1. Maysoon Majidi è stata assolta
Maysoon Majidi, attivista curda iraniana, è stata assolta dalle accuse, infondate, di scafismo. Majidi era stata arrestata lo scorso dicembre 2023 e accusata da due compagni di viaggio di aver aiutato il capitano della nave su cui erano arrivati.
“Il giorno dopo il suo arrivo a bordo, dopo un viaggio partito dalla Turchia e finito sulle coste calabresi, Majidi è stata arrestata, sulla base di due testimonianze poi smentite. Secondo l’accusa, Majidi aveva aiutato il capitano, il turco Ufuk Akturk, che tuttavia ha negato il coinvolgimento della donna. La testimonianza di Akturk è stata fondamentale nella sentenza di assoluzione. Dopo dieci mesi di carcere, l’attivista era stata rimessa in libertà il 22 ottobre 2024 ed è rimasta in attesa della sentenza arrivata il 5 febbraio”, riporta la giornalista Annalisa Camilli su Internazionale. E ancora: “Questa vicenda ha evidenziato ancora una volta le gravi lacune di un assetto normativo che mira a criminalizzare le persone migranti e le azioni di solidarietà, piuttosto che perseguire i veri trafficanti di esseri umani, ha commentato la portavoce di Amnesty international Serena Chiodo”.
“Una persona innocente”, ha dichiarato Majidi in seguito parlando con i giornalisti, “può finire sul patibolo, ma alla fine essere salvata. Per favore, non giudicate coloro che vengono qui in cerca di un’altra vita” ha affermato.
2. Comunità migranti sotto shock dopo l’attacco armato in Svezia
La polizia svedese sta indagando per stabilire se la peggiore sparatoria di massa del Paese sia stata motivata da motivi razziali, dopo che è emerso che tra le 10 persone uccise (7 donne e 3 uomini) martedì da un uomo armato un centro di istruzione per adulti c’erano persone di diverse nazionalità, tra cui diverse persone siriane.
“Anna Bergqvist, che guida le indagini della polizia, ha affermato che tra le persone uccise martedì al Campus Risbergska, un centro di istruzione per adulti, nella città di Örebro, c’erano persone di più nazionalità, […] ed età diverse. Alla domanda dei giornalisti se ci fossero prove di motivazioni razziste per l’attacco, Bergqvist ha detto: stiamo esaminando tutte quelle parti”, scrive la giornalista Miranda Bryant sul Guardian. “Di solito la polizia svedese è cauta nel rivelare i nomi dei sospettati durante le indagini, ma l’assenza di informazioni ufficiali ha contribuito a creare un clima di paura e incertezza tra le comunità di immigrati di Orebro negli ultimi giorni”, scrive il giornalista Joel Gunter su Bbc News. “Stiamo ricevendo tutte le informazioni dai media e non so perché, ha affermato Nour Afram, 36 anni, che si trovava all’interno della scuola Risbergska quando è iniziato l’attacco. Abbiamo bisogno di più informazioni, ha detto. Non sappiamo perché l’ha fatto, perché ha preso di mira questa scuola? Era malato o era qualcos’altro? Afram stava aspettando di entrare in classe quando sentì delle urla che c’era stato uno sparatore: qualcosa di così incredibile per lei che all’inizio pensò si trattasse di uno scherzo”.
“Maria Pegado, 54 anni, insegnante della scuola, ha raccontato che qualcuno ha spalancato la porta della sua classe subito dopo la pausa pranzo e ha urlato a tutti di uscire. Ho portato tutti i miei 15 studenti nel corridoio e abbiamo iniziato a correre, ha detto a Reuters per telefono. Poi ho sentito due spari ma ce l’abbiamo fatta. Eravamo vicini all’ingresso della scuola. Ho visto persone trascinare fuori i feriti, prima uno, poi un altro. Ho capito che era molto grave”, riportano i giornalisti Johan Ahlander e Simon Johnson su Reuters.
3. L’Onu: Almasri colpevole di abusi e torture
Le Nazioni Unite, in un documento trasmesso il 6 dicembre al consiglio di sicurezza, accusa Almasri di torture e altri crimini.
“Il risultato è un dossier di 299 pagine che passa in rassegna illeciti d’ogni genere, dal contrabbando di armi a quello di petrolio, dal traffico di uomini alla depredazione delle finanze pubbliche. In questo campionario di nefandezze, la figura di Almasri spicca per brutalità: «Il panel ha esaminato una vasta quantità di testimonianze e prove documentarie raccolte dal 2021 con le dichiarazioni di 14 ex prigionieri di Mitiga e di cinque persone che hanno assistito agli abusi. Tra questi, cinque ex reclusi e tre testimoni oculari identificano Osama Najim (ndr Almasri) come il diretto responsabile per avere ordinato e commesso personalmente atti di tortura e altri maltrattamenti[…]”, scrive il giornalista Gianluca di Feo su Repubblica. Nel frattempo, il legale delle vittime di Almasri: “stiamo valutando di presentare altre denunce alla Corte penale internazionale (Cpi) legate al caso Almasri. Sono sue vittime, quelle che si sentono più umiliate e deluse dalla condotta del governo italiano, perché sono quelle che volevano vedere Almasri giudicato e processato. Lo dichiara […] l’avvocato Omer Shatz, direttore di Front-Lex, l’organizzazione di avvocati per i diritti umani che ha sporto denuncia ai giudici dell’Aja, a nome di un rifugiato sudanese, contro Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi per aver ostacolato l’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma sulla Cpi”, si legge su Rai News.
Inoltre: “Ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma. È questa l’accusa contro il governo italiano su cui è chiamata a valutare la Corte penale internazionale. Nella denuncia ricevuta dall’Ufficio del Procuratore, che l’ha trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale, sono indicati i nomi di Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. L’iscrizione a protocollo dell’istanza e l’invio agli uffici della Corte che hanno emesso il mandato di cattura per il generale Almasri, conferma l’esistenza del fascicolo su cui poi la procura deciderà se e in quale modo procedere”, scrive il giornalista Nello Scavo su Avvenire.
4. La Corte di Appello di Palermo libera richiedenti asilo
Altre richieste di convalida di trattenimento sono state sospese, rimandando la questione alla Corte Ue di Giustizia.
“Questa volta, però, a rinviare in Europa è stata la Corte d’appello di Palermo. La data in calce ai provvedimenti, che riguardano cittadini stranieri rinchiusi nel centro di Porto Empedocle per le procedure accelerate di frontiera, è il 4 febbraio scorso. I migranti erano sbarcati il giorno precedente a Lampedusa. Dal capoluogo siciliano arriva un doppio, durissimo colpo alla strategia del governo: riguarda sia il piano legislativo sia quello comunicativo. Per la seconda volta, dopo il rifiuto di convalidare i trattenimenti in Albania da parte della Corte d’appello di Roma, è stato dimostrato che trasferire la competenza sulla materia dalle sezioni specializzate in immigrazione non ha ribaltato l’esito dei procedimenti, come sperava l’esecutivo”, scrive il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto.
5. Le criticità delle procedure di frontiera accelerate
L’Asgi e Maldusa Project hanno pubblicato un rapporto che rivela le criticità delle procedure di frontiera accelerate, le quali minano gravemente i diritti umani delle persone migranti.
“Il nostro report […] svela i contorni di un sistema che confina più che accogliere, seleziona più che proteggere. Un sistema che il governo italiano ha inteso esportare anche in Albania aggravando le criticità. L’hotspot di Porto Empedocle, nelle sue dinamiche di trattenimento e trasferimento, aggiunge un ulteriore tassello al mosaico di violenza istituzionale che caratterizza l’approccio hotspot. La gestione emergenziale dei flussi migratori punta alla velocità: screening lampo, informative compresse e trasferimenti rapidi. Ma a che prezzo? Le esigenze individuali vengono ignorate, i diritti sacrificati, e le vulnerabilità abbandonate. Un sistema che “brucia le tappe” finisce per bruciare anche la dignità di chi ne rimane intrappolato.”, scrive l’Asgi.
I richiedenti asilo tornati in Italia (a Bari) dall’Albania in seguito alla non convalida di trattenimento da parte della Corte di Appello, hanno presentato ricorso al diniego di protezione internazionale.
“Hanno depositato il ricorso contro il diniego della richiesta di protezione internazionale i 43 migranti riportati in Italia sabato scorso dall’Albania e giunti nel porto di Bari. Si tratta della restante parte di richiedenti asilo dopo che già una ventina di persone del grrppo, composto da persone originarie dell’Egitto e del Bangladesh, aveva già avanzato opposizione nei giorni scorsi. I ricorsi, riguardanti la decisione dei giudici della Corte d’Appello di Roma di non convalidare il loro trattenimento nel centro di Gjader, sono stati presentati al Tribunale di Roma”, si legge su Bari Today. E ancora: “presi e trasportati come pacchi in giro per il Mediterraneo. È la storia di molti dei 49 migranti finiti – per poche ore anche questa volta – in Albania la scorsa settimana in esecuzione del progetto-bandiera del governo Meloni […]”, scrive il giornalista Simone Disegni su Open, che ha intervistato lo storico e ora deputato Pd Toni Ricciardi, il quale a sua volta ha parlato con le persone deportate in Albania, mentre si trovava a Shengjin.
“Nessuno di loro sapeva alcunché del progetto Albania, dunque la narrazione secondo cui questo sarebbe un deterrente alle partenze non sta in piedi, argomenta Ricciardi. Ma c’è di più: nessuno di loro voleva proprio imbarcarsi verso l’Italia o l’Europa. Il loro progetto di vita era diverso, e la beffa più amara è che si era già realizzato, prima che tutto andasse perduto. La maggior parte dei migranti con cui abbiamo parlato provengono dal Bangladesh. Loro progettavano di andare a lavorare in Libia. Ed è quello che hanno fatto, arrivandoci con volo regolare via Dubai […]. Lì i migranti avevano trovato effettivamente lavori, anche dignitosamente retribuiti: come imbianchini, muratori o altro. È qui però che, anche nelle loro vite, si è disvelato il terribile “lato oscuro” della Libia. Da un giorno all’altro improvvisamente sono stati prelevati dalla “polizia libica”.
Foto via Twitter/Tg3