2 agosto 2021 -
Il 5 e il 6 giugno il senatore Gregorio De Falco e la senatrice Simona Nocerino si sono recati, insieme agli attivisti della rete Mai più lager-No ai Cpr, al Centro di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) di Milano, in via Corelli, per effettuare un’ispezione. I dati e le informazioni acquisite sono state raccolte nel nuovo rapporto Delle pene senza delitti, in cui vengono denunciati sia i problemi strutturali e le inadempienze dal punto di vista amministrativo che i diritti violati nei confronti delle persone trattenute. Le violazioni dei diritti umani all’interno dei Cpr in Italia sono ormai note da anni, eppure nessuna iniziativa è stata mai presa per affrontare il problema, né è stato mai fatto alcun passo avanti per superare questo metodo e porre fine alla detenzione amministrativa di persone sans-papiers.
Il rapporto è suddiviso in due parti: la prima si focalizza su l’inadempienza e la superficialità dell’ente gestore, sui diritti violati dovuti alla sua inefficienza, sui problemi strutturali del centro e sul mancato controllo della prefettura sull’ente che lo gestisce. La seconda parte, si focalizza sulle storie delle persone trattenute.
Tra le problematiche riscontrate emblematiche sono l’assenza del protocollo d’intesa tra Prefettura e ASL e la conseguente mancanza della tutela della salute delle persone trattenute. Tale protocollo, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento CIE, prevede che siano affidate a strutture sanitarie pubbliche: una valutazione imparziale e obiettiva dell’idoneità del soggetto alla vita in comunità ristretta e l’assenza di condizioni di incompatibilità con il trattenimento, sia all’avvio sia nel corso di quest’ultimo; l’erogazione di prestazioni specialistiche con tempi d’attesa adeguati; attività di vigilanza sulle attività sanitarie e sulla conservazione, manipolazione e somministrazione dei pasti. Non solo tale protocollo non esiste per il Cpr di Milano ma il 24 giugno 2021 il senatore De Falco ha ricevuto un’e-mail – in risposta alla diffida volta al rilascio di una persona trattenuta – in cui la Prefettura di Milano affermava che il protocollo in questione “non è stato sottoscritto poiché la Direzione generale Welfare di Regione Lombardia non ha ritenuto di dover sottoscrivere”. Nel rapporto viene sottolineato come, sempre nella suddetta e-mail, il Ministero dell’Interno, interpellato dalla Prefettura di Milano, risponda che “la sottoscrizione del protocollo in parola non è un obbligo per la Prefettura”. Lascia perplessi che la previsione di un Regolamento amministrativo – che non presenta verbi al condizionale o espressioni come “ha la facoltà di..” – possa essere interpretata come “non obbligo” nel punto in cui tutela la salute di persone già private della libertà individuale, aspetti – la salute e la libertà individuale – entrambi tutelati dalla costituzione stessa.
Il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, nella relazione al Parlamento del 29 giugno 2021, ha confermato l’avvenuta raccomandazione sul rispetto della centralità del Servizio Sanitario Nazionale e che la Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo assicura che le Prefetture sarebbero state avvisate della necessità di stipulare appositi Protocolli d’intesa con le Aziende sanitarie di riferimento, qualora non ancora stipulati. Tuttavia, nel rapporto si afferma che le persone trattenute nel Cpr di Milano sono sottoposte a un grave rischio per la propria incolumità. Non esiste un ambulatorio medico validamente presidiato, come dovrebbe essere secondo quanto previsto dalla tabella ministeriale; il protrarsi della permanenza delle persone trattenute ha provocato gravi ripercussioni psicologiche su queste ultime: alcuni legali hanno affermato che le condizioni dei loro assistiti peggioravano di giorno in giorno per via dell’assunzione di psicofarmaci e calmanti (come il Rivotril, un forte antiepilettico), senza alcuna attenzione da parte del personale medico che permette la somministrazione senza centellinare i dosaggi.
Non mancano i tentativi di suicidio e di autolesionismo: una persona trattenuta – osservavano dalle telecamere di videosorveglianza gli esperti che hanno scritto il rapporto – nel cortile del proprio settore si infliggeva tagli sul tronco e sulle braccia come atto dimostrativo. Tale atto non è stato gestito con l’invio di medici e operatori, ma con l’invio della polizia in tenuta antisommossa fermata solo poco prima da un agente di rango più elevato, dell’entrata in azione di quest’ultima. A questa persona, come a tante altre, è stato somministrato il Rivotril, farmaco che, come viene sottolineato nel rapporto, tra gli effetti collaterali indicati anche dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), può aumentare lievemente il rischio ad avere pensieri e/o comportamenti suicidari.
Oltre al diritto alla salute – minato anche dal cibo sempre scaduto, in un video recente si parla perfino di cibo con i vermi, e dall’acqua contenente eccessivo calcare – viene negata anche la comunicazione con l’esterno. Prima di entrare in un Cpr, infatti, alle persone trattenute viene sequestrato il cellulare nonostante il Regolamento CIE 2014 non preveda il sequestro di quest’ultimo, ciò non solo impedisce a queste ultime di comunicare con i propri affetti ma anche con i propri legali. Nonostante il Tribunale di Milano con un’ordinanza del 15 marzo 2021 abbia riconosciuto l’illegittimità di tale prassi nel Cpr in via Corelli, in attuazione di detta ordinanza, la Prefettura ha però stabilito che ai cittadini stranieri trattenuti fosse possibile accedere al proprio cellulare unicamente dalle ore 15,00 alle ore 19,00, “previo oscuramento della telecamera e per il tempo strettamente necessario ad effettuare le telefonate” – attuando quindi limitazioni non previste dall’ordinanza.
Nella seconda parte ci sono le storie delle varie persone trattenute nel Cpr di Milano, per citarne alcune: C.K. vive in Italia dal 1992. È stato regolare fino al 2010 si trova nel Centro dal gennaio 2021, nonostante una grave forma di ipertensione; P.O. è in Italia dal 1992 e nel CPR dal febbraio 2021. Nella speranza di uscire, nel maggio ha due volte ingerito delle batterie elettriche, che non è riuscito ad espellere. Il 4 aprile è stata richiesta una sua valutazione psichiatrica urgente.
È evidente che la detenzione amministrativa in questione, che, ricordiamolo, priva un individuo della libertà personale perché proveniente da una Paese extraeuropeo e non per aver commesso un reato, sia incompatibile con uno Stato di diritto. Sono stati presentati due esposti penali per il sequestro e la chiusura del Cpr di Milano anche per via delle accuse di tortura: il 25 maggio 2021, infatti, a seguito di un diverbio nato tra alcune persone trattenute e gli agenti – poiché mancava, per il terzo giorno consecutivo, il necessario per la colazione – sono stati inviati una ventina di agenti in tenuta antisomossa che hanno iniziato a picchiare le persone trattenute. Qualcuno, si legge nel rapporto, “ha riferito di essere stato spinto nel box doccia per essere schiaffeggiato, perché chi non era armato colpiva a mani nude”.
Questa è la fotografia del Cpr di Milano, ma violazioni di diritti umani simili avvengono costantemente nei Cpr di tutto il territorio nazionale. L’esistenza stessa dei Cpr dovrebbe essere messa in discussione poiché, oltre a non rispettare standard minimi in fatto di diritti umani e a minare il diritto alla libertà personale, come viene sottolineato nel rapporto, “lì ove il rimpatrio non è materialmente praticabile (per assenza di accordi con i paesi di provenienza[…]) e il trattenimento si risolve quindi nel rilascio di un invito a lasciare autonomamente il territorio, allora è la stessa finalità della permanenza nel Centro a diventare priva di senso e ragione”.
Foto copertina via Naga.