L’espressione “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” non descrive adeguatamente l’hotspot di Lampedusa – come vi avevamo raccontato qui, in occasione della più recente visita del garante per i detenuti, le cui raccomandazioni erano rimaste per un anno inascoltate.
Piccole strutture annidate dietro un grosso cancello sorvegliato in fondo all’ansa chiusa della Contrada Imbriacola, al centro dell’isola, fra agavi e rocce, con mezzi delle forze dell’ordine all’interno e all’esterno, l’ingresso arduo perfino per gli osservatori e i legali. Con una storia difficile culminata nel 2013 nello scandalo delle docce antiscabbia all’aperto a dicembre a cui venivano sottoposti gli ospiti del centro, e da tempo teoricamente soltanto luogo di identificazione, l’hotspot di Lampedusa è diventato nel tempo una sorta di ambigua prigione, e molto difficile da monitorare. Per questo il dossier di Asgi, Cild e Indie Watch fornisce elementi cruciali per sapere quali abusi siano stati commessi.
Quarto porto di sbarco nel 2017 con 9017 persone, a Lampedusa sono arrivate 682 persone solo nei primi tre mesi di quest’anno. Gli avvocati, mediatori culturali e ricercatori che hanno creato il dossier spiegano che il centro in parte funziona ancora. Ricordando che il Ministero dell’Interno ha dichiarato il 13 marzo di voler chiudere l’hotspot, avvocati e mediatori sottolineano che ci sono voluti però dieci giorni per evacuare effettivamente le persone ospiti, che il centro viene di fatto ancora utilizzato, e sembra che sarà così almeno fino alla scadenza del contratto di gestione.
Condizioni disumane e violenze
Nel loro sopralluogo del 6 marzo, gli autori del dossier avevano rilevato l’assenza di una mensa o un luogo appropriato dove consumare i pasti, e cibo scadente, letti senza lenzuola, materassi in pessime condizioni, docce senza porte e solo un’ora di acqua calda al giorno, gabinetti alla turca, stanzoni in cui dormivano fino a 36 persone senza nessun tipo di separazione, e l’assenza di acqua corrente per tutta la notte. All’hotspot non c’è cortile, non c’è sicurezza, c’è pochissima acqua da bere, ed è impossibile acquistare qualunque tipo di bene.
Gli ospiti all’interno subiscono anche numerosi soprusi dalle forze dell’ordine. Fra le testimonianze raccolte c’è quella di un minore che ha raccontato che la polizia lo ha ripetutamente picchiato per poi lasciare che venisse morso da un cane senza intervenire – e la sua ferita è documentata nel dossier, insieme a quelle riportate da diverse altre persone. Un uomo ha raccontato: “succede spesso che ci mettono fuori mentre perquisiscono le stanze e ci chiedono di stare fuori in silenzio e se parliamo ci picchiano con i manganelli, anche ai minori”.
Le condizioni di vita nell’hotspot, e quelle che appaiono come prepotenze gratuite delle forze dell’ordine, provocano agli ospiti del centro, spesso già traumatizzati da violenze e abusi prima del loro arrivo, uno stato di disagio che a volte sfocia in episodi di autolesionismo, di cui gli osservatori hanno raccolto documentazione. Il dossier ricostruisce cosa è accaduto nella notte fra l’8 e il 9 marzo, dopo un tentativo di suicidio, quando si è sparso il panico fra gli ospiti del centro ed è partita una carica della polizia. Secondo gli osservatori, “almeno due persone (una minore di 8 anni ed una donna di 23 anni) sono state trasportate al pronto soccorso per aver riportato esiti da traumi contusivi dovuti a manganellate”.
Per i legali Gennaro Santoro (CILD) e Giulia Crescini (Asgi), che avevano preso in carico alcuni casi di abuso nel centro, è stato impossibile entrare subito a conferire con i loro assistiti. Per questo i legali delle associazioni hanno inoltrato cinque ricorsi d’urgenza alla Corte europea dei Diritti dell’uomo, tutti dichiarati ammissibili. I ricorsi sono diventati superflui solo nel momento in cui le persone sono state trasferite, ma resta l’intenzione di presentare delle richieste di indennizzo per il trattamento subito dagli assistiti, e tutti gli abusi documentati nel dossier saranno oggetto di interrogazioni parlamentari.
Le difficoltà nel presentare richiesta di asilo
Un’altra grande difficoltà è quella espressa nelle testimonianze di chi avrebbe voluto formalizzare subito la propria richiesta d’asilo come prevederebbe la legge, ma ha invece incontrato rinvii e ostacoli che gli osservatori trovano immotivati.
Una famiglia, arrivata sull’isola a febbraio dopo tre giorni di viaggio, con una bimba che aveva perso i sensi, ha chiesto di poter inoltrare domanda di asilo ma non è stata messa in condizione di farlo. La madre ha subito un’aggressione sessuale da un uomo ubriaco, anche lui trattenuto presso l’hotspot. La notte dell’8 marzo, la bimba è stata una colpita da una manganellata all’addome, e anche questa lesione è stata documentata.
Un’altra famiglia, fuggita dalla Tunisia per motivi politici – padre e due figli di cui uno con una disabilità che non ha potuto ricevere cure adeguate – racconta di aver subito rappresaglie dagli agenti nel centro per essersi lamentata del trattamento ricevuto: “mi sono affacciato e ho visto uno dei poliziotti che dava schiaffi a mio figlio minore mentre era a terra”, ha detto il padre, “e quello più grande aveva un altro poliziotto che lo stava soffocando, cingendo e stringendo con il braccio il collo. Il maggiore è caduto a terra anche lui e questo poliziotto gli ha dato i calci fino a farlo girare dove ha la protesi e lo ha preso a calci sulla gamba con la protesi. Con me nella stanza per l’interrogatorio c’era il mediatore che era uscito con me e allora il figlio grande si è aggrappato al mediatore da terra dicendogli ‘salvami perché mi stanno menando’. Io non ho voluto intervenire perché ho capito che sono senza tutela e poteva succedere di tutto e ho detto solo ‘quanto siete stronzi, mi avete messo dentro per menarli’. I poliziotti allora hanno smesso e hanno detto ‘no non meniamo mai i minori’.
Gli abusi legati al trasferimento da Lampedusa
La stessa pratica di trasferimento nei Centri per il rimpatrio (Cpr) delle persone che erano trattenute a Lampedusa si è dimostrata controversa. La gran parte degli ospiti dell’hotspot ha ricevuto un differimento del respingimento e un decreto di trattenimento; per circa 100 di loro si tratta dei Cpr di Torino, Brindisi (Restinco) e Potenza (Palazzo San Gervasio, un Cpr con una storia molto preoccupante), con una definizione di “socialmente pericolosi” applicata a tutti gli ospiti tunisini solo perché arrivavano dall’hotspot dove si era verificato un incendio doloso; secondo il decreto del Questore di Agrigento, infatti, “il cittadino straniero costituisce un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica”. Ma a Torino, dove è stato possibile per i trasferiti nominare avvocati di fiducia, il tribunale non ha convalidato il trattenimento perché, come racconta il dossier, “‘la motivazione posta a fondamento della ritenuta pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica si risolve in una descrizione dei fatti generica’”.
A Potenza, invece, il dossier rileva “gravissime violazioni del diritto di difesa”. In particolare, all’avvocato Angela Maria Bitonti è stato impedito di incontrare i suoi assistiti, cosa che li ha spinti il 18 marzo a cominciare uno sciopero della fame, seguiti da un altro gruppo la settimana dopo per ragioni simili. “Il successivo 26 marzo è iniziata una protesta sedata da agenti in tenuta antisommossa”, racconta il dossier, “almeno uno degli ospiti ha subito delle lesioni”.
Infine, le associazioni segnalano che nel Cpr di Potenza sarebbero state manomesse anche videocamere a circuito chiuso e fotocamere dei cellulari di proprietà delle persone trattenute. Il timore di avvocati, mediatori e associazioni che hanno contribuito al dossier è che le condizioni registrate nel dossier riguardino la stragrande maggioranza dei centri in cui gli stranieri vengono trattenuti o detenuti, e che nel sud, a fronte della chiusura temporanea di Lampedusa, verranno aperti centri con caratteristiche analoghe.
In copertina: persone dormono all’aperto all’interno del recinto dell’hotspot dopo uno sbarco. La foto risale alla notte tra il 9 e 10 marzo 2018 (foto tratta dal dossier di Asgi, Cild e Indie Watch).