La Casa della carità, con il suo centinaio di ospiti di ogni età, nazionalità e religione, non è propriamente un luogo silenzioso. Eppure ricordo ancora la confusione che hanno portato i primi minori stranieri non accompagnati quando li abbiamo accolti nel 2011. Era inverno e, anche in seguito alle primavere arabe, un numero allora considerato eccezionale di migranti minorenni senza genitori o parenti affollava i servizi del Comune di Milano. Viste oggi, quelle cifre sembrano piccole, ma a quell’epoca ancora non si era capito a quale crescita saremmo andati incontro negli anni a venire. Sta di fatto che, già allora, giovani e giovanissimi erano costretti a dormire per strada e così, anche se la Casa della carità era stata fino a quel momento pensata per maggiorenni, abbiamo aperto le porte della nostra sede a un gruppo di ragazzi egiziani, afgani e bengalesi, lasciandoli entrare con dei bagagli minuscoli, ma con un carico enorme di straripante e travolgente energia.
Se, in vista della 103a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dedicata proprio a questo tema, devo pensare a un aspetto che mi ha colpito di questi giovani è proprio questa loro energia: la loro forza nell’affrontare e superare i traumi del viaggio, la loro ostinazione nel proseguire i loro percorsi anche quando l’Ue sembra ostacolarli in ogni modo, la determinazione con la quale bramano un lavoro per poter finalmente guadagnare e, quindi, aiutare le famiglie nel paese d’origine, cominciando nella maggior parte dei casi col ripagare il debito contratto alla partenza per l’El Dorado Europa.
Nel contesto attuale, credo che questi ragazzi e i loro progetti di vita siano la risposta migliore, più genuina ed efficace a chi, in maniera sempre più veemente e strumentale, dipinge i cittadini stranieri che arrivano nei nostri paesi come dei parassiti che cercano solo assistenza, dei furbi che son venuti in Occidente a sfruttare il nostro welfare, degli scrocconi che stanno negli alberghi a poltrire. Il meccanico Ibrahim, il barista Kairul, il magazziniere Bashar smontano questa narrazione con le loro esperienze. E ci rivelano che i minori stranieri non accompagnati hanno certamente bisogno di essere accolti e seguiti, ma soprattutto che sono persone in grado di sfruttare le loro risorse per diventare nostri concittadini a pieno titolo, dando il loro contributo alle comunità che li accolgono. Purché l’accoglienza sia di qualità e sia capace di incanalare in modo costruttivo l’energia di cui parlavo prima, che è tanta e può sprigionarsi in maniera sia positiva che negativa.
A Milano, capoluogo della quarta regione italiana per presenze dei cosiddetti Msna, si è operato e riflettuto molto su questo tema, in particolare con il progetto Emergenze sostenibili, realizzato dal Comune e da una rete di enti tra cui la stessa Casa della carità. In tre anni, sono stati accolti e accompagnati all’autonomia oltre 500 giovani tra i 16 e i 18 anni, con risultati significativi e insegnamenti utili. Il primo è che l’accoglienza diffusa funziona meglio in appartamenti con pochi ospiti, favorendo un effettivo radicamento territoriale. Il secondo è l’importanza della multidisciplinarietà delle figure professionali coinvolte nei progetti di accoglienza per supplire all’assenza dei genitori. Per quanto abbiano vissuto esperienze forti e si mostrino adulti, stiamo sempre parlando di adolescenti, con i quali è necessario anche un approccio pedagogico capace di spiegare loro, per esempio, che è fondamentale studiare l’italiano per avere delle possibilità lavorative. Infine, è cruciale il delicato passaggio alla maggiore età: troppo spesso, al compimento dei 18 anni, l’accoglienza termina bruscamente, rischiando di buttare al vento tutto ciò che è stato fatto. A danno del neomaggiorenne, innanzitutto, ma anche a discapito dell’intera collettività, che ha sostanzialmente investito dei fondi pubblici per poi ritrovarsi con una persona in più in mezzo alla strada.
Esempi positivi che mettono in pratica queste idee ne esistono tanti, in tutta l’Italia. E tanti altri enti potrebbero, fin d’ora, provare ad andare in questa direzione virtuosa. Rimane però il problema di agire localmente all’interno di un quadro giuridico nazionale adeguato e, in quest’ottica, la Giornata mondiale di domenica giunge in un momento propizio. A oltre tre anni dalla sua presentazione alla Camera, infatti, la cosiddetta legge Zampa è ferma al Senato in attesa della definitiva approvazione. La proposta legislativa in merito alle misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, non sarà perfetta, ma è sicuramente un passo avanti rispetto alla situazione attuale. Anche a fronte di arrivi in forte crescita, è urgente convertirla in legge. Farlo sarebbe un gesto di umanità, che consentirebbe di migliorare le condizioni di tanti bambini e ragazzi che hanno già sofferto abbastanza. Ma sarebbe anche un segnale politico importante: insieme al tanto atteso provvedimento sulla cittadinanza, questa legge potrebbe diventare il primo passo di un cammino di revisione di tutta la normativa sull’immigrazione che è diventato ormai irrimandabile.
Foto: Opere realizzate dai minori stranieri non accompagnati ospiti della Casa della carità durante alcuni laboratori di arte terapia