Su Open Migration abbiamo pubblicato un articolo di Stefano Solari, direttore della Fondazione Moressa, che riassume attraverso diversi indicatori statistici l’impatto (positivo) che i lavoratori immigrati hanno sull’economia italiana. Ora un nostro lettore, Vincenzo Sorrentino, ci pone alcune domande via Twitter. Questioni che noi abbiamo girato ai ricercatori dell’istituto di ricerca che qui di seguito rispondono.
@alessandrolanni @Cild2014 @open_migration. Se ad essere stati occupati fossero stati degli italiani, non avrebbero versato più contributi?
— Vincenzo Sorrentino (@Vincenz87871065) January 16, 2016
@Cild2014 @alessandrolanni @open_migration. Perché il salario, a parità di mansione, facilmente sarebbe stato superiore.
— Vincenzo Sorrentino (@Vincenz87871065) January 16, 2016
Risposta della Fondazione Moressa:
I contributi versati, così come i redditi, non dipendono dalla nazionalità ma dalla tipologia di professione. Il divario tra i redditi di italiani e stranieri è dovuto alla cosiddetta “segregazione occupazionale”: gli immigrati svolgono prevalentemente lavori poco qualificati (spesso “sotto-qualificati” rispetto alle proprie competenze) e hanno maggiori difficoltà nel maturare i requisiti per gli avanzamenti di carriera.
@Cild2014 @alessandrolanni @open_migration @FondazMoressa. In genere questo tipo di dato si presta ad attacchi tipo “ci rubano il lavoro”
— Vincenzo Sorrentino (@Vincenz87871065) January 16, 2016
Risposta della Fondazione Moressa:
Le ricerche disponibili suggeriscono come l’immigrazione non abbia un effetto statisticamente significativo sulle retribuzioni dei nativi o sulla loro occupabilità: l’immigrazione non fa abbassare i salari e non toglie lavoro agli italiani.
@alessandrolanni @Cild2014 @open_migration Faccio una domanda scomoda: se quel 9,3% di occupati fossero stati italiani?
— Vincenzo Sorrentino (@Vincenz87871065) January 16, 2016
Risponde la Fondazione Moressa:
Il modello italiano di inclusione ha favorito l’etnicizzazione di alcune professioni: gli occupati stranieri (circa il 10%) sono tuttora concentrati in pochi settori. Dunque, è inverosimile pensare che la quota di lavoratori stranieri possa essere sostituita in maniera automatica e immediata dai disoccupati italiani.