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Homepage >> Web review >> I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 41/2025

I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 41/2025

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21 ottobre 2025
Il Memorandum con la Libia è stato simbolicamente rinnovato in Parlamento tra le proteste dei sopravvissuti e le sopravvissute ai centri di detenzione. Nel frattempo la ong Sea Watch denuncia un nuovo naufragio nel Mediterraneo, nell’assenza di soccorsi.

1. Il Memorandum Italia-Libia è stato rinnovato

L’Italia rinnova per l’ennesima volta il famigerato Memorandum con la Libia, per cui quest’ultima, attraverso le proprie milizie, è incaricata di contrastare le migrazioni catturando le persone in mare per poi riportarle nei centri di detenzione, come più volte denunciato da varie organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International e le Nazioni Unite.

“Il memorandum Italia-Libia è nato con l’obiettivo vago di contrastare l’immigrazione irregolare e il traffico di esseri umani. In sette anni, denunciano le organizzazioni presenti alla conferenza stampa, ha mostrato il suo vero intento iniziale: un meccanismo di respingimenti illegali e violazioni sistematiche dei diritti umani da parte della cosiddetta guardia costiera libica. Proprio Sea-Watch, impegnata nel soccorso nel Mediterraneo, ha presentato un report in cui documenta oltre 60 casi di violenza commessi dalle milizie libiche a partire dal 2016”, scrive la giornalista Albertina Sanchioni su Il Manifesto. Contro il Memorandum il collettivo Refugees in Libya ha organizzato giornate di divulgazione e mobilitazione a Roma:

L’attivista Naeima Yaqoub, di Refugees in Libya ha affermato, in un’intervista per l’Ansa, che il Memorandum è letale soprattutto per le donne: “È davvero difficile riassumerlo in poche parole perché gli effetti sono enormi”. A causa del Memorandum, spiega Yaqoub, le donne vengono totalmente private della libertà di movimento, rinchiuse in centri di detenzione in condizioni disumane, esposte a violenze sessuali e fisiche. “Ogni giorno riceviamo […] centinaia di messaggi purtroppo su donne e madri in movimento fra i paesi, perlopiù bloccate in Libia senza poter scegliere o essere in grado di spostarsi […]”.

2. Nuove accuse della Cpi all’Italia

La Corte Penale Internazionale (Cpi) ha nuovamente accusato l’Italia di non aver rispettato gli obblighi sul caso Almasri.

“In un documento pubblicato i giudici chiedono all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni di fornire entro il 31 ottobre informazioni su eventuali procedimenti interni pertinenti e sul loro impatto sulla cooperazione con la Corte. Nelle loro conclusioni, le tre giudici della camera preliminare de L’Aja ritengono all’unanimità che l’Italia non abbia agito con la dovuta diligenza né utilizzato tutti i mezzi ragionevoli a sua disposizione per ottemperare alla richiesta di cooperazione della Corte penale internazionale”, riporta l’Ansa.

E ancora: “Il governo non ha inoltre fornito alcuna valida ragione giuridica o ragionevole giustificazione” per il trasferimento immediato di Almasri in Libia, “anziché consultare preventivamente la Corte o cercare di rettificare eventuali difetti percepiti nella procedura d’arresto”.

3. Il fallimento del “modello Albania”

E’ passato un anno da quando le prime 16 persone migranti venivano coattivamente deportate nei centri di detenzione in Albania. Dopo due rinvii alla Corte di Giustizia Europea che ne ha messo in discussione la legittimità, ad oggi, i centri sono di fatto inutilizzati.

“L’esecutivo si trova in un’impasse: non può far funzionare a pieno regime il modello – verrebbe travolto dai ricorsi – ma non vuole chiuderlo. Significherebbe ammettere che non funziona. Il progetto era stato presentato come una misura per «aumentare i rimpatri». A fine luglio, quelli effettivamente eseguiti erano complessivamente trentasette; dopo quella data pochi o nessuno. Nonostante i numeri esigui, l’esperimento non può essere liquidato come un semplice insuccesso: fermarsi al dato aritmetico sarebbe autoconsolatorio”, scrive Francesco Ferri, migration advisor per Action Aid su Melting Pot Europa. E ancora: “la complessa finzione giuridica alla base dell’impianto non ha retto. Nessuno dei trattenimenti è stato convalidato dalle e dai giudici, e il rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea, poi risolto con una decisione che ha accolto le tesi delle difese, ha paralizzato il meccanismo […]”.

Infine: “In questa cornice, la mobilitazione indetta dal Network Against Migrant Detention – la rete transnazionale che promuove l’abolizione del trattenimento su scala europea – assume un significato decisivo. Le giornate di azione previste tra Tirana, Shëngjin e Gjadër il 31 ottobre, l’1 e il 2 novembre per il secondo anniversario dell’accordo, sono un’occasione importante  per condensare energie collettive e per porre con forza la questione del superamento radicale del modello”.

4. Un nuovo naufragio nel Mediterraneo

Sea Watch denuncia nuovamente i mancati soccorsi nonostante siano stati chiamati in seguito a un naufragio nel Mediterraneo.

“Un corpo senza vita recuperato, almeno ventidue dispersi, undici persone arrivate a Lampedusa, l’ennesimo naufragio evitabile. Mentre a Roma i sopravvissuti ai lager libici e alla traversata del Mediterraneo, insieme ad associazioni attive nel soccorso a terra e a mare portavano la protesta contro il Memorandum Italia-Libia nel cuore di Roma, tra Malta e Lampedusa si è registrato l’ennesimo naufragio. Una tragedia quasi in diretta, costata la vita ad almeno ventitré persone”, scrive la giornalista Alessia Candito su Repubblica. E ancora: “Andavano soccorse immediatamente, Italia e Malta devono rispondere delle loro omissioni”, denuncia Sea-Watch, che con il suo aereo Sea Bird dal giorno prima seguiva il caso e ha più volte allertato le autorità, segnalando la precisa posizione del barchino […]”.

Infine (sostiene Sea Watch): “Non troviamo le parole per esprimere tutta la nostra rabbia per l’ennesimo gruppo di persone lasciato morire deliberatamente”, tuona Alarm phone. Solo qualche giorno fa, un altro gruppo di naufraghi per più di ventiquattro ore ha dovuto attendere i soccorsi nonostante a bordo ci fossero feriti in gravissime condizioni, fra cui un quindicenne. Contro di loro i libici non avevano esitato ad aprire il fuoco […]”.

5. I mercati neri negli hotel di persone rifugiate

Un’inchiesta della BBC sugli hotel che ospitano richiedenti asilo nel Regno Unito ha rivelato prove del lavoro nero al loro interno.

“[…]In realtà, questo mostra persone che semplicemente si arrangiano per sopravvivere – spesso come lavoratori sottopagati come i fattorini delle consegne di cibo, il cui lavoro abbiamo considerato  essenziale, e per il quale abbiamo persino applaudito, durante la pandemia di COVID-19. Se non altro, è la prova di un sistema profondamente corrotto in cui i richiedenti asilo sono costretti a lavorare in segreto solo per sopravvivere – ma anche del desiderio delle persone di rendersi utili anche nelle condizioni più difficili”, scrive il reporter Arbie Bauios sul New Humanitarian.

E ancora: “Tutto questo tecnicamente non è consentito. Ma è una prassi comune nei campi profughi e nei centri di asilo di tutto il mondo, da Kutupalong a Calais. Questi mercati neri esistono principalmente perché le persone non possono soddisfare i propri bisogni altrimenti. Nel Regno Unito, chi soggiorna negli hotel dovrebbe sopravvivere con 9,90 sterline a settimana, ovvero circa 13 dollari. Durante il mio soggiorno a Kakuma, l’assistenza in denaro delle Nazioni Unite […] ammontava a circa 9 sterline a persona al mese. Quindi, le persone ricorrono a lavori clandestini o addirittura a vendere i beni in natura che ricevono per avere i soldi per le loro priorità”.

6. Denunciato il Ghana per aver accettato persone migranti deportate dagli Stati Uniti 

Un gruppo di 14 persone è diventato l’ultimo gruppo di africani occidentali deportato dagli Stati Uniti in Ghana in base a un accordo tra i due paesi, ha affermato un avvocato il cui gruppo ha intentato martedì una causa per cercare di bloccare l’accordo.

“Il […] gruppo, Democracy Hub, ha intentato […] una causa contro il governo del Ghana, sostenendo che l’accordo con Washington è incostituzionale perché non è stato approvato dal parlamento ghanese e che potrebbe violare le convenzioni che vietano di inviare persone in paesi dove potrebbero essere perseguitate”, riporta Politico. E ancora: “Le associazioni per i diritti umani hanno protestato contro il programma [di espulsione di Donald Trump], sostenendo che è poco trasparente e che le persone migranti vengono espulse in Paesi con cui non hanno legami e dove è probabile che venga loro negato il giusto processo. In alcuni casi, i migranti sono stati espulsi in Paesi terzi anche quando i loro Paesi d’origine li avrebbero accettati, affermano i critici”.

Infine: “Il mese scorso, gli Stati Uniti hanno deportato un primo gruppo di 14 immigrati dall’Africa occidentale in Ghana, dove le autorità hanno poi affermato che tutti i deportati erano stati rimandati nei loro paesi d’origine in altre zone dell’Africa occidentale, tra cui Togo, Nigeria e Mali. Tuttavia, a settembre i loro avvocati hanno dichiarato all’Associated Press che 11 di loro erano ancora trattenuti in un campo militare alla periferia della capitale, Accra, in quelle che hanno descritto come condizioni terribili”.

7. Una nuova newsletter per il progetto DignityFIRM

La prima newsletter di ottobre del progetto DignityFIRM è stata ufficialmente lanciata.

Il progetto DignityFIRM è guidato dall’ambizione di approfondire la comprensione e migliorare le politiche relative a due urgenti realtà che l’Europa si trova ad affrontare oggi e in futuro. La prima riguarda la carenza di manodopera in settori vitali per la nostra filiera alimentare, diventata più evidente dopo la pandemia di COVID-19 e la guerra in Ucraina. I lavoratori migranti svolgono un ruolo fondamentale nella produzione e distribuzione alimentare, ma spesso non godono di condizioni di lavoro sicure e dignitose.

La seconda realtà è l’impegno dell’UE a tutelare la dignità di tutti gli individui, compresi i lavoratori migranti nei mercati del lavoro “Farm to Fork” (F2F) che non sono autorizzati a rimanere all’interno dell’UE. Il progetto mira a generare conoscenze, suggerimenti politici e strumenti pratici su misura per le sfide specifiche affrontate dalle persone che si spostano oltre confine e lavorano nella filiera alimentare.

Per ricevere aggiornamenti, è possibile iscriversi tramite questo link.

Qui invece è possibile visualizzare la newsletter di ottobre.

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