1. Il Decreto salvini non è retroattivo
Le nuove e più restrittive norme sulla protezione umanitaria introdotte dal decreto sicurezza non possono essere applicate alle domande che sono state presentate prima del 5 ottobre, data di approvazione del decreto.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione che, esaminando il ricorso di un cittadino della Guinea, la cui richiesta era stata respinta dal tribunale di Napoli, ha infatti stabilito che le istanze presentate prima del 5 ottobre 2018 devono essere esaminate con le vecchie norme allora vigenti.
Come riportato dal Fatto Quotidiano, le domande già presentate saranno quindi esaminate con la vecchia normativa sui permessi per motivi umanitari, il permesso eventualmente rilasciato recherà la dicitura (prevista dal decreto) “casi speciali” e durerà due anni alla fine dei quali opererà il nuovo regime.
A gennaio, con i nuovi criteri, il riconoscimento della protezione internazionale era crollato al minimo storico del 2 per cento, dopo la sentenza della Suprema Corte è prevedibile un forte aumento di ricorsi.
2. Sea Watch, il Viminale smentisce Salvini
I porti sono chiusi, anzi no. Matteo Salvini non avrebbe mai dato l’ordine di chiudere il porto di Catania alla Sea Watch, dove il 31 gennaio erano stati fatti sbarcare 47 migranti. Non solo, il ministro dell’Interno non avrebbe neanche vietato lo sbarco dei minorenni dalla nave quando è stata tenuta alla fonda a Siracusa. E questo nonostante – come riporta Nello Scavo per Avvenire – il vicepremier leghista avesse ribadito più volte che “in Italia i porti sono chiusi”. A smentirlo, ancora una volta, i documenti ufficiali. Rispondendo a una istanza di accesso civico, la Direzione centrale dell’immigrazione presso il Dipartimento della Pubblica sicurezza, precisa che il ministero “non ha prodotto e non detiene alcun provvedimento/comunicazione trasmesso alla nave Sea Watch”.
La nave umanitaria è riuscita a ripartire solo ieri dopo tre settimane di stop nel porto di Catania.
Intanto Welcoming Europe – Per un’Europa che accoglie, la campagna che chiedeva la decriminalizzazione degli atti di solidarietà, la creazione di corridoi umanitari per i rifugiati, e di mettere al centro l’attenzione sulle vittime di abusi alle frontiere, ha raccolto 65.000 firme in Italia, oltre 10.000 più della quota minima necessaria.
3. La Libia è un inferno anche per la Farnesina
Perchè 700 mila persone sono prigioniere in Libia? Perché sono un bancomat. La crudezza delle parole di Roberto Saviano per l’Espresso rendono bene l’idea del perché la Libia non sia un paese sicuro: “i migranti che entrano in Libia per raggiungere l’Italia sono un affare dal momento esatto in cui mettono piede sul suolo libico. Da loro e dalle loro famiglie si estorce denaro quando gli si promette un viaggio facile e veloce nei Paesi di origine, si estorce denaro quando diventano prigionieri sul suolo libico, quando si mettono in mare e anche quando vengono riportati in Libia per ricominciare tutto daccapo”.
Le partenze dalla Libia e gli sbarchi in Italia, ci dicono testimonianze come quelle raccolte dalla trasmissione radiofonica Voci dalla Libia, non sono diminuiti per il lavoro dei nostri governanti, ma perché per la Libia i migranti sono una risorsa su cui è possibile lucrare a lungo.
Latest @TIME on how refugees in Libya, Sudan & Niger are turning to Facebook to crowdfund ransoms, as smugglers hold them hostage & torture them until they pay inflated rates.
Sorry for the graphic images, but these are being posted publicly & regularly.https://t.co/dF8bw40hRT pic.twitter.com/EGU6FkYqi3— Sally Hayden (@sallyhayd) February 6, 2019
Intanto anche il Ministero degli Esteri italiano sembra non riconoscere la Libia come un paese sicuro:
“I viaggi in Libia sono assolutamente sconsigliati in ragione delle precarie condizioni di sicurezza nel Paese” si può leggere sul sito della Farnesina.
4. I migranti a bordo della Diciotti chiedono risarcimenti all’Italia
Il governo giallo verde ha da poco archiviato i malumori dovuti alla richiesta di autorizzazione a procedere per il Ministro Salvini, che il caso Diciotti potrebbe già far nascere nuove tensioni.
Alcuni tra i migranti della ‘Diciotti’, infatti, hanno presentato un ricorso al tribunale civile di Roma per chiedere al governo italiano un risarcimento per essere stati costretti a rimanere a bordo della nave per diversi giorni.
Secondo quanto riportato dai quotidiani, il ricorso è stato presentato da uno studio legale a nome di 41 migranti, tra cui un minore, che erano a bordo della nave e che ora chiedono al premier Giuseppe Conte e al ministro dell’Interno Matteo Salvini un risarcimento tra i 42mila e i 71mila euro. Il ricorso è stato presentato prima di Natale al Tribunale civile di Roma dagli avvocati della Rete legale del centro Baobab Experience, coordinati da Giovanna Cavallo e contestualmente è stato presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. L’udienza davanti al tribunale di Roma dovrebbe tenersi in primavera.
Come ricorda Andrea Gagliardi sul Sole 24 Ore, il caso Diciotti non sarebbe il primo in cui lo Stato è chiamato in giudizio dai migranti.
Intanto non tarda la risposta del ministro degli Interni: “Permettetemi di rispondere con una grassa risata, tutti nati il primo gennaio, tutti scomparsi, non prendessero in giro gli italiani, la pacchia è finita, i barconi non arrivano più, al massimo gli mandiamo un Bacio Perugina“.
5. La tassa sul Money Transfert è discriminatoria
L’imposta pari all’1,5% sulle somme di denaro spedite verso Paesi non comunitari è “ingiustificatamente discriminatoria”. Lo dice l’Antitrust in una segnalazione spedita al Governo con cui chiede opportune modifiche al decreto fiscale del 23 ottobre scorso. Secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato l’imposta colpirebbe soltanto i money transfer e non ad esempio le Poste o le banche, italiane o di altri paesi.
L’authority inoltre teme possibili ricadute anche sul fronte della trasparenza. I trasferimenti di denaro all’estero, infatti, sono già condizionati da “numerose e mutevoli variabili tra cui commissioni e spread sui tassi di cambio”. L’imposta potrebbe rendere ancora più opache le “condizioni economiche praticate per il servizio di rimesse di denaro“.
6. L’accordo tra Spagna e Marocco per respingere i migranti
Spagna e Marocco avrebbero raggiunto nella scorsa settimana un accordo per fermare i flussi di migranti irregolari diretti nella penisola iberica. Secondo l’accordo, Salvamento Marítimo – l’organizzazione di soccorso e sicurezza marittima spagnola – potrà far sbarcare nei porti marocchini una parte dei migranti salvati in alto mare.
Con questa misura, il governo spagnolo mira a frenare la pressione migratoria nei porti andalusi dove finora venivano trasferite le persone soccorse nel mare di Alboran.
Secondo fonti governative citate dal quotidiano El Paìs, la misura potrà essere applicata ai migranti intercettati in operazioni in cui Salvamento Marítimo assisterà le guardie costiere marocchine nella loro area di responsabilità e solo quando il porto più vicino non sia uno spagnolo:
“Dati i nostri buoni rapporti con il Marocco, Salvamento Marítimo assisterà la Marina marocchina, se richiesto. In questo caso, saremo in grado di rifugiarci nel più vicino porto sicuro“.
L’accordo, non ancora ufficializzato, ha già attirato le critiche delle organizzazioni umanitarie preoccupate che i migranti rimpatriati non vedano garantito il loro diritto a richiedere protezione internazionale.
Secondo la Comisión Española de Ayuda al refugiado (CEAR) il Marocco non sarebbe un paese sicuro per migranti e rifugiati non avendo ancora approvato una legge sul diritto d’asilo. “Dalla fine del 2017, l’attività dell’ufficio di asilo e rifugio marocchino è nei fatti paralizzata”, denuncia l’organizzazione.
7. In purgatorio al confine, l’ultimo tentativo dell’amministrazione Trump per dissuadere i migranti
L’amministrazione Trump ha pesantemente investito sull’idea che l’unica possibilità per i migranti di entrare negli Stati Uniti dal confine con il Messico fosse la via legale. Allo stesso tempo ha previsto una serie di procedure che rendono quasi impossibile farlo. Liste di attesa, “numero chiuso” e tempi dilazionati, i richiedenti asilo che tentano legittimamente di entrare negli Stati Uniti sono costretti ad aspettare in Messico – o sono costretti ad andarsene dopo essere entrati – anche dopo aver dimostrato di avere un timore credibile di tornare a casa, scrivono Anne Dutton e Isaac Bloch del Center for Gender & Refugee Studies.
8. Migrazione e istruzione, quale futuro per i rifugiati in Grecia?
Condizioni igieniche precarie, carenza di cibo, una situazione particolarmente grave riguardante i minori: il Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d’Europa ha pubblicato un rapporto in cui emergono “condizioni inumane e degradanti” nei campi profughi della Grecia visitati dal 10 al 19 aprile 2018.
Come riportato da valigia Blu, Il CPT non ha mancato, come ha già fatto in passato, di sottolineare la necessità di adottare un approccio europeo coordinato per trovare una soluzione al fenomeno relativo all’elevato numero di cittadini stranieri che arrivano nel paese ellenico.
Dalla condizione dei campi profughi a quella del sistema educativo. Formalmente in Grecia, richiedenti asilo e rifugiati hanno diritto all’istruzione statale, nei fatti circa la metà dei bambini rifugiati non ne ha ancora accesso. Emma Willis per Info Migrants ci racconta la situazione in Grecia e gli sforzi della comunità per garantire a tutti il diritto all’educazione.
9. Dimmi, i diari dei migranti raccontano le paure e le speranze dei nuovi italiani
“Sono nato nei tempi sballati dove ce poco spazzio per deboli e indifesi… Credo che posso chiudere la mia valigia perché in partenza era piena di speranza e voglia di essere acetato? Oggi vorrei solo un po’ di dolcezza per cancellare il sapore amaro di queste continue d’eluzioni”. L’italiano stentato eppure capace di commuovere è quello di Milivoje Ametovic, nato in Serbia e arrivato in Italia negli anni ‘90 in cerca di una nuova opportunità. La sua storia così simile a quella di tanti italiani partiti nei decenni precedenti, è tra le migliaia raccolte e conservate dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo che, come racconta dalle pagine del Corriere della Sera Roberta Scorranese, ha istituito un concorso nazionale per la raccolta e la diffusione di testimonianze autobiografiche di persone di origine o provenienza straniera.
DIMMI “Diari Multimediali Migranti”, questo il nome del concorso, raccoglie (e premia) le memorie scritte dei nuovi italiani. Come quella di Azzurra, discriminata in patria perché albina, o di Dominique, fuggito dalla guerra civile e ancora in attesa dello status di rifugiato politico.
10. Un rifugiato afgano pagherà la multa di Elin Ersson
Elin Ersson, l’attivista svedese nota per aver impedito la partenza di un aereo con un deportato afghano a bordo nel luglio 2018, è stata multata da una corte di Göteborg di 3.000 corone (pari a 285 €) per aver violato le norme di sicurezza aerea svedesi. Ora la multa potrebbe essere pagata da un rifugiato afgano di 29 anni residente in Germania, Arif Talash.
Talash, fa parte di un gruppo di attivisti di Francoforte che supporta e offre assistenza legale ai richiedenti asilo. Sono pronto a pagare la multa inflitta a Elin ha dichiarato alla Deutsche Welle:
“Ho sentito parlare della storia di Elin Ersson sui social media, e ammiro profondamente e apprezzo i suoi sforzi”.
Immagine di copertina via Sea Watch Italy