Se a Roma l’idea dell’accoglienza diffusa di minori stranieri è affidata all’iniziativa di associazioni e singole famiglie volontarie, ci sono già città italiane in cui il Comune ha avviato un percorso per coordinare questo tipo di sforzo. Per esempio la prima città ad avere decine di tutori volontari, Palermo, dove una psicologa di 34 anni, Roberta Lo Bianco, è stata fra i primissimi in Italia ad aderire al bando, tanto da ricevere un premio da Ismu lo scorso dicembre. Alla consegna del premio, Lo Bianco ha raccontato di guidare i tre ragazzi che finora le sono stati affidati, che arrivano da Gambia, Nigeria e Guinea Conakri e hanno fra i 15 e i 17 anni, un po’ come fa con la propria bambina – dalle cose che riguardano la scuola ai comportamenti – ma sempre tenendo presente le differenze interculturali e la particolarità della loro situazione. I ragazzi non vivono con lei e la sua famiglia ma in strutture di accoglienza, e uno di loro ha da poco trovato una famiglia affidataria), ma Roberta parla con loro tutti i giorni, è coinvolta in ogni aspetto importante della loro vita, e loro pranzano da lei ogni domenica.
Delle vulnerabilità molto particolari dei ragazzini che arrivano in Italia senza la famiglia, e di come e perché arrivano, vi avevamo raccontato qui. Da aprile dell’anno scorso, una legge apposita tutela i loro diritti nel nostro paese, e i programmi per i tutori volontari realizzano proprio le intenzioni della legge.
Di norma, sono sindaci e assessori ad assumere la tutela legale di ogni ragazzo straniero finché non diventa maggiorenne. Oggi, accoglienza integrata e accoglienza in famiglia si sommano per cercare di dedicare un’attenzione più personale a ragazzini, spesso adolescenti – quasi tutti maschi, che al raggiungimento della maggiore età perdono una serie di tutele – e fornire loro un appoggio non solo per l’integrazione, ma soprattutto per navigare fra burocrazia, norme sociali, scuola, studio della lingua e apprendistato lavorativo. Non si tratta dunque né di un’adozione, né di un affido – molti di questi giovani non solo una famiglia ce l’hanno, ma comunicano tutti i giorni con i genitori rimasti nel paese d’origine). Piuttosto, si tratta di offrire loro un aiuto nelle scelte e un punto di riferimento adulto mentre si avviano verso l’autonomia. Le linee guida nazionali definiscono l’attività del tutore volontario come un’espressione di genitorialità diffusa e di cittadinanza attiva, perché il tutore non è soltanto il rappresentante giuridico del minore, ma anche la persona che lo ascolta e lo guida nella gestione dei suoi problemi. In un certo senso, insomma, ogni tutore rappresenta la partecipazione morale della società tutta alla cura di questi ragazzi.
In Italia i minori stranieri non accompagnati sono in aumento. Ce lo dicono i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali raccolti nel Rapporto Ismu sulle migrazioni 2017: dal 2014 a oggi, il numero di minori soli segnalati alle autorità e che risultano presenti e censiti nelle strutture di accoglienza italiana è in crescita. Al 31 dicembre 2015 erano 12 mila, a fine 2016 erano oltre 17 mila e al 31 ottobre di quest’anno erano 18.479 i giovani ospitati presso famiglie e strutture di accoglienza su tutto il territorio nazionale, di cui il 43,5 per cento soltanto in Sicilia, dove avviene il maggior numero di sbarchi. Di questi 17.210 sono maschi (il 93,1 per cento) e 1.269 femmine (6,9 per cento). Il 93 per cento di loro ha un’età compresa tra i 15 e i 17 anni, mentre sono pochissimi i bambini – solo lo 0,6 per cento, infatti, ha un’età compresa fra 0 e 6 anni. La situazione di questi ragazzi è sempre transitoria – sia perché la loro minore età è destinata a concludersi, sia perché il loro progetto migratorio è spesso temporaneo.
L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza sta cercando di uniformare le pratiche a livello nazionale, sintetizzando e diffondendo le esperienze già presenti sul territorio.
A Milano, che negli ultimi due o tre anni è stata città-pilota per i progetti di accoglienza e integrazione, sono in corso da diversi mesi lavori congiunti fra soggetti istituzionali e terzo settore. Da un incontro fra tutte le componenti lo scorso settembre erano emerse alcune domande a cui il lavoro di questi mesi ha poi cercato di dare risposta: per esempio su quali sono le responsabilità legali precise del tutore volontario, e se questi debba essere passibile di sanzioni nel caso non vi ottemperi; se si possano prevedere assicurazioni di responsabilità civile per gesti del minore verso terzi; che rapporto deve esistere fra il tutore e gli operatori che si occupano del progetto di accoglienza del minore; se si prevede un rimborso spese per il tutore legale; chi si occupa della formazione del tutore e se sia possibile fare formazione di gruppo; come avere appoggio dai mediatori linguistico-culturali. Alcune delle risposte si trovano qui, insieme alle responsabilità del tutore volontario illustrate nel dettaglio.
Oggi le linee guida nazionali sottolineano la necessità di nominare un tutore volontario il prima possibile dopo aver verificato che il minore non è accompagnato dalla famiglia, in modo che il tutore possa seguire dall’inizio le tappe dell’inserimento del minore. Per tutti i giovani stranieri è necessario che il tutore sia adeguatamente formato prima dell’assegnazione, con l’aggiunta di una preparazione specifica nel caso di un minore con un vissuto traumatico o problemi particolari. Come immaginabile, al tutore viene richiesta la massima trasparenza e disponibilità a interagire con le altre figure nella vita del ragazzo o della ragazza.
Della persona che si candida a diventare tutore vengono vagliate molte caratteristiche, a cominciare dal livello di motivazione che dimostra. Possono candidarsi tutti i cittadini italiani, o stranieri in posizione regolare e con padronanza della lingua italiana, che abbiano più di 25 anni. Sono naturalmente escluse tutte quelle persone che abbiano ricevuto o abbiano in corso procedimenti penali o che ne limitano la genitorialità. Titoli di studio, conoscenza di lingue straniere e precedenti esperienze educative o di volontariato possono aggiungersi alle qualità positive di un candidato, ma non sono obbligatorie. A essere davvero fondamentale, comunque, è una reale disponibilità di tempo e di energie.
Le linee guida dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nazionale prevedono tre moduli formativi iniziali di otto/dieci ore, con una valutazione e un confronto finale, e raccomandano che al tutore venga fornito nel suo compito un supporto legale e psicologico. La formazione prevede un inquadramento generale sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati, un inquadramento sulla normativa italiana ed europea, e un modulo più specifico sulle loro necessità.
Il percorso per creare tutori prevede la diffusione di un bando pubblico per candidature gratuite e volontarie, poi una preselezione dei candidati sulla base dei titoli presentati nella domanda; chi soddisfa i requisiti viene quindi ammesso alla formazione, e chi conclude la formazione viene iscritto nell’elenco dei tutori volontari istituito presso il Tribunale per i minorenni.
Per chi volesse presentare la propria candidatura, la domanda si inoltra presso gli uffici dei Garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza, inserendo il modulo compilato in una busta etichettata come “selezione tutori volontari”. Le domande vengono vagliate in ordine cronologico di presentazione.
In Lombardia il bando è già aperto dallo scorso luglio, qui trovate alcune informazioni, e la domanda da compilare si trova con una ricerca per data qui, nel bollettino ufficiale del 19 luglio 2017. Secondo l’Ufficio del garante per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del Comune di Milano, in Lombardia, dove i minori stranieri non accompagnati sono 1122, i corsi di formazione realizzati da Città Metropolitana sono appena partiti (il 12 gennaio, con due corsi a Milano e uno a Brescia), e quindi l’albo dei tutori presso il Tribunale per i Minorenni non è ancora stato creato e le esperienze concrete devono ancora cominciare. Ai corsi partecipano 253 persone che avevano aderito al bando nel 2017, per la maggior parte donne laureate fra i 41 e i 55 anni.
Infine, il Garante nazionale sta sollecitando interventi amministrativi e legislativi per alcune questioni rimaste irrisolte, come l’assicurazione per i tutori e la possibilità per loro di ottenere permessi dal lavoro per accedere agli uffici pubblici – nella speranza di incoraggiare così altre persone a proporsi per quella che in molti descrivono come un’esperienza profonda e gratificante.
Due ragazzi stranieri arrivati in Italia senza la loro famiglia (fotografia di Marina Petrillo)