1. Un nuovo naufragio al largo di Lampedusa
Un’imbarcazione con un centinaio di persone è naufragata al largo di Lampedusa.
“Sono morte almeno 27 persone, tra loro anche un neonato e tre minori, e diverse risultano ancora disperse. Secondo una ricostruzione diffusa dalla Guardia Costiera, le persone che si trovavano sulla barca erano partite martedì sera dalla Libia, a bordo di due imbarcazioni diverse: durante la traversata, una avrebbe avuto problemi e molte persone che si trovavano su quella barca sarebbero riuscite a salire sull’altra, poi affondata vicino a Lampedusa”, si legge su il Post. E ancora: “Se le cifre fossero confermate sarebbe uno dei più gravi naufragi avvenuti nei pressi di Lampedusa negli ultimi anni. L’ultimo paragonabile era stato a marzo, quando 6 persone erano morte in seguito al ribaltamento di un gommone, e almeno 40 non sono mai state trovate”.
I sopravvissuti al naufragio hanno raccontato le loro storie tra le lacrime. Tra loro c’è anche una donna somala che ha perso il figlio e il marito: “avevo mio figlio di un anno e mezzo tra le braccia e mio marito era accanto a noi. Poi si è scatenato l’inferno. Ho perso entrambi tra le onde”, riporta InfoMigrants. E ancora: “durante i colloqui con psicologi e forze di sicurezza, un’altra donna somala ha dichiarato di aver perso la sorella minore, mentre un giovane egiziano ha affermato di aver perso lo zio e un cugino che erano con lui sulla barca. Eravamo partiti con due barche. Una si è capovolta e così siamo saliti tutti sull’altra. L’altra, però, ha iniziato a imbarcare acqua anche lei, ha raccontato uno dei sopravvissuti ai volontari di Mediterranean Hope che li hanno assistiti dopo lo sbarco.
2. Rivolta nel Cpr di Palazzo San Gervasio
Un’altra rivolta è scoppiata nel Cpr di Palazzo San Gervasio.
“Una protesta che si consuma, ironia della sorte, mentre all’esterno un gruppo di attivisti e di associazioni svolgevano un pacifico sit-in per ricordare il giovane Oussama Darkaoui, morto nel Centro di Palazzo San Gervasio, il 5 agosto del 2024. La manifestazione dei 9 “ribelli” è durata diverse ore e si è conclusa solamente a tarda sera con l’arresto in flagranza di 2 manifestanti. Per altri 7 partecipanti, invece, si è provveduto con l’arresto in flagranza differita dopo l’analisi delle immagini delle videocamere e delle foto scattate dalla polizia. Tale procedura è stata applicata in base alle disposizioni del Decreto Sicurezza 2025 (D.L. 48/2025, convertito in legge n. 80 del 9 giugno 2025), approvato definitivamente dal Senato il 4 giugno, che ha esteso l’uso della flagranza differita anche a reati commessi nel corso di manifestazioni pubbliche”, scrive l’avvocato Arturo Covella su Melting Pot Europa.
3. Tutte le incongruenze del caso Almasri
Ancora non detti e incongruenze sul caso Almasri, il torturatore libico liberato dall’Italia nonostante il mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale (Cpi).
“Il Guardasigilli [il ministro della Giustizia Nordio] basò la sua informativa sulla circostanza che il mandato di arresto della Cpi verso Almasri fosse nullo per una serie di errori. Le giudici del Tribunale dei ministri lo smentiscono. Dal confronto tra il testo del 18 gennaio 2025 e quello del 24 gennaio, con cui la Corte rettificò gli errori, emerge che le differenze sono per lo più correzioni grammaticali e sfumature linguistiche”, scrive la giurista Vitalba Azzollini su Domani. E ancora: “in parlamento Nordio rivendicò il suo potere di valutazione discrezionale circa il dare seguito o meno al mandato di arresto di Almasri. Il Tribunale lo smentisce, attraverso richiami testuali a disposizioni dello Statuto di Roma, istitutivo della Cpi, che escludono qualunque margine di discrezionalità. L’obbligo di cooperare con la Corte, sancito dallo Statuto, giammai sarebbe compatibile con la previsione di un potere di veto in capo a colui il quale (nel nostro caso il Ministro della Giustizia) è deputato (…) a dar seguito alle richieste di cooperazione. Ciò proprio per la ragion d’essere della Cpi, istituita per indagare e perseguire gli autori dei più gravi crimini contro l’umanità”.
Inoltre: “le giudici escludono che la liberazione di Almasri rientri tra gli atti politici. La sua consegna alla Cpi era oggetto di un obbligo di legge, il cui assolvimento è sempre suscettibile di sindacato giurisdizionale”.
4. Attivisti intimiditi da Frontex
L’Ong Sea-Watch ha citato in giudizio Frontex dopo che l’agenzia si è rifiutata di rilasciare documenti “sull’intercettazione illegale di persone in difficoltà da parte della cosiddetta Guardia costiera libica”, si legge in una lettera redatta dal gruppo.
“La Corte dell’Ue ha respinto il caso, pur affermando che Frontex aveva illegittimamente omesso di rivelare l’esistenza di oltre cento fotografie relative all’incidente nel Mediterraneo. Ora Frontex, che nel 2024 aveva un budget di quasi 1 miliardo di euro, vuole che le spese legali siano pagate da Sea-Watch. La lettera, che chiede all’agenzia di ritirare la sua richiesta, è stata firmata da più di 30 organizzazioni, tra cui Statewatch”, riporta Statewatch. E ancora: “Frontex sembra essere l’unica entità dell’Ue ad adottare questo approccio nei confronti dei casi giudiziari intentati da gruppi della società civile. Nel 2020 l’agenzia ha chiesto 24.000 euro a due attivisti per la trasparenza e ha difeso la pratica di fronte agli eurodeputati […]”.
5. Perché abbiamo bisogno di un nuovo manuale per l’inclusione dei rifugiati
Qualche settimana fa, nel campo profughi di Kakuma in Kenya, centinaia di rifugiati hanno sbattuto le pentole vuote in segno di protesta rabbiosa – per la seconda volta quest’anno – contro i tagli alle razioni alimentari a cui sono sottoposti.
“Il Programma Alimentare Mondiale, colpito da una stretta di bilancio globale, aveva ridotto all’inizio dell’anno le razioni alimentari ad appena il 40% del paniere alimentare minimo […]. Ora ha annunciato il passaggio a un modello di assistenza differenziata, che cesserà completamente gli aiuti a coloro che sono etichettati come parzialmente autosufficienti o completamente autosufficienti […]. Non è ancora noto quante persone saranno interessate”, riporta Bahana Mirindi Hydrogene, fondatore e direttore esecutivo di Solidarity Initiative for Refugees, un’organizzazione guidata dai rifugiati nel campo di Kakuma, in Kenya, sul New Humanitarian.
E ancora: “l‘agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) e il Dipartimento per i servizi ai rifugiati del Kenya non hanno mai stabilito criteri chiari per garantire che questi leader abbiano la capacità di analizzare politiche complesse, impegnarsi in negoziati e rappresentare i diversi interessi delle loro comunità. Al contrario, il sistema ha da tempo privilegiato leader […] persone che trasmettono le informazioni dall’alto verso il basso, piuttosto che mettere in discussione o […] le decisioni. Molti di loro ci tengono profondamente, ma senza formazione, accesso o reale autorità decisionale, il loro ruolo diventa in gran parte simbolico”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
Secondo l’OCHA, l’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari, gli afghani che sono tornati nel proprio paese fra il primo gennaio e il 12 luglio di quest’anno sono stati all’incirca un milione e 410 mila, dei quali un milione e 80 mila provenienti dall’Iran e 330 mila dal Pakistan. A contribuire a questi rientri, in particolare dal confine iraniano, è stata anche la guerra dei 12 giorni, il conflitto armato scoppiato a seguito dell’offensiva israeliana contro Teheran del 13 giugno scorso, che ha esacerbato la sensazione di insicurezza dei rifugiati nel paese. Ce ne parla Ilaria Romano.