“Wir schaffen das!“ Con queste parole la Cancelliera Angela Merkel raccoglieva la sfida relativa alla gestione dei flussi migratori verso la Germania durante una conferenza stampa tenutasi il 31 agosto 2015.
“Ce la faremo” è una formula semplice che voleva tranquillizzare l’elettorato tedesco e infondere sicurezza e ottimismo. Dopotutto, come in molti osservatori hanno evidenziato, la Germania ha affrontato momenti assai più complessi, non senza difficoltà, nel passato recente. Tre anni dopo quell’affermazione, il partito della destra estrema in Germania, AfD (Alternative für Deutschland) entra in Parlamento con un risultato eccellente e nei sondaggi, oggi, supera il partito Socialdemocratico (SPD), in crisi profonda dopo 14 anni di grande coalizione.
Gli anni che hanno caratterizzato la fine del terzo mandato di Angela Merkel sono stati tumultuosi e conflittuali. Per far fronte alla sfida delle migrazioni e dell’accoglienza dei richiedenti asilo in fuga da paesi in guerra, come Afganistan, Iraq e Siria, sono stati avviati dei percorsi di riforma del diritto d’asilo, in senso più restrittivo. Mentre veniva affermato che era indispensabile mostrate un volto amico a chi fuggiva dalla guerra, la cultura dell’accoglienza (Willkommenskultur) venivano anche discusse le modalità con cui la Germania avrebbe potuto mettere in atto i rimpatri (Abschiebung).
In questo explainer andremo ad analizzare le proposte di legge discusse ed approvate dal Bundestag e cosa hanno significato concretamente per il sistema d’accoglienza ed integrazione dei richiedenti asilo in Germania.
Il diritto d’asilo in Germania: gli “Asylpaket”
A partire 2015, anno in cui la Germania ha dovuto far fronte a un crescente numero di richieste d’asilo, il governo federale e il Bundestag si sono occupati della riforma del diritto d’asilo. Le iniziative legislative che sono state realizzate in questi anni prendono il nome di “Asylpaket”. Dopo l’affermazione ottimistica e rassicurante del “wir schaffen das”, Angela Merkel riceve critiche e pressioni politiche interne – da parte del partner di governo, il partito cristiano della Baviera, la CSU – ed esterne, dai leader dei paesi confinanti, soprattutto Austria ed Ungheria.
Proprio in occasione di una conferenza stampa congiunta tra Merkel e l’allora cancelliere austriaco, Werner Faymann, la cancelliera tedesca affermò: “Ich muss ganz ehrlich sagen, wenn wir jetzt anfangen, uns noch entschuldigen zu müssen dafür, dass wir in Notsituationen ein freundliches Gesicht zeigen, dann ist das nicht mein Land.“ – in breve: se dobbiamo iniziare a scusarci per aver mostrato in una situazione di emergenza un volto amichevole, allora questo non è il mio paese.”. E anche questo le costò numerose critiche da parte delle frange più conservatrici del suo partito e del nascente gruppo di estrema destra, AfD. Contestualmente proseguiva la discussione al Bundestag sulla riforma del diritto d’asilo.
L’Asylpaket I
Il primo pacchetto di riforme, l’Asylpaket I – Asylverfahrensbeschleunigungsgesetz (10.2015) – riguardò un numero elevato di leggi. Furono modificate, infatti, le procedure per la richiesta del diritto d’asilo in Germania (AsyIVfG); le risorse a disposizione per la gestione dei centri d’accoglienza (AufenthG) così come per i richiedenti asilo (AzlbLG) e le leggi che regolano la gestione dei minori non accompagnati e la loro accoglienza.
Senza scendere nei dettagli tecnici, la prima cosa che viene modificata è la lista dei paesi sicuri di provenienza. Albania, Montenegro e Kosovo vengono inseriti tra i paesi sicuri e questo comporta una restrizione del diritto d’asilo. Le persone che provengono da questi paesi, o che vi transitano e che vogliono però continuare, non hanno riconosciuto il diritto di richiesta d’asilo. Contestualmente vengono domandati per le richieste regolari di asilo documenti probanti l’identità del soggetto (Angaben zur Person) e una foto di riconoscimento (Lichtbild). Gli enti riconosciuti responsabili per la certificazione dei requisiti sono la polizia (Polizei), gli uffici immigrazione (Ausländerbehörden) di frontiera (Grenzbehörden). A tutto questo si unisce la richiesta di una verifica da parte del BAMF, ossia dell’ufficio federale per le migrazioni e i richiedenti asilo.
L’aggravemento procedurale per riconoscere chi ha diritto alla richiesta di asilo e sulle modalità con cui essa poi deve essere presentata è un chiaro disincentivo per le persone che vogliono fare richiesta presso la Repubblica Federale di Germania. Come molti osservatori e testate giornalistiche tedesche hanno osservato durante la discussione sull’Asylpaket, al volto amichevole che si voleva mostrare a parole, facevano da contraltare le politiche restrittive e disincentivanti che nella pratica si portavano avanti. A tutto questo si aggiungono poi le restrizioni per i richiedenti asilo, che dal momento della richiesta depositata al BAMF hanno l’obbligo di dimora nel centro d’accoglienza che verrà loro assegnato, che passa da 3 a 6 mesi.
Inoltre, gli enti comunali o distrettuali (Bezirke) sono i responsabili della sistemazione e della vigilanza sui richiedenti asilo e sulle strutture d’accoglienza. Sono i comuni, infatti, i destinatari delle risorse federali per la gestione dei richiedenti asilo.
Con l’Asylpaket I viene però previsto che dopo un periodo di almeno 3 mesi, e sotto precise e ristrette condizioni, per esempio il non godere di nessun trasferimento monetario diretto o di un alloggio pagato dalle strutture pubbliche, il richiedente asilo possa anche svolgere un’attività lavorativa. Questo comporta che se un richiedente asilo, che si presume non abbia le competenze linguistiche di base, non possa affatto lavorare o lo possa fare finendo fuori dal sistema di assistenza pubblica. I richiedenti asilo che provengono da paesi ora ritenuti invece sicuri, hanno un divieto di lavoro – Beschäftigungsverbot – per tutta la durata delle procedure di verifica e validazione (o rifiuto) della richiesta.
Anche l’ammontare delle risorse destinate alle strutture di accoglienza viene modificato. Gli spazi vengono ristretti e gli alloggi diventano “comuni” (Gemeinschaftsunterkünften), mentre sono introdotte modalità per limitare i trasferimenti monetari diretti ai richiedenti asilo e penalità, se non vengono rispettate alcune condizioni fissate per il godimento dei suddetti trasferimenti monetari.
Un aspetto positivo, seppur minimo, dell’Asylpaket I è che ai richiedenti asilo viene garantito l’accesso ai corsi di integrazione linguistica, che solitamente prevedono un ammontare di ore settimanali per periodi bimestrali, dal livello A1 al livello B1 della certificazione linguistica europea. I richiedenti asilo provenienti però dai paesi ora ritenuti sicuri, sono esclusi.
L’Asylpaket II
Alla fine del 2015, viene presentata un’ulteriore bozza di riforma, poi validata nel 2016. Vengono confermate le modifiche precedenti e le relative conseguenze sulla vita dei richiedenti asilo, ma vengono anche regolate le forme per il rimpatrio e i ricongiungimenti familiari, che vengono bloccati per la durata di due anni. Le procedure di validazione delle richieste d’asilo sono snellite, ma questo è garantito più dall’ampliamento della lista dei paesi sicuri, così come il blocco dei ricongiungimenti familiari, e non tanto da un miglioramento della macchina burocratica.
Contestualmente viene tagliato di 10 euro il totale mensile che viene trasferito monetariamente ai richiedenti asilo per i bisogni minimi quotidiani. Taglio di 10 euro utilizzato per coprire in parte le spese dei corsi di lingua, con il pocket money giornaliero tedesco che rimane più alto di quello elargito ai richiedenti asilo in Italia (4, 5 euro al giorno, qui in dettaglio la suddivisione delle voci di spesa).
Per migliorare e facilitare i rimpatri viene previsto un documento, poiché, si legge nel documento ufficiale del governo federale, uno degli impedimenti principali per i rimpatri consiste nell’assenza di documenti validi da parte della persona interessata.
Inoltre, vengono inasprite le punizioni per i richiedenti asilo che non rispettano l’obbligo di dimora come indicato nell’Asylpaket I. Infatti, chi lascia la residenza senza un’autorizzazione esplicita dell’ufficio responsabile può essere rimpatriato. Lo stesso vale per coloro che lasciano decadere i termini della richiesta d’asilo o non seguono attivamente il processo.
L’Asylpakt II garantisce, però, una maggiore tutela per i minorenni presenti nei centri d’accoglienza e nelle residenze comuni.
Prospettive future
L’insieme di limitazioni al diritto d’asilo introdotto in Germania dal 2015 ad oggi fa da contraltare alla narrazione che Angela Merkel ha portato avanti in più di un’occasione durante interviste e conferenze stampe. L’accoglienza di oltre 1 milione di richiedenti asilo da parte della Germania è un dato di fatto. Anche lo sforzo compiuto per poter gestire al meglio la situazione, offrire alloggi e consentire l’accesso ai corsi di lingua ed integrazione, è stato certamente positivo e di gran valore. Tuttavia, la logica che ha prevalso è stata quella della limitazione del diritto d’asilo e del restringimento per legge della platea degli aventi diritto. Uno degli strumenti utilizzati è stato il riconoscimento di nuovi stati sicuri. Dal 2016 ad oggi la discussione è sull’ampliamento ulteriore della lista a Tunisia, Marocco ed Algeria. Anche questo indica la volontà chiara di impedire l’accesso al diritto d’asilo a chi, potenzialmente, invece, ne avrebbe pieno titolo, dopotutto le rotte migratorie principali sono quelle attraverso i Balcani e attraverso il Nordafrica.
Si tratta, anche, di una reazione all’aumento preoccupante di consenso del partito della destra estrema in Germania AfD che nel 2017, proprio con una propaganda anti-immigrati e contro l’approccio del “wir schaffen das”, ha ottenuto un risultato elettorale molto positivo, seppur non eclatante. Anche le recenti discussioni tra SPD e CDU sulla questione dei ricongiungimenti familiari dimostra uno slittamento a destra della discussione generale. In tutto questo ha svolto un ruolo importante Horst Seehofer, ex leader della CSU e ministro degli interni.
Dopo questi pacchetti di riforma del diritto d’asilo in senso restrittivo, la SPD ha spinto per un percorso differente. In discussione, oggi, c’è la Integrationsgesetz, ossia la legge sull’integrazione, che però non riguarda il fenomeno migratorio in sé, ma resta ancora solo un intervento sul diritto d’asilo. Se la componente più sociale del governo federale potrà far valere o meno il suo peso per migliorare le condizioni di gestione, accoglienza e accompagnamento dei richiedenti asilo a una prospettiva di vita migliore, lo si vedrà col tempo. Ad oggi, però, resta forte l’orientamento che privilegia la gestione di pochi casi e la facilitazione dei rimpatri.
A tal proposito ha fatto scalpore, infatti, la recente pubblicità promossa dal ministero degli interni e dal BAMF in cui si invitata veementemente i richiedenti asilo a tornare “nella loro terra” o “a casa loro”.
Foto di copertina: un momento di lavoro al Migration Hub Network di Heidelberg