte compare la capitale d’Irlanda nelle cronache di questi giorni. Si contano sulla punta delle dita.
Quella che è stata – a ragione – la trincea italiana, ovvero l’adozione di un asilo europeo, è scomparsa dai radar della politica e dei media. Prima lo scontro su hotspot e relocation, poi il fuoco di fila di iniziative dei singoli stati del nord e dell’est Europa, hanno spostato la discussione su Schengen, che da istituzione cardine dell’identità europea è divenuta ostacolo per le iniziative politiche anti-immigrati dei singoli stati. Nessuno tra coloro che vogliono far fuori la libera circolazione intra-europea si prende neanche più la briga di citare la paura dei terroristi come ragione per tirar su un muro tra stato e stato. Ormai viene detto con chiarezza: si deve sospendere il Trattato Schengen perché non vogliamo più migranti e rifugiati.
In un mese, il dibattito politico europeo ha “cambiato verso”. Dagli occhi puntati verso il futuro della riforma di Dublino, si è passati alla testa girata indietro a sognare l’epoca in cui c’erano i muri a separare le frontiere d’Europa.
Twitter: @alessandrolanni