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Capire il “centro ansioso” in Italia

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13 aprile 2018 - Antonella Napolitano
Lo abbiamo visto prima delle elezioni: dibattito polarizzato, numeri e accuse, criminalizzazione della solidarietà, fenomeni complessi che venivano iper-semplificati. Lo studio commissionato da The Social Change Initiative in partnership con More in Common esamina il dibattito politico nazionale, le dinamiche dell'opinione pubblica e la risposta della società civile in cinque paesi: Germania, Francia, Paesi Bassi, Italia e Grecia. In Italia la ricerca è stata realizzata da Ipsos, e ve ne offriamo un'anticipazione nel giorno in cui la presentiamo al Festival del giornalismo di Perugia.

Capire il “centro ansioso” in Italia

In Italia, il dibattito che si è svolto nell’anno che ha preceduto le elezioni del 4 marzo 2018 ha assegnato un ruolo centrale al tema dell’immigrazione: abbiamo assistito a molti mesi di dibattito molto polarizzato, di numeri e accuse, di criminalizzazione della solidarietà, di fenomeni complessi che venivano iper-semplificati.

Al pari di altri paesi europei, l’Italia è sempre più preoccupata dalle questioni di identità e appartenenza nazionale, dall’interazione con i migranti e da una perdita di controllo percepita sui suoi confini meridionali. Tuttavia, nonostante l’idea diffusa che l’immigrazione sia un male per il paese, una parte significativa degli italiani prova sentimenti di solidarietà ed empatia per gli stranieri: l’opinione pubblica italiana è spesso più sfaccettata di quanto si immagini. Si tratta di uno dei risultati evidenziati dalla ricerca “Capire il ‘centro ansioso’ in Italia”, di cui oggi 13 aprile presentiamo un’anteprima al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

Lo studio, commissionato da The Social Change Initiative in partnership con More in Common, esamina il dibattito politico nazionale, le dinamiche dell’opinione pubblica e la risposta della società civile in cinque paesi: Germania, Francia, Paesi Bassi, Italia e Grecia. In Italia la ricerca è stata realizzata da Ipsos.

Come Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili abbiamo deciso di diventare partner del progetto per quanto riguarda l’Italia perché ci rendiamo conto che nel nostro lavoro quotidiano, anche noi che ci occupiamo di advocacy per i diritti umani tendiamo a parlare a chi già ha conoscenza del tema e la pensa come noi, oppure a cercare di far cambiare idea a persone dalle idee e valori radicalmente opposti ai nostri. In altre parole, anche noi – più o meno inconsapevolmente – veniamo tentati dalla polarizzazione, dalla semplificazione di un mondo complesso, in un paese in cui larghe fette di popolazione non si sentono ascoltate e vedono crescere la loro frustrazione. Persone che hanno valori non dissimili dai nostri, ma che magari hanno un maggior numero di dubbi, preoccupazioni, timori che i flussi migratori siano alla base di una situazione economica e sociale sempre più precaria e conflittuale.

La segmentazione della popolazione italiana

La ricerca di More in Common ha individuato sette segmenti nella società italiana, con differenti idee sui temi di identità e appartenenza, e valori “aperti” o “chiusi” a proposito di immigrazione, rifugiati, diversità e identità nazionale.

Si tratta di un grado più alto di diversificazione nelle opinioni rispetto agli altri tre paesi oggetto degli studi precedenti di More in Common. All’interno dei segmenti più aperti e di quelli più chiusi, la segmentazione ha individuato due gruppi distinti (mentre in Germania, Francia e Paesi Bassi l’analisi aveva rivelato solo un gruppo aperto e uno chiuso). All’interno dei segmenti centrali, invece, sono emersi tre gruppi (in questo caso, il risultato è simile a quello di Francia e Germania).

Due segmenti mostrano valori più aperti e sono più solidali nei confronti dei migranti (28 per cento della popolazione); altri due segmenti hanno valori più chiusi e si oppongono ai nuovi arrivati, di qualunque tipo essi siano (24 per cento della popolazione). I tre rimanenti appartengono a quella che talora si definisce “centro incerto” o “centro ansioso”, e riuniscono il 48 per cento circa degli italiani.

More In Common OM-01

Al di là di alcuni tratti distintivi che caratterizzano l’opinione pubblica in Italia, questo quadro generale è coerente con le ricerche svolte da More in Common in Francia, Germania e Paesi Bassi: in tutte le nazioni coinvolte, una percentuale consistente della popolazione è stata identificata come appartenente a questo gruppo intermedio, che non condivide pienamente le opinioni né di uno né dell’altro estremo dello spettro. Ogni segmento manifesta priorità diverse e si riconosce in valori e preoccupazioni differenti. Comprendere queste differenze, e soprattutto le caratteristiche dei gruppi intermedi, è essenziale per coinvolgere in modo efficace il grande pubblico.

La ricerca di More in Common in Italia conferma l’esistenza di una vasta parte della popolazione che possiamo chiamare “centro incerto” (o “centro ansioso”) della popolazione, ma con elementi spiccatamente italiani, alcuni dei quali appaiono plasmati dalla sua identità storica di paese cattolico, e dalle considerevoli differenze di atteggiamento da regione a regione.

Identità culturale in pericolo, insoddisfazione crescente – ma rifiutando l’estremismo

La ricerca conferma diversi elementi che fanno parte della quotidiana narrazione sul nostro paese: l’insoddisfazione diffusa per lo status quo, una profonda sfiducia nelle élite e la visione preponderante che il paese stia scontando la globalizzazione (solo il 18 per cento afferma di pensare che questa abbia avuto un impatto positivo sull’economia nazionale).

La frustrazione per la situazione politica è evidente dall’altissima percentuale, il 73 per cento, di coloro che ritengono che i partiti tradizionali e i politici non si preoccupino della gente comune. Il 60 per cento degli italiani pensa che la società sia peggiorata rispetto a un anno fa (contro un 9 per cento che la giudica migliorata) e il 43 per cento prevede che nei prossimi cinque anni la situazione peggiorerà (mentre il 19 per cento ritiene che migliorerà e il 30 per cento che resterà più o meno invariata). Nonostante la prolungata crisi economica, la visione delle prospettive economiche è invece più ottimistica, con una tripartizione quasi perfetta tra chi si aspetta miglioramenti, peggioramenti o stabilità delle condizioni.

Al pari di altri paesi europei, l’Italia appare poi sempre più preoccupata dalle questioni di identità e appartenenza nazionale, dall’interazione con i migranti e da una perdita di controllo percepita sui suoi confini meridionali. L’identità culturale tradizionale è importante per gli italiani, la maggior parte dei quali ne teme la scomparsa.

Tuttavia, per quasi tutti gli italiani, questi timori convivono con un alto senso di ospitalità e  responsabilità morale verso i rifugiati. Pur se affiancati dai timori sulla perdita di rotta del paese, l’empatia, la solidarietà e la compassione sono valori fortemente sentiti.

Malgrado le preoccupazioni per la gestione e l’impatto del fenomeno migratorio, però, la maggior parte degli italiani non adotta una posizione estremista verso i migranti. Molti italiani restano accoglienti verso gli stranieri, compresi immigrati e rifugiati, e la stragrande maggioranza (72 per cento) sostiene il principio dell’asilo politico e il diritto di queste persone di trovare rifugio in altre nazioni, compresa l’Italia.

Nonostante la rappresentazione mediatica di numerosi casi poi, si evidenzia un deciso rifiuto dell’estremismo: la maggior parte (61 per cento) si dice preoccupata per il crescente clima di razzismo e discriminazione, e solo il 17 per cento nega di esserne allarmato. Un esiguo 11 per cento mostra un profondo legame con i movimenti politici in difesa della nazione, mentre il 37 per cento sceglie con convinzione quelli in favore dei diritti umani.   

Inoltre, a differenza degli altri europei, gli italiani si sentono più liberi di esprimere le proprie idee su argomenti controversi. È quasi del tutto assente la percezione del politicamente corretto o l’idea che esistano tematiche off-limits, e il libero dibattito sulle sensibilità culturali non sembra subire alcuna limitazione. Sono elementi che, pur nella frequente esasperazione del dibattito politico, ci fanno ben sperare nella possibilità di impostare un dialogo nuovo su questi temi, un dibattito che tenga presente e rappresenti nuove voci.

Questa ricerca sarà quindi per noi un punto di partenza: ascoltare e capire meglio le articolate posizioni della popolazione italiana ci aiuterà a informare l’impegno dei leader della società civile, della politica e delle istituzioni sociali, a comprendere queste fragilità, mobilitare la popolazione italiana – specie nei suoi segmenti centrali – e costruire una società più inclusiva, forte, aperta.

 

In copertina: Bari, quartiere Madonnella (foto: Claudio Riccio, prima uscita fotografica del collettivo fotosintesi, su licenza CC BY-NC-SA 2.0)

Etichettato con:immigrazione, More in Common, ricerca sull'Italia, segmenti popolazione italiana, The Social Change Initiative

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