1. Ungheria e Italia come modello sull’immigrazione in Ue, a discapito del diritto di asilo
Le migrazioni non sono “un’emergenza” ma un fenomeno strutturale. Nonostante ciò, i governi dell’Ue continuano ad adottare provvedimenti sempre più restrittivi, minacciando così l’accesso al diritto di asilo.
“Il minor numero di arrivi viene rivendicato come un successo dal governo Meloni, ma si tratta di cifre simili al 2021 e al 2022, quando a palazzo Chigi siedeva Mario Draghi”, si legge su Openpolis. E ancora: “negli ultimi mesi sono state diverse le iniziative da parte delle istituzioni europee e italiane, sia rispetto agli arrivi che al sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati […]. Dati alla mano, comunque, nonostante i numerosi tentativi di abbattere il fenomeno migratorio, da oltre 10 anni quest’ultimo si conferma consolidato e sembra essere condizionato solo in parte da politiche nazionali volto ad arginarlo o, peggio ancora, eliminarlo. L’obiettivo di medio termine della governance europea (e italiana) sembra piuttosto rendere la vita più difficile ai migranti che tentano di entrare nel vecchio continente”.
Infine: “Nei fatti, con il nuovo patto europeo si va sempre di più verso le politiche di gestione del fenomeno migratorio poste in essere negli ultimi anni dal governo ungherese. A partire dal 2017, infatti, l’esecutivo guidato da Viktor Orban ha attivato le procedure di frontiera in aree di detenzione chiamate transit zone, operative fino al 2020. Delle politiche repressive alle frontiere ungheresi abbiamo parlato su “Oltre i muri, oltre i mari“, un reportage transfrontaliero del 2022. Le politiche ungheresi sul diritto di asilo, in aperta contraddizione con le norme internazionali, sono state in questi anni criticate e sanzionate dalle istituzioni europee, le quali ora, tuttavia, potrebbero almeno in parte farle proprie, attraverso l’applicazione del patto migrazioni e asilo. È in questo senso che va letta anche la lettera di 15 governi di paesi Ue alla commissione, resa pubblica lo scorso maggio.
2. Onu: bisogna sospendere la cooperazione con la Libia
L’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu Volker Türk, intervenendo a Ginevra nella 56esima sessione dell’organismo delle Nazioni unite, ha affermato che è necessario rivedere e/o sospendere la cooperazione con le autorità libiche in materia di immigrazione.
“Mentre le persone continuano a morire in mare e le autorità libiche non rispondono di nulla, le stesse sono anche impegnate in una dura repressione del dissenso interno. Türk cita detenzioni arbitrarie, uccisioni extragiudiziali e persecuzioni contro chi si oppone al governo e contro le relative famiglie. È ai responsabili di questa situazione che politici e funzionari italiani ed europei stringono la mano quando volano in Tripolitania, o meno spesso in Cirenaica, per promettere risorse e sostegno in cambio della guerra ai migranti. Il prossimo 17 luglio a Tripoli il Governo di unità nazionale, che però controlla solo la parte ovest del paese, ha organizzato il Trans-Mediterranean Migration Forum, una conferenza internazionale sulla “lotta alle migrazioni illegali”, riporta il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto.
I soldi per i criminali libici Italia e UE li trovano sempre; i soldi per una missione europea di soccorso che vada a salvare le persone e non le lasci annegare in mare, per come fu pure sollecitata da David Sassoli, mai”, scrive il giornalista Sergio Scandura su Twitter/X.
3. Uomini armati interrompono i salvataggi nel Mediterraneo
Un’operazione per salvare 93 richiedenti asilo e migranti a bordo di un peschereccio di legno al largo delle coste della Libia ha preso una piega pericolosa il 9 luglio. Mentre i lavoratori della Ong di ricerca e soccorso SOS Méditerranée stavano evacuando le persone dall’imbarcazione, due gommoni con a bordo uomini armati e mascherati sono arrivati sulla scena. Due degli uomini sono saliti a bordo del peschereccio, spingendo i rimanenti richiedenti asilo e migranti a bordo a tuffarsi in mare.
E ancora: “i richiedenti asilo e i migranti riportati in Libia affrontano un ciclo ben documentato di detenzione e abusi. Ma dal 2014, i paesi europei hanno progressivamente ritirato le loro marine e guardie costiere dall’eseguire operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale e hanno represso le ONG che sono intervenute per cercare di colmare il divario”.
4. I nuovi provvedimenti del laburista Starmer sulle migrazioni
Keir Starmer, nuovo primo ministro laburista della Gran Bretagna prende fin da subito due decisioni sulle migrazioni.
“Il neo premier Starmer, da quando è entrato a Downing Street lo scorso 5 luglio, ha già adottato due decisioni in merito alle migrazioni. La prima, preannunciata in campagna elettorale, è stata quella di cancellare il fallimentare piano Ruanda voluto dai conservatori. Un progetto tanto inefficace e dispendioso quanto propagandistico, visto che non è mai partito veramente. Un disegno “morto e sepolto” il primo giorno del nuovo corso, ha detto Starmer”, riporta il giornalista Luca Sebastiani su Domani. E ancora: “Da qui la seconda misura del governo Starmer: la creazione di un nuovo Comando per la sicurezza delle frontiere, il Border security command, che avrà l’obiettivo di «annientare le bande criminali di contrabbandieri che guadagnano milioni di dollari tramite le traversate delle piccole imbarcazioni. La figura che guiderà questa struttura – ruolo per cui sono state aperte le ‘selezioni’ – risponderà direttamente alla nuova ministra dell’Interno Yvette Cooper”.
5. Criminalizzare la migrazione, criminalizzare la solidarietà
Negli ultimi anni sono aumentate le richieste da parte di accademici, organizzazioni della società civile ed esperti di rivedere la direttiva UE del 2002 sul “favoreggiamento all’immigrazione irregolare”, per porre fine alla continua criminalizzazione delle persone migranti e delle persone che agiscono in solidarietà con loro.
“Secondo una recente analisi della Picum (ong per la tutela delle persone migranti prive di documenti), una proposta della Commissione europea del 2023 per rivedere la direttiva non solo non riuscirebbe a impedire la criminalizzazione diffusa della migrazione e della solidarietà, ma probabilmente la aumenterebbe drasticamente. Solo nel 2023, almeno 117 persone sono state sottoposte a procedimenti penali o amministrativi per aver agito in solidarietà con le persone migranti nell’Ue e almeno 76 persone migranti sono state criminalizzate per aver attraversato le frontiere”, riporta Statewatch.
Questi numeri, insieme a estesi report di organizzazioni della società civile, dimostrano che la legislazione anti-traffico spesso danneggia, anziché proteggere, la sicurezza dei migranti e i loro diritti. Nonostante ciò, la Commissione europea si impegna a impegnare più risorse e sforzi per contrastare il traffico.
6. nostri nuovi articoli su Open Migration
10 anni fa l’Isis compì quello che numerose istituzioni hanno poi definito un genocidio ai danni degli Yazidi. Da allora è iniziata la diaspora di questo popolo, tra Turchia, Iraq, Siria, Europa. Ce ne parla Ilaria Romano.
Foto via Twitter/Melting Pot Europa