“Accogliere: la vera emergenza”. Il titolo del rapporto di LasciateCIEntrare dice già tutto. Una relazione dettagliata dello stato della (mala)gestione, dell’opacità e del cattivo funzionamento dei Centri di identificazione ed espulsione sparsi sul territorio nazionale. Una mappa di un fallimento nascosto dietro l’etichetta di comodo dell’emergenza. Il sistema italiano dell’accoglienza che è rotto, e non da oggi. Lo racconta, certo, la vicenda di “Mafia capitale”, ma lo raccontano anche le decine di violazioni dei diritti denunciate in questi anni.
La campagna LasciateCIEntrare in meno di dodici mesi ha visitato circa un centinaio di centri sparsi sul territorio italiano. Quelli per gli irregolari e quelli per i rifugiati, quelli nati per gestire un’“emergenza” e i piccoli centri organizzati dagli enti locali. Decine e decine di visite, molte delle quali insieme a delegazioni di parlamentari, compongono un ritratto nel complesso desolante e fallimentare della macchina dell’accoglienza e della detenzione amministrativa.
Nata nel 2011 per contrastare una circolare del ministero dell’Interno che vietava l’ingresso della stampa nei Cie e nei Cara [per le definizioni, vedi le voci del Glossario di Open Migration], la campagna è riuscita a ottenerne l’abrogazione. Malgrado questo risultato, entrare nei centri e ottenere informazioni è tutt’altro che facile ancora oggi come testimonia il dossier.
A scorrere l’elenco si nota la distribuzione geografica – molta Sicilia e molta Campania – e soprattutto la diversità dei luoghi utilizzati per la detenzione e l’accoglienza dei migranti. Ci sono i nomi più noti dei grandi Cara di Mineo, di Gradisca d’Isonzo e il Cie di Ponte Galeria, ma anche il Cas “Pizzeria da Mario” a Campagna in provincia di Salerno, o gli hotel “Sabbia d’argento” e “Garden Rose” oppure la palestra di Gravitelli (Messina) che “ospita” minori stranieri.
Chi sono gli inquilini dei centri, da dove provengono, quali frontiere hanno attraversato. E poi le condizioni in cui vivono igieniche e sanitarie, il cibo, ecc. Il dossier è come un diario nel quale annotare il mondo e il tempo sospesi per migliaia di migranti e rifugiati dentro i Cie, Cara e Cas.
I numeri
Nel complesso, i migranti ospitati nelle strutture italiane sono quasi 100mila (98.632). I richiedenti asilo distribuiti nei Cas sono 70.918, ossia il 72% delle presenze complessive.
Non è facile orientarsi nella galassia di sigle che caratterizzano l’accoglienza in Italia. I Cas (centri di accoglienza straordinaria a gestione anche privata) presenti in Italia sono 3090 (554 nella sola Lombardia) mentre i Cara governativi sono 13 e ospitano circa 7300 richiedenti asilo. Secondo i numeri del ministero dell’Interno, a ottobre 2015 erano attivi in Italia 7 centri di identificazione ed espulsione (Cie).
I progetti Sprar gestiti dagli enti locali erano 430 (un quarto nel Lazio) nel 2014 e raccoglievano quasi 22mila migranti.
I costi dell’accoglienza: un miliardo 162 milioni di euro, pari allo 0,14% della spesa pubblica nazionale. In particolare, 918,5 milioni sono destinati ai Cas e ai Cara e 242,5 milioni a centri Sprar.
Le speranze tradite del 2015
Negli ultimi mesi del 2015 ci sono stati entusiasmi e rapide retromarce intorno alle riforme da fare per l’accoglienza dei migranti. Recentemente sembrava fatta per l’abolizione del reato di clandestinità, poi in poche ore lo stop e il rinvio sine die che non si spiega se non con una strategia politica di conservazione. «Questi anni hanno dimostrato che i Cie non servono a ridurre il numero di migranti irregolari in arrivo nel nostro paese. Non credo – dice Gabriella Guido portavoce di LasciateCIEntrare – che la cancellazione del reato di clandestinità si sia arenata per le dimensioni del flusso di migranti arrivato in Italia nel 2015. Gli ingressi e le richieste d’asilo nel nostro paese sono molto contenuti rispetto a quelli della Grecia o della Germania ma anche dell’Ungheria. Piuttosto dietro lo stop alla riforma c’è l’idea che l’opinione pubblica sia impaurita e che cancellare quella norma aumenti l’insicurezza e, quindi, faccia perdere consenso alla maggioranza che dovrebbe eliminarlo».
Pure l’introduzione di hotspot e hub – così come è stata immaginata mesi fa – per snellire le procedure, accelerare soluzioni ed evitare detenzioni prolungate dei migranti, non sembra viaggiare spedita. «Mettere a regime il sistema degli hotspot – prosegue Guido – per come è stato immaginato è molto difficile. In fondo, un mondo nel quale ha avuto un ruolo così importante “Mafia Capitale” non funziona e non è facile da trasformare. Se i centri di accoglienza non erano trasparenti e non sono stati mai controllati in questi anni è anche perché non c’è stato interesse a farli funzionare. Il tempo passa e la macchina non cammina». E come sta emergendo proprio in questi giorni in Grecia, o si privilegia la rapidità di espulsione dei migranti oppure la legalità della procedura.
Per non parlare della relocation dei rifugiati dall’Italia e dalla Grecia verso altri paesi europei, ferma a meno di mille partenze sulle 160mila previste dall’accordo del settembre 2015.
Un nodo fondamentale è quello dei rifugiati in viaggio verso l’Europa ora. Con l’accordo tra Turchia e Ue la situazione cambierà molto sul fronte dei diritti. Respingimenti di massa, identificazioni sommarie, ritorno in un paese che non riconosce ai non europei il diritto d’asilo. E le cose cambieranno anche in Italia. È probabile che una parte del flusso che transitava sulla rotta balcanica si sposterà verso il Nord Africa per approdare a Lampedusa. Con un impatto aumentato anche rispetto al non facile recente passato. Tutto il sistema dell’identificazione e dell’espulsione dei migranti ne sarà stravolto anche rispetto a quello che racconta LasciateCIEntrare con il suo rapporto.
Twitter: @alessandrolanni