Nel 2015 il record di arrivi in Italia di migranti e rifugiati è detenuto da cittadini eritrei. Un numero che l’Unhcr stima attorno ai 40mila, cifra pressoché analoga agli arrivi nel 2014.
Perché gli eritrei scappano dal loro paese anche se oggi non c’è una guerra?
Perché nel piccolo paese del Corno d’Africa c’è una dittatura che rientra alla perfezione nella definizione standard. Il rapporto 2015 di Freedom House inserisce l’Eritrea tra i 12 peggiori paesi al mondo (“Worst of the worst” in compagnia, per esempio, di Arabia Saudita e Corea del Nord) per quel che riguarda diritti e libertà civili e politiche.
Ad Asmara c’è un presidente in carica da 22 anni (Isaias Afewerki è al potere dal 1993); non esiste stampa libera (l’ultimo giornale non governativo è stata chiuso nel 2001 e i giornalisti imprigionati); è impossibile avere visti per lasciare il paese legalmente e con 17 in prigione, l’Eritrea ha il record dell’Africa sud-sahariana per quel che riguarda il numero di giornalisti in carcere. Internet in pratica non esiste – solo l’1% della popolazione è on line – e le linee di connessione della EriTel, provider unico, utilizzano gateway controllati dal governo.
In occasione delle vicende del centro d’accoglienza Baobab di Roma, si è tornato a parlare del “caso Eritrea” a cui i media italiani raramente si interessano.
Qui di seguito abbiamo messo in fila cinque aspetti significativi che descrivono il viaggio e le ragioni della diaspora di un popolo che non gode di buona stampa e che fa fatica a trovar casa in Europa.
1. Eritrei, record di arrivi in Italia ma pochissime richieste d’asilo
Un dato che colpisce molto – e che trova una spiegazione anche nel Regolamento di Dublino – è la differenza tra arrivi e richieste d’asilo presentate nel nostro paese. Secondo stime attendibili, circa 4/5000 eritrei lasciano il paese ogni mese per fuggire in Europa.
Quasi un eritreo su cento formula la richiesta una volta arrivato in Italia.
2. Quando l’Eritrea era una colonia
La storia delle migrazioni eritree in Italia non è recente. La prima ondata risale ai primi anni ’60, quando il legame con il nostro paese affondava ancora le radici nel passato coloniale di Asmara. Poi con le guerre contro l’Etiopia – culminate con l’indipendenza eritrea nel 1991 – e il nuovo conflitto con Addis Abeba del 1998 (con circa 100mila morti), ai migranti economici si affianca il flusso di chi fugge dalla guerra. Una diaspora pre e una post Afewerki, la prima caratterizzata dalla contrapposizione politica l’altra quella dei giovani in fuga dal regime attuale, post ideologica che fugge soprattutto dalle “catene” del servizio militare obbligatorio e permanente.
3. 30mila richieste d’asilo in Europa
Se l’Italia è solo un paese di transito per i nuovi migranti eritrei, i veri paesi di destinazione sono – osservando il numero di richieste d’asilo presentate – Germania, Olanda, Svezia, ma soprattutto la Svizzera, dove al 31 ottobre la protezione internazionale è stata richiesta da 9520 cittadini eritrei. Nel 2014, la maggior parte degli eritrei cercava asilo in Germania (13255 le domande presentate pari al 36% nell’Unione Europea).
4. La fuga dalla leva
La maggior parte dei giovani eritrei che attraversano il Mediterraneo lo fanno per sfuggire al servizio militare obbligatorio, istituito nel 1995 e portato di recente a 18 mesi. Tuttavia, secondo Amnesty International, «un’elevata proporzione di coscritti lo svolge a tempo indeterminato. Non esiste alcuna norma che consenta lo svolgimento di un servizio civile alternativo per chi obietta al servizio militare per motivi religiosi, etici o di coscienza». Sono circa 27mila i richiedenti asilo eritrei compresi tra 18 e 34 anni arrivati in Europa nel 2015. In un lungo reportage da Asmara, il Guardian prova a gettare luce sul “mistero” della fuga dei giovani eritrei.
5. Londra e Copenhagen dicono no alle richieste di asilo
Circa un anno fa Danimarca e poi Regno Unito hanno ritenuto che la situazione in Eritrea fosse migliorata e fossero venute meno molte delle ragioni per fuggire, come appunto la riduzione del tempo di leva obbligatorio. Così i due paesi hanno iniziato a riconoscere agli eritrei una percentuale di asilo molto più bassa rispetto alla media degli altri paesi Ue.
Twitter: @alessandrolanni