“Nel tentativo di cambiare il racconto dell’immigrazione”, dice Emma Bonino, “dobbiamo tenere conto del fatto che oggi c’è una parte della politica che invece di governare le paure dei cittadini, preferisce soffiare sul fuoco alimentando stereotipi infondati e prendendo di mira il capro espiatorio più fragile che c’è – lo straniero, possibilmente clandestino”. Nel giorno dell’approvazione della legge voluta dal ministro dell’Interno Minniti, è partita così l’iniziativa Ero straniero. L’umanità che fa bene, una campagna culturale per contrastare la percezione del fenomeno migratorio come pericolo e la sua gestione emergenziale. La campagna intende promuovere l’idea che un’accoglienza diffusa e di qualità possa invece allargare il concetto di cittadinanza e renderla inclusiva, coesa e sicura per tutti. Per vincere la sfida dell’immigrazione, non solo a livello culturale ma anche legislativo, la campagna propone soluzioni concrete, con una proposta di legge di iniziativa popolare per superare la legge Bossi-Fini e garantire migliori condizioni di vita alle persone che cercano un futuro in Italia. La legge di iniziativa popolare, dal titolo “Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari”, è stata depositata presso la Corte di Cassazione il 13 aprile dai promotori dell’iniziativa (Radicali Italiani, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, A Buon Diritto, Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili), e si è così aperta la raccolta delle firme.
La legge popolare si propone di superare la Bossi-Fini, che dal 2002 ha di fatto chiuso le frontiere italiane a chiunque voglia varcarle (regolarmente) per cercare lavoro, creando sempre più casi di irregolarità e insicurezza. Superare la Bossi-Fini significa combattere la principale causa di irregolarità e garantire sicurezza, cogliendo le opportunità offerte dalla presenza dei migranti. Emma Bonino, fra i promotori dell’iniziativa, ribadisce che la proposta sta proprio dalla parte della legalità: “il reato di clandestinità è una totale follia e non una risposta al problema dell’irregolarità. L’inclusione e l’integrazione, così come la diminuzione della clandestinità, sono la strada da percorrere in materia di sicurezza – sicurezza intesa come funzione e obiettivo dello Stato”. Bonino prosegue ricordando che in Italia i “clandestini” sono mezzo milione: “è chiaro che non si può rimpatriare un esercito di 500mila persone, ed è altrettanto chiaro che il dato è destinato ad aumentare, visto che le richieste di asilo vengono respinte al 60% e che la legge non prevede altri canali regolari per entrare in Italia. Il risultato è che questo esercito di irregolari si allarga sempre più, contro ogni moralità e contro ogni logica, dato che più si è irregolari e più si è potenzialmente vittime della criminalità”. E’ della stessa idea Patrizio Gonnella, presidente della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili: “sull’immigrazione servono dati e non stereotipi. Questa proposta è uno strumento che previene l’illegalità. Basta un semplice ragionamento utilitarista di costi e benefici per capire che se una persona, un clandestino, viene incriminato per la sua semplice esistenza, sarà spinto a delinquere. Così invece almeno potrà lavorare e avrà un fonte di reddito”.
Immigrazione legale e mantenimento della legalità
L’immigrazione legale per lavoro è una delle poche questioni in materia di immigrazione non soggetta ad accordi comunitari a livello europeo e aperta dunque alla discrezionalità degli stati membri dell’unione. È questo il quadro in cui si inserisce la proposta di legge di iniziativa popolare, a cui si aggiungono le raccomandazioni della Commissione Europea che, a fronte di una crisi demografica sempre più palpabile, invita a cogliere le opportunità offerte dalla presenza dei migranti. Nell’elaborazione dei punti cardine della proposta di legge popolare, lavoro e inclusione, c’è dunque anche una visione globale più ampia del fenomeno migratorio. La proposta prevede infatti la creazione di canali legali d’ingresso in Italia e la promozione dell’inclusione attraverso il lavoro, nonché la regolarizzazione dei cittadini stranieri non comunitari che già sono in Italia e che hanno già intrapreso un percorso di formazione lavorativa. Ma come si intende realizzare questo nel concreto?
- Si propone l’introduzione del permesso di soggiorno temporaneo (12 mesi) per facilitare la ricerca di occupazione e l’incontro tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari anche attraverso attività d’intermediazione, esercitate da tutti i soggetti pubblici e privati già indicati nella legge Biagi e nel Jobs Act (soggetti dunque già autorizzati all’intermediazione nel nostro paese, come centri per l’impiego, agenzie private per il lavoro, enti bilaterali, università), a cui si aggiungono i fondi interprofessionali, le camere di commercio e le Onlus, oltre alle rappresentanze diplomatiche e consolari all’estero. “Così proponiamo di superare la finzione giuridica del sistema delle quote d’ingresso, come se esistesse effettivamente un incontro tra domanda e offerta di lavoro all’estero”, chiarisce Giulia Perin, avvocato-membro di Asgi. “La proposta di legge elimina questa finzione individuando soggetti intermediari che facilitino l’incontro tra domanda e offerta all’estero con la loro presenza fisica”.
- Reintroduzione del sistema dello sponsor (sistema a chiamata diretta), previsto dalla legge Turco-Napolitano, anche da parte di singoli privati per l’inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio nazionale. Il sistema aveva dato già riscontri positivi in passato, e come sottolinea Perin, “non stiamo proponendo qualcosa di irrealistico. Il sistema dello sponsor si fonda sulla fiducia ed è già di successo in altri paesi”.
- Mantenere la legalità con l’introduzione della regolarizzazione su base individuale degli stranieri che sono “radicati” socialmente nel territorio italiano, ovvero coloro che si trovino in situazione di soggiorno irregolare se è dimostrabile che hanno in Italia un’attività lavorativa (trasformabile in attività regolare, o denunciabile in caso di sfruttamento lavorativo), o di comprovati legami familiari, o l’assenza di legami concreti con il paese di origine. Il sistema andrebbe esteso ai richiedenti asilo, trasformando così un permesso umanitario in permesso per lavoro, anche nel caso del richiedente asilo che abbia ricevuto un diniego definitivo ma che abbia svolto un percorso fruttuoso di integrazione. Questo permesso di soggiorno dovrebbe essere rinnovabile anche in caso di perdita del posto di lavoro.
I diritti
“La vera sicurezza passa per i diritti”, dice Patrizio Gonnella. Ai canali d’accesso legali e alla possibilità di regolarizzazione si affiancano nella legge popolare i diritti e le garanzie che vanno riconosciuti ai migranti, in particolare:
- I diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati, che vanno garantiti ai lavoratori extracomunitari che decidono di rimpatriare definitivamente in modo che possano goderne – al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente – anche in deroga al requisito dell’anzianità contributiva minima di vent’anni. La legge propone infatti che, in caso di rientro definitivo al paese d’origine l’80% dei contributi possa essere ritirato dagli stranieri, così “si crea ricchezza, si crea sviluppo e non si toglie nulla all’Italia perché i contributi sono stati versati e le imposte rimangono allo stato italiano”, spiega Giulia Perin.
- Uguaglianza nelle prestazioni di sicurezza sociale, eliminando tutte le disposizioni che richiedono, per l’accesso a molte prestazioni di sicurezza sociale (assegno di natalità, indennità di maternità di base, sostegno all’inclusione attiva ecc.), il requisito del permesso di lungo periodo, tornando al sistema originario che prevedeva la parità di trattamento nelle prestazioni per tutti gli stranieri titolari di un permesso di almeno un anno.
- Un reale diritto alla salute dei cittadini stranieri, tramite interventi legislativi a livello nazionale, affinché tutte le regioni diano completa e uniforme attuazione delle norme vigenti in materia di accesso alle cure per gli stranieri non iscrivibili al Sistema sanitario nazionale.
- Effettiva partecipazione alla vita democratica, ovvero diritto di voto e partecipazione alle elezioni amministrative per gli stranieri titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo.
Foto di copertina: Guido Scarabottolo per Ero Straniero.