La famosa e celebrata longevità dei governi britannici è divenuta, dal 2016 in poi, dopo le dimissioni di David Cameron, una memoria del passato; con le dimissioni di Theresa May, Boris Johnson e Liz Truss, membri e parlamentari del Partito Conservatore hanno eletto Rishi Sunak alla guida del Paese, con la prospettiva di condurre il partito, al governo dal 2010, alle elezioni del 2024.
Sunak ha riproposto alla guida dell’Home Office, il Ministero dell’Interno, Suella Braverman, pochi giorni dopo le dimissioni della ministra dal medesimo ruolo nel Governo Truss; in questa scelta politica si può denotare il debito che Sunak ha contratto con la destra dei Conservatori, che aveva sostenuto in maggioranza Truss nelle precedenti primarie.
Il Premier Sunak ha quindi lasciato carta bianca a Suella Braverman, la stessa che nel corso della conferenza dei Conservatori aveva dichiarato che vedere sulle prime pagine dei giornali, prima di Natale, la notizia di un volo che deportava richiedenti asilo verso il Rwanda rappresentava il suo sogno e la sua ossessione.
La morte di un migrante il 12 novembre nel centro di detenzione di Manston, dopo esser arrivato su una imbarcazione che ha attraversato la Manica, ha riacceso l’attenzione sulla ministra.
Nella deposizione della Braverman presso il comitato per il Ministero degli Interni, dopo la morte nel centro di Manston, si denota la mancanza di preparazione su tematiche basilari, quali il funzionamento del sistema di asilo britannico. Una tale impreparazione inquadra bene come Braverman e figure affini in Europa e altrove non conoscono i sistemi che si trovano a gestire, mentre si limitano a implementare politiche crudeli.
Quelle deportazioni tanto agognate dalla ministra non sono ancora partite, anche grazie alla pressione di organizzazioni per i diritti umani, ma quanto è ostile oggi l’hostile environment (l’ambiente ostile verso migranti, rifugiati e richiedenti asilo, definizione coniata da Theresa May nel suo ruolo di ministra dell’ Interno) nel Regno Unito guidato da Rishi Sunak?
La continuità nelle politiche ostili del Governo Sunak e la discussione generalista
Braverman si muove nel solco della Patel , riuscendo tuttavia addirittura a peggiorare una retorica anti-migratoria ben nota come quella della ex ministra.
Tuttavia questa retorica non appartiene solo alle cerchie interne dei Tories.
“Il primo elemento che viene in mente è che vediamo questa retorica non solo nel governo, ma anche nell’opposizione. Quella retorica che una volta era esclusiva di Nigel Farage e dello UKIP quando si parla di migranti e rifugiati ha finito per entrare nel discorso generalista. In una intervista su Sky News la cancelliera del Governo Ombra (la laburista Rachel Reeves), nel modo in cui parlava di migranti, rifugiati e richiedenti asilo, ricordava molto il modo in cui ne parlava Nigel Farage nel 2015” spiega Julia Tynsley-Kent, Policy Manager presso Migrants Rights Network.
“Si parla di mandare indietro la gente da dove è venuta, e dalla mia prospettiva, questo dibattito si è spostato molto a destra e questo tipo di retorica giustifica poi alcuni dei trattamenti che vediamo nei confronti di richiedenti asilo e migranti ora. Non c’è mai stata una fantastica attitudine nei confronti delle persone straniere in questo Paese, ma le rivelazioni sulle condizioni nei centri di detenzione per migranti, come Manston e il modo in cui sembra essere totalmente giustificato il fatto che vengano trattati e vivano in una condizione simile a quella di una prigione sembra andare anche oltre”.
“Questa retorica si è sedimentata a tal punto negli ultimi anni da permettere che tutto ciò potesse accadere. Il Nationality and Borders Act, ad esempio crea due livelli di accoglienza per i rifugiati in base al modo in cui si è arrivati nel Regno Unito. Tutto questo criminalizza e demonizza interi gruppi di persone in base alle modalità di ingressp, senza analizzare se al momento della partenza potevano avere a disposizione percorsi sicuri, disponibili al momento solo per chi arriva dall’Ucraina”.
La questione dei rifugiati dall’Ucraina – al netto dei molti ostacoli posti anche loro dal Governo – resta centrale nel dibattito attuale sia nel Regno Unito che nell’Unione Europea: una giusta risposta al movimento di persone alla ricerca di rifugio dopo l’invasione russa che sarebbe potuta divenire un modello per l’accoglienza, si è trasformata in un’eccezione e nella conferma che la cosidetta “crisi dei rifugiati” continua a non essere un problema di risorse, ma di identitarismo e razzismo.
Questo si può rilevare nel fatto che studenti africani, asiatici e caraibici in fuga dall’invasione russa sono stati bloccati alle frontiere e non supportati da altri Paesi della UE (ma rinchiusi in centri di detenzione) o dal Regno Unito, punto che ha suscitato numerose critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani e non di meno da parte dei governi dei Paesi dei quali quei giovani erano cittadini.
Guardando ai dati del Ministero dell’Interno per il 2022, a settembre le domande di asilo nel Regno Unito sono state 72027 (concernenti 85902 persone), il doppio del 2019 e il numero più elevato da due decenni.
Le nazionalità principali nelle richieste d’asilo sono l’Albania, l’Iran, l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria e l’Eritrea, con un significativo aumento delle richieste da parte di cittadini albanesi, il cui spostamento verso il Regno Unito è stato al centro di una narrativa estremamente discriminatoria da parte del partito di governo.
Tuttavia, rispetto alla Francia che nel 2021 ha visto 104577 domande d’ asilo o alla Germania, che ha visto nel Settembre 2022 134908 richieste di asilo, risulta evidente che, a dispetto della retorica dei tabloids e media conservatori, e del partito di governo, i numeri raccontano una storia diversa dalla narrativa sulla “invasione” e il senso di accerchiamento che permeano il dibattito.
“Le figure politiche hanno sempre cercato quei titoli sui media per placare il loro elettorato e i membri del loro partito. Abbiamo avuto decadi di narrative dei migranti e richiedenti asilo come capri espiatori e di attacchi contro di loro, al punto che ora dire di sognare piani di deportazione di richiedenti asilo in Rwanda è divenuto accettabile. Tutto questo è peggiorato, ma è interessante vedere che per alcuni politici questo è diventato troppo. Sarebbe interessante capire quali sono i limiti e quali elementi tra questo linguaggio da “flusso” a “sciame” possono essere visti come accettabili secondo questi parametri” spiega Fizza Qureshi, CEO di Migrants Rights Network.
“Al momento poi non vi è una opposizione politica organizzata a far fronte a questo e pronta a dire che è inaccettabile, e quindi coloro che portano avanti questa narrativa hanno via libera nel farlo. Chi porta avanti queste narrative poi sa che gli unici che la fronteggeranno sono coloro che lavorano nel settore dei migranti e dei rifugiati, a loro volta etichettati come woke, buonisti, “liberali di sinistra” aggiunge Qureshi.
Nello specifico, i piani di deportazione di richiedenti asilo per il Rwanda, piani in sfregio ai diritti umani e al diritto internazionale non sono stati implementati proprio grazie alla pressione portata avanti da chi lavora nel settore, da Migrants Rights Network a Detention Action; tuttavia Qureshi non è certa che questo sia necessariamente destinato a continuare.
“Inizialmente pensavo che si trattasse di un piano non realizzabile, lanciato per distrarre dal Nationality and Borders Act e di un modo, ancora una volta di placare elettori e membri dei Conservatori e di dimostrare la loro proattività. Il fatto che questo piano sia stato portato in tribunale credo che rappresenti il fatto che ci sia una maggiore volontà di farlo funzionareo, e di trasformarlo in una politica che possa poi essere adottata e implementata da altri paesi in Europa. Lo abbiamo visto con la Danimarca e poi tutto questo diviene la norma, l’idea di delegare a altri Paesi la protezione che noi dovremmo fornire, e di pagarli per farlo”.
“Sono più preoccupata dal fatto che questo non sembra un “sogno”, ma che intendono invece farlo funzionare” conclude Qureshi.
In copertina un’immagine del centro di Manston da Twitter