La sabbia sotto gli stivali è in granelli finissimi. Sprofonderemmo, se non avesse la consistenza del ghiaccio. I nostri passi spezzano appena la lastra dorata mentre ci dirigiamo verso un punto preciso della lunga spiaggia di Calais: “Laggiù ho visto una barca qualche giorno fa,” dice Julien indicando una costruzione abbandonata.
Attivista per i diritti dei migranti, Julien conosce la loro situazione da vicino. Stava facendo una passeggiata quando ha trovato un gommone abbandonato accanto al vecchio bunker della Seconda Guerra Mondiale. “Non aveva il motore e il fianco era tagliato, forse per impedire di riprovarci.” Julien nota una scarpa da ginnastica sulla sabbia, secondo lui lasciata da qualcuno in fuga. Quando arriviamo la barca non c’è più, ma bisogna immaginarla simile a quella nella foto che un ragazzo iraniano di ventidue anni conserva ancora sul suo cellulare. Si chiama Sepehr, ha studiato legge, ma ha dovuto lasciare il suo paese perché una sera qualcuno ha sparato alla sua auto e non si sentiva più al sicuro. Dopo cinque mesi di viaggio sperando di arrivare nel Regno Unito, ha pagato 1.000 euro ed è salito su un gommone insieme ad altre 10 persone intenzionate ad attraversare la Manica così. Era al suo quinto tentativo e non ci è riuscito neppure quella volta perché, poco dopo, il gommone si è ribaltato.
L’anno scorso ha visto un notevole aumento nel numero di persone che hanno cercato di attraversare il canale che separa l’Europa continentale dalla Gran Bretagna via mare. Quello che era un metodo rarissimo si è trasformato in un fenomeno sempre più diffuso.
Secondo l’Home Office, che aveva inizialmente rifiutato di rilasciare i dati, 539 migranti hanno provato a giungere nel Regno Unito su piccole imbarcazioni nel 2018. Di questi, circa 434 persone (l’80 per cento) lo hanno fatto negli ultimi tre mesi dell’anno e 82 persone soltanto nei giorni dal 24 al 27 dicembre. Il 42 per cento del totale (227 persone) è stato intercettato in Francia prima di riuscirci.
Viaggiano a bordo di imbarcazioni a volte piccolissime, persino canoe, come quelle su cui si trovavano 40 persone provenienti da Iraq, Iran e Afghanistan soccorse il giorno di Natale.
Reuters riporta che un gruppo di migranti può associarsi per comprare un gommone e un motore per circa 5.000 euro su siti come Le Bon Coin, la versione locale di EBay. Per attraversare il confine bisogna avere la rete di contatti giusta e molto denaro a disposizione, oppure accettare di lavorare per i trafficanti e guadagnarsi un passaggio in cambio.
“Si tratta soprattutto di iraniani,” dice Julien. Lo confermano gli stessi migranti, alcuni dei quali si sono sistemati in una quarantina di tende su un terreno in Chemin du Pont Trouille a Calais. “Sono gli iraniani che vanno in barca,” dicono tre ragazzi di origine africana riuniti intorno a un falò per scaldarsi. Il campo improvvisato è diviso in capannelli per paesi di provenienza e, in fin dei conti, lunghezza del viaggio che ci si porta sulle spalle.
Secondo l’Agenzia ONU per rifugiati (UNHCR), da settembre 2017 a settembre 2018, l’Iran è stato anche il primo paese di provenienze dei richiedenti di asilo nel Regno Unito (2.654), seguito da Iraq (2.536), Pakistan (2.188), Sudan (1.917) e Albania (1.695).
Chris Hogben, capo della task force per l’immigrazione (in codice ‘progetto Invigor’) guidata dalla National Crime Agency, è convinto che complici siano le difficoltà economiche in Iran – dove le condizioni sono tali che gli immigrati afghani stanno tornando nel loro paese. Il rinnovo delle sanzioni da parte degli Stati Uniti ha ulteriormente peggiorato la situazione, indebolendo la capacità contenitiva dei confini e creando l’ondata di nuovi rifugiati che il presidente iraniano Hassan Rouhani aveva del resto già predetto.
A ciò va aggiunto che nell’agosto 2017 il governo serbo ha iniziato a consentire ai cittadini iraniani di entrare liberamente. Prima che la l’obbligo di visto venisse ripristinato a ottobre sotto pressione dell’Unione Europea, circa 15.000 iraniani hanno approfittato del nuovo sistema e molti di loro l’hanno usato per trasferirsi a lungo termine in Europa.
Infine, la posizione del Regno Unito nei confronti dell’Iran prevede una politica di non ritorno a causa della scarsa reputazione dei diritti umani del paese. Hogben ha affermato che le persone non devono nemmeno essere portate clandestinamente fino al Regno Unito: tutto quello che devono fare è entrare nelle acque britanniche e richiedere l’aiuto dalla Border Force o dalle forze dell’ordine.
“Cercare di attraversare la Manica in questo modo è molto pericoloso,” ha detto Hogben in un comunicato a fine anno. “Sappiamo che ci sono criminali con una totale mancanza di rispetto per la vita umana coinvolti nell’organizzazione di molti [passaggi], però è anche chiaro che alcuni sono stati opportunistici e preparati dagli stessi migranti senza l’assistenza della criminalità organizzata.”
Il mare nel canale è gelido e chi cade in acqua ha al massimo quaranta di minuti per salvarsi prima dell’ipotermia, ammesso che sappia nuotare. Oltre al vento e alle correnti oceaniche, il tratto fra Calais e Dover è particolarmente pericoloso per via del traffico intenso. Collocato su un punto decisivo che connette il mar Baltico e il mare del Nord, è la parte più stretta della Manica e ha una larghezza di 30-40 chilometri e una profondità massima di 55 metri: si può vedere la sponda opposta a occhio nudo in un giorno di sole. La maggior parte del traffico marittimo fra l’oceano Atlantico e il nord Europa passa da lì, il che rende la sicurezza una questione prioritaria per le guardie costiere che devono anche monitorare il passaggio dei traghetti. Non a caso lo stretto di Dover è nel Guinness dei primati per essere il più trafficato del mondo con 600 imbarcazioni al giorno che lo attraversano.
Ora la polizia francese ispeziona le spiagge intorno al porto ogni notte, in cerca di migranti pronti a prendere il largo.
Ma fattori esterni, come le temperature sempre più basse, la ripetuta violenza della polizia francese e in parte lo spauracchio di Brexit usato dai trafficanti, stanno portando le persone a uno stato di disperazione preoccupante. “La volontà di fare queste traversate viene da un ambiente in cui le persone non sono più nelle condizioni mentali per prendere decisioni riguardo alle loro vite,” dice Maddy Allen, a capo dell’associazione Help Refugees nel nord della Francia. “Non c’è tanto un pull factor dal Regno Unito quanto un push factor dalla Francia”.
“Il mito del Regno Unito dove poter avere una vita più facile e un lavoro è stato pompato, i migranti sanno che non è vero e che vige invece un sistema molto ostile,” aggiunge. “Comunque aspirano ad arrivare lì dove hanno qualche conoscenza e parlano inglese.” Allen non crede che i tentativi di attraversare il confine via mare siano del tutto inaspettati: “Senza averlo assolutamente mai incoraggiato, ci siamo sorpresi che nessuno provasse dal momento che alcune persone hanno attraversato l’intero Mediterraneo per arrivare fin qui.”
Per quanto l’attenzione generale sia tornata a concentrarsi su Calais a cavallo di Natale proprio per i nuovi sbarchi, questi sono soltanto un’eccezione rispetto ai continui tentativi di raggiungere la costa inglese diversamente. Più spesso si cercano passaggi coi camion o le auto attraverso il tunnel, come è sempre stato: “Mentre questi tentativi [via mare] sono di alto profilo e ad alto rischio, la minaccia più grande posta dai criminali organizzati che cercano di trafficare le persone nel Regno Unito rimane […] attraverso i veicoli commerciali pesanti piuttosto che attraverso l’uso di piccole navi marittime,” ha detto Hogben.
Eppure il 28 dicembre il segretario di stato per gli affari interni britannico Sajid Javid ha dichiarato “un grave incidente” il numero crescente di piccole imbarcazioni nella Manica e chiesto una chiamata urgente con la sua controparte francese. “C’è il timore che sia solo questione di tempo prima che le persone perdano la vita,” ha detto l’Home Office. Javid è stato quindi nominato “comandante d’oro”, per cui avrà ha la responsabilità ultima per la gestione e l’esito della strategia sul canale.
Il 24 gennaio il Regno Unito ha iniziato a respingere i migranti che attraversano la Manica nel tentativo di scoraggiare tentativi futuri. Javid ha annunciato la mossa come parte del “piano d’azione congiunto di Regno Unito e Francia sulla lotta all’immigrazione clandestina che coinvolge le piccole imbarcazioni nella Manica”, un accordo che vedrà il Regno Unito pagare £6 milioni per attrezzature di sicurezza tra cui droni e videocamere di sorveglianza lungo la costa francese.
Nel documento non c’è nessun riferimento alle spese per il miglioramento dell’accoglienza. Chi tenta di passare e viene fermato, incorre in un periodo di detenzione fino a 28 giorni. Ma “se in qualche modo riesci ad approdare, ce la metteremo tutta per assicurarci che tu non abbia successo perché abbiamo bisogno di spezzare quel legame e spezzarlo significa che possiamo salvare più vite,” Javid ha detto durante una visita a Dover altamente criticata.
Intanto, a fine gennaio il prefetto di Pas-de-Calais Fabien Sudry ha chiesto la costruzione di un muro anti-intrusione alto tre metri attorno alla stazione di servizio Total nella zona di Marcel-Doret, dove ogni giorno i migranti cercano regolarmente di irrompere nei camion parcheggiati. L’obiettivo del prefetto è chiaro: prevenire e scoraggiare le intrusioni.
La tensione di questi giorni nasce probabilmente dal dibattito intorno agli attraversamenti via mare, esasperato per ragioni strategiche. Allen crede che usare i migranti come parte dell’agenda politica, soprattutto quando si tratta di Brexit, sia moralmente inaccettabile e irresponsabile: “La diatriba nata da un numero ridotto di persone che hanno cercato di attraversare la Manica nei giorni di Natale e l’atto di rimandarle indietro sono uno show e una dimostrazione di forza per i media.”
Al momento ci sono circa 1.200 migranti fermi nel nord della Francia. Il numero comunque fluttua in continuazione, in seguito a nuovi arrivi da Parigi e agli sgombri imposti delle autorità: alcuni mesi fa erano quasi 2.000 le persone solamente a Dunkerque, fino a che una serie di evacuazioni ha fatto precipitare la popolazione. Molti sono andati in Belgio o altrove lungo la costa. “È difficile contare le presenze, ma abbiamo un’idea abbastanza accurata dalle distribuzioni [di pasti] che facciamo,” dice Allen. “Circa 150 sono minori non accompagnati, 100 a Dunkerque e 55-60 a Calais, che dormono all’aperto e non godono di un sistema di protezione statale. Le donne sono una minoranza. Una ventina di famiglie con bambini piccoli e le loro madri sono a Dunkerque, mentre a Calais il 95% sono uomini o ragazzi soli. E abbiamo contato 28 nazionalità diverse, più che ai tempi della Giungla. Leggendo i giornali sembra siano tutti iraniani ma non è affatto vero.”
L’unico rifugio fisso al coperto a Calais è quello gestito da Secours catholique della Caritas, e soltanto da mezzogiorno alle cinque del pomeriggio. Saltuariamente, quando le temperature scendono, tutti i senzatetto possono stare al riparo in un centro di accoglienza statale che ha 350 posti liberi per adulti e 85 per bambini (però non sempre viene usato perché difficile da raggiungere a piedi e per via dei conflitti tra comunità diverse). A Dunkerque, per l’inverno, è tornata a disposizione la palestra Espace Jeunes du Moulin di Grande-Synthe.
Lo scorso 28 gennaio Help Refugees, insieme ad altre otto associazioni presenti sul territorio, ha scritto una lettera a Sajid Javid e all’Home Office in risposta alla decisione sui respingimenti: “Gli attraversamenti via mare sono un sintomo della disperazione, delle condizioni insostenibili e della mancanza di vie sicure ed efficaci per chiedere asilo affrontato dagli sfollati nel nord della Francia. Finché non verranno affrontate queste cause profonde, i richiedenti asilo continueranno a compiere viaggi pericolosi nel loro tentativo di cercare ospitalità nel Regno Unito.” Il finale è un appello: “In breve, il vostro approccio sceglie di ignorare non solo la legge internazionale, ma anche il più ampio contesto europeo e le circostanze individuali dei richiedenti asilo. Vi incoraggiamo a entrare in dialogo con noi su questi argomenti.”
L’associazione teatrale Good Chance Theatre ha invitato il segretario di stato e il suo staff a una performance speciale dello spettacolo The Jungle con l’hashtag #startaconversation per mostrare perché le persone cercano asilo, quali sono le condizioni a Calais, cosa le porta a rischiare la vita per spostarsi.
Una notte a fine gennaio, due amici di Sepehr sono riusciti ad arrivare a Dover in barca. Mentre loro faranno richiesta di asilo nel Regno Unito il prima possibile, Sepehr è disposto a spendere altri 7.000 euro per riprovare a raggiungerli chiuso nel comparto frigo di un camion che trasporta frutta insieme ad altre 14 persone.
Attesa e sforzi vani possono proseguire molto a lungo per chi non può contare sulle stesse risorse. Un ragazzo dal Burkina Faso è in giro dal 2008. Sono passati ormai quasi 11 anni e dorme su un prato a Calais.
“Voi [europei] viaggiate con il passaporto,” dice ridendo un uomo più anziano che dopo decine di tentati passaggi tuttora sta in una tenda accanto a quella di Sepehr. “Noi viaggiamo nascosti in auto, camion, treni, barche, a piedi, con la mafia. Proveremo persino in mongolfiera se occorre!”
Immagine di copertina: Calais, Chemin du Pont Trouille – le tende, portate dai volontari, vengono regolarmente danneggiate o sequestrate dalla polizia nel tentativo di scoraggiare gli accampamenti (foto di Emanuela Barbiroglio come tutte quelle presenti nell’articolo)