Infermieri, psicologi, insegnanti d’italiano. Figure chiave per il presente e soprattutto il futuro dei richiedenti asilo presenti sul territorio. Ruoli in grado di favorire il processo d’integrazione di chi si costruirà una vita sulle rive del lago (come ovunque nel nostro paese). Così è stato fino a qualche mese fa, prima del decreto sicurezza, arrivato a dare una spallata a tutto questo. E gli effetti hanno cominciato a vedersi.
Il caso emblematico è il centro d’accoglienza di Prestino, un quartiere di Como: tredici operatori e nove collaboratori a rischio posto di lavoro. Le prime figure a sparire? Proprio quelle dell’infermiere, dello psicologo e dell’insegnante d’italiano. “Il Cas svolge un’eccellente attività sul versante dell’educazione – sottolinea Matteo Mandressi, componente di segreteria della Cgil provinciale, con delega all’immigrazione. Il governo lavora proprio per negare l’inclusione sottraendo quelle figure in grado di favorire l’integrazione nella società. In un colpo solo si lasciano le persone senza un impiego e si sbattono in strada i richiedenti asilo, estremizzando da una parte la questione immigrazione e scaricando sulla società tensioni e costi. I primi a essere colpiti, infatti, sono gli addetti comaschi, il cui numero rischia di scendere in maniera importante a causa delle nuove cifre stanziate dal provvedimento del governo”.
La cooperativa Medihospes che gestisce la struttura ha aperto una procedura di licenziamento collettivo a livello nazionale: con l’abbassamento da 37,19 euro a 23 euro della quota stabilita per richiedente asilo, delle 312 ore settimanali spalmate sui nove operatori lariani (di cui sei a tempo pieno), ne restano previste 168. Secondo le regole del decreto Salvini sui capitolati, se gli ospiti dovessero scendere sotto i cinquanta, il monte ore si dimezzerebbe ulteriormente. La situazione dei mediatori culturali è ancora più delicata: oggi due persone si dividono 44 settimanali ore che, in futuro, diventeranno 12. Al momento, il centro ospita 65 richiedenti asilo e, fino al 31 dicembre (con diverse proroghe), è stato gestito dal Comune tramite Medihospes. Ora, con assegnazione diretta, il testimone è passato alla Prefettura che dovrà comunque rispettare le cifre e i nuovi parametri del ministero, con le relative conseguenze.
Incertazza sul futuro
Nel mondo comasco dell’accoglienza si respira dunque un clima di tensione e incertezza amplificato dalla mancata pubblicazione – fino ad ora – dei bandi per l’accoglienza da parte della stessa Prefettura, a fronte di convenzioni ormai scadute. Non è ancora dunque possibile avere un’idea precisa di quali saranno le cifre messe a disposizione e, soprattutto, quali saranno le richieste e i criteri dell’accoglienza. È immaginabile che vadano a ricalcare quanto stabilito dai capitolati del ministero dell’interno che vanno nella direzione opposta rispetto a una salvaguardia e valorizzazione delle realtà di accoglienza diffusa presenti sul territorio.
Realtà come la Cooperativa Symploké, nata su impulso della Caritas di Como e attualmente impegnata nell’accoglienza di circa 120 richiedenti asilo in piccole strutture presenti in diversi comuni della provincia di Como.
“Chi ha sviluppato l’attività dei Cas, in Italia, – spiega il presidente della Cooperativa Stefano Sosio – lo ha fatto ispirandosi a modelli di accoglienza differenti. La mia organizzazione e molte altre realtà locali hanno sviluppato un modello di accoglienza diffusa, fortemente tesa all’integrazione, imperniata sui piccoli numeri e sul dialogo con il territorio, sulla collaborazione con la cittadinanza, tesa alla qualità del servizio erogato e all’eticità del messaggio trasmesso. E il messaggio è più o meno questo: si può accogliere con misura, competenza e in dialogo costante con la comunità. Per fare ciò bisogna individuare, assumere e mettere all’opera professionalità specializzate e motivate”.
Impegno portato avanti con dedizione da realtà che rischiano ora di essere messe seriamente in crisi con conseguenze sui percorsi già avviati dai migranti presenti sul territorio. Lo stesso Sosio non nasconde la preoccupazione soprattutto pensando alle storie delle persone accolte nelle case di Symploké. “I prossimi bandi per l’accoglienza taglieranno proprio quelle parti di servizio che riguardavano la qualità, intesa come attenzione alla persona accolta e alla comunità, e che permettevano di offrire servizi favorenti l’integrazione (dalla scuola d’italiano, alle attività socialmente utili e di volontariato, all’accompagnamento nella ricerca del lavoro). Come potremo garantirli, almeno per loro? Non potremo farlo a lungo. Se si reputa che i famosi 35 euro siano troppi, razionalizzare le spese non è un male anzi. Ma all’aumento dei controlli deve corrispondere un riconoscimento della bontà del lavoro. A fronte di rendicontazioni documentate, i pagamenti non possono avere ritardi anche di dieci mesi, mentre il contratto firmato prevede altri termini. E, soprattutto, il taglio non può essere sproporzionato e incidere sui capitoli di spesa che premiavano la qualità”.
Nel futuro, si ridurranno anche le ore di informazione normativa, ovvero l’accompagnamento legale delle persone accolte (spesso uno degli ostacoli più difficili da affrontare). Secondo un’ipotesi elaborata da Symplokè, in una struttura con un range da 51 a 150 ospiti, le ore settimanali sarebbero sei. In pratica, nulla.
“In questi due ultimi mesi la nostra attività è aumentata. In un pomeriggio, sono arrivate allo sportello cinquanta persone. Sono tantissime – racconta l’avvocato Antonio Lamarucciola, presidente dell’Osservatorio Giuridico per i diritti dei migranti nato a Como sulla scia dell’emergenza dell’estate 2016. I sindacati – continua Lamarucciola – non riescono a coprire tutta l’esigenza e quindi il nostro presidio volontario sta diventando ancora più fondamentale. Purtroppo le nuove norme del decreto sicurezza creano più distanza fra i richiedenti asilo e la società: diminuire l’informativa legale va in questa direzione. Infine, si va a colpire l’accoglienza diffusa, quella che funziona meglio”.
Le preoccupazioni di una città di frontiera
Una previsione degli effetti del decreto Salvini in provincia di Como rivela come, considerando una presenza di circa 1.500 richiedenti asilo presenti sul territorio, nel medio periodo potrebbero uscire dall’accoglienza circa 250 persone, 400 se si considera tutta la provincia. E molti di questi rischiano di finire in strada.
Dal 2014 al 2017, a livello locale, ma il dato delle commissioni di Milano e Monza Brianza è in linea con il dato nazionale, sulle domande di protezione internazionale presentate, nel 25 per cento dei casi è stata concessa quella umanitaria: la decisione di abolirla, incrementerà il numero di possibili irregolari che andranno ad aggiungersi alla schiera dei circa duecento senza dimora già presenti a Como, mentre il flusso di migranti che cercando di varcare il confine verso la Svizzera, passando per la città, seppur non lontanamente paragonabile ai numeri del 2016, continua: i dati diffusi da Berna parlano di circa 700 tentativi d’ingresso illegali in Ticino.
Cresce così la preoccupazione in città, tra le realtà che si occupano di grave marginalità, per quello che potrebbe accadere con l’arrivo della primavera e la progressiva chiusura dei servizi notturni per senza dimora attivati durante il periodo invernale.
Il riferimento è in particolare al dormitorio gestito dalla rete “Vicini di strada”, con una capienza di circa 45 posti, e l’adiacente tensostruttura da 51 posti predisposta dalla Caritas diocesana e gestita in collaborazione con l’associazione Como Accoglie. Uno spazio nato nel dicembre 2017 proprio per far fronte all’aumento dei flussi alla frontiera tra Italia e Svizzera. Se guardiamo ai due dormitori stiamo parlando attualmente di un totale di circa cento persone, tra senza dimora da tempo presenti sul territorio, migranti in transito e persone uscite dai Cas che si ritroveranno senza un posto dove trascorrere la notte.
“I numeri sono in crescita e sia la tensostruttura che il dormitorio sono sempre pieni – racconta Roberto Ciriminna, coordinatore dell’attività della tensostruttura. Ogni notte abbiamo tra le sei e le dieci persone in esubero rispetto alla capienza ma, grazie alla disponibilità di una parrocchia cittadina, nessuno passa la notte al freddo”. Questo non basta però ad eliminare la preoccupazione per quanto potrà avvenire nei prossimi mesi. “Se guardo alle persone che arrivano ogni sera – conclude – abbiamo un 70 per cento di migranti ormai stanziali sul territorio e si tratta soprattutto di migranti usciti dai Cas, alcuni con il permesso di soggiorno in regola, altri irregolari. Poi c’è un trenta per cento di transitanti, tra loro è in crescita anche il numero dei ‘dublinati’ ovvero migranti riammessi in Italia dai Paesi del nord Europa, Germania in testa”.
Quale sarà il loro destino, ad oggi, a Como nessuno lo sa.
Immagine di copertina: le tende di via Sirtori fino al 31 marzo saranno accolti i migranti per la-notte (foto di Michele Luppi, come tutte quelle presenti nell’articolo)