1. Come le disuguaglianze nella libertà di movimento bloccano il funerale di Alika Ogorchukwu
Il funerale di Alika Ogorchukwu, cittadino nigeriano ucciso a Civitanova Marche il 29 luglio sono state rinviate per l’ennesima volta di un’altra settimana. Il legale della famiglia Ogorchukwu ha spiegato che i visti per i fratelli saranno validi a partire dal 10 settembre.
A proposito di funerali. I parenti di #AlikaOgorchukwu, ucciso a Civitanova Marche il 29 luglio, attendono da quasi un mese e mezzo i visti per arrivare in Italia e partecipare ai funerali pic.twitter.com/mTFLg7DfYR
— Jolie Rouge (@JigginoRuss) September 9, 2022
In un articolo su Rolling Stone, il giornalista Adil Mauro, racconta le difficoltà affrontate dalla famiglia di Ogorchukwu e sottolinea le discriminazioni insite nella libertà di movimento: “La libertà di movimento è un privilegio. Per accorgersene basta dare un’occhiata all’Henley Passport Index […]. Il passaporto italiano occupa il quarto posto della graduatoria insieme a Finlandia e Lussemburgo con 189 nazioni. Davanti a noi Germania e Spagna (190), Singapore e Corea del Sud (192), Giappone (193). Afghanistan, Siria, Iraq, Pakistan, Somalia e Libia sono invece alcuni dei paesi con i passaporti più “deboli”.
“Non sorprende purtroppo che il tema del viaggio legale sia assente in una campagna elettorale”, afferma Mauro, “dove forze politiche a corto di idee monopolizzano il dibattito sui flussi migratori, invocando improbabili blocchi navali per fermare invasioni inesistenti”.
2. Sull’asilo, l’Europa deve ripristinare lo Stato di diritto
In un articolo per Balkans Insight del giornalista Mattiao Tsimitakis, viene denunciata la totale assenza di tutela dei diritti umani da parte degli stati europei.
“Sull’Evros e nel Mar Egeo, è stato dimostrato che le autorità greche stanno impiegando respingimenti e “drift back” – abbandonando i richiedenti asilo in mare – con effetti mortali. Non sempre salvano vite, come è richiesto […]. Secondo l’OLAF, che indaga su frodi, corruzione e gravi comportamenti scorretti all’interno delle istituzioni dell’UE, Frontex ha cercato in alcuni casi di nascondere tali tattiche”, commenta Tsimitakis. E ancora “Ad aprile, un rinnovato accordo di sicurezza tra Spagna e Marocco ha dato il via libera a una più aggressiva polizia di frontiera da parte del Marocco, un mese dopo che la Spagna aveva promesso il suo sostegno a un piano marocchino per il futuro del Sahara occidentale, dove un conflitto separatista si trascina da cinque decenni”.
Citando anche l’esempio dell’Inghilterra e delle deportazioni dei migranti verso il Ruanda, fino al razzismo istituzionale che colpisce i rifugiati non ucraini, a cui viene impedito di accedere a forme di protezione, Tsimitakis afferma che lo stato diritto in Europa è completamente assente e che l’Europa è “alla deriva dai valori umanitari”.
3. Squadre specializzate all’estero per fermare le migrazioni
L’UE punta a reprimere ulteriormente l’immigrazione irregolare nelle sue missioni all’estero, impiegando l’uso di “squadre specializzate”, riporta il giornalista Nikolaj Nielsen sull’EU Observer.
Tali missioni fanno parte della cosiddetta politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) dell’UE attualmente presente in luoghi come Niger, Libia, Mali, Somalia e Iraq. Le missioni attualmente attive in Sahel e in Libia stanno già bloccando le partenze dei migranti verso l’Europa, così come quelle in Somalia, Iraq e Repubblica Centrafricana si basano sul contrastare le cause che spingono le persone a migrare.
4. Un altro naufragio nel Mediterraneo
Il numero delle vittime del Mediterraneo continua a crescere, riporta Info Migrants. Mercoledì 7 settembre, la Guardia costiera tunisina ha recuperato altri tre corpi al largo della costa meridionale di Gabes. Le vittime si trovavano su una barca che trasportava altri quindici migranti quando è stata “intercettata” e riportata in Tunisia.
Dall’inizio di quest’anno, più di 1.000 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale nel tentativo di raggiungere l’Europa. L’UE fornisce aiuti economici alla Tunisia, che è paralizzata dal debito. In cambio, il Paese nordafricano ha lo scopo di fermare i migranti in partenza dalle sue coste, impedendo così gli arrivi in Europa.
With the families of the disappeared from many different countries, we are protesting the violence of the European borders in #Zarzis, #Tunisia, today. In our #CommemorAction, we promise to not forget the dead and disappeared and struggle together for justice and truth. pic.twitter.com/y6DyjF3Ewy
— Alarm Phone (@alarm_phone) September 6, 2022
5. Loujin Ahmed Nasif, 4 anni. Morta di indifferenza
La cronaca riporta la morte di un’altra bambina nel Mediterraneo centrale. Loujin Ahmed Nasif aveva quattro anni, di origine siriana, era partita dal Libano con il padre e la sorellina: è morta di sete dopo che il peschereccio sul quale viaggiavano è rimasto alla deriva in mare per 10 giorni. La denuncia del padre: “Le navi sono passate senza soccorrerci”.
6. “Incolpare le madri per la scomparsa dei loro figli è inaccettabile”
Diverse associazioni e ONG, tra cui Mediterranea Saving Humans, chiedono le dimissioni di Vincent Cochetel, inviato speciale dell’UNHCR per il Mediterraneo Occidentale e Centrale.
Grieving for the loss. But the same mothers had no problem encouraging or funding their children to embark on those dangerous journeys. Like in Senegal, symbolically prosecuting parents for putting at risk their children could trigger serious attitudinal change on death journeys. https://t.co/lRAwT4MRWA
— vincent cochetel (@cochetel) September 6, 2022
Su Twitter, Cochetel aveva infatti incolpato le madri di alcuni migranti tunisini che hanno perso la vita nel Mediterraneo nell’ennesimo naufragio, sostenendo inoltre che “perseguirle simbolicamente” potrebbe essere un modo per dissuaderle dall’incoraggiare i propri figli nell’intrapresa del viaggio verso l’Europa.
Nonostante Cochetel si sia poi scusato, le diverse Ong hanno ritenuto irricevibile la sua affermazione: “mentre le madri, profondamente traumatizzate, chiedevano pubblicamente delle risposte, Cochetel le ha insultate ritenendole responsabili della scomparsa dei loro figli”. Inoltre “in considerazione anche degli inaccettabili commenti fatti in passato da Cochetel, riteniamo che questo non sia sufficiente. Chiediamo all’UNHCR di agire e di allontanare il suo inviato speciale o a Cochetel di dimettersi”.
7. Ancora violenze sul confine ungherese
Le autorità ungheresi hanno rasato la testa di un rifugiato marocchino che è stato respinto, insieme ad altri compagni, dall’Ungheria verso la Serbia.
Hungarian authorities shaved the head of a refugee who was pushed back from🇭🇺 to 🇷🇸in the shape of a cross: https://t.co/iB7GSdTerL
‼️ Humiliating and dehumanising people on the move in such 'innovative' methods is systematic. This has to stop. pic.twitter.com/ri98pUuk6X
— ECRE (@ecre) September 9, 2022
Definito dall’Ong ECRE (Consiglio europeo per i rifugiati) come “metodo umiliante e disumanizzante”, l’episodio è stato raccontato da Kikaktiv – Center for Development of Social Policies, una Ong con sede a Belgrado che si occupa della tutela di gruppi vulnerabili. “Secondo la sua testimonianza” riporta Kikaktiv “poco dopo aver attraversato la barriera di confine, la polizia ungherese li ha trovati, li ha radunati e li ha picchiati per alcuni minuti. Li hanno presi a calci e li hanno picchiati con i manganelli. Il primo istinto degli uomini del suo gruppo è stato quello di sdraiarsi per terra e cercare di proteggersi rannicchiandosi. Dopo la violenza fisica, la polizia ha iniziato a portare via i loro effetti personali”.
Nonostante le continue violazioni dei diritti ai confini dell’UE, Kikaktiv non è ottimista su un cambiamento di rotta: “dopo tutti questi anni, siamo […] inclini a pensare che un tale cambiamento sia difficile da realizzare e che l’Unione Europea difenda i diritti umani solo sulla carta, mentre in realtà si batte per la loro attuazione selettiva – quando e come fa più comodo all’agenda politica dell’UE”.
Foto via Twitter/ECRE