“La persona subsahariana è sempre vista come spazzatura”. Queste sono le parole di un giovane intervistato dalla testata giornalistica Irpi Media, nell’inchiesta che rivela le espulsioni e i respingimenti violenti di massa che quotidianamente avvengono alle frontiere di Tunisia, Marocco e Mauritania, lasciando le persone migranti nere morire nel deserto. Sottolineare che siano persone migranti nere è cruciale per capire che ci troviamo di fronte a un razzismo anti-nero poiché rivolto per l’appunto a persone provenienti dai Paesi dell’Africa sub-sahariana che sono costrette ad attraversare i Paesi nordafricani sopracitati (inclusa ad esempio anche la Libia) prima di poter tentare di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa.
Le testimonianze: tra xenofobia ed espulsioni sistematiche
Le giornaliste e i giornalisti che hanno condotto questa indagine, descrivono il deserto su cui avvengono queste operazioni come dumps, ossia una vera e propria discarica in cui migliaia di persone migranti nere (incluse famiglie con minori a carico) vengono abbandonate. “Il team [di giornaliste e giornalisti] ha intervistato più di 50 sopravvissuti a queste espulsioni in Mauritania, Marocco e Tunisia – tutti provenienti da paesi sub-sahariani o dell’Africa occidentale – che ci hanno aiutato a riconoscere la natura sistematica e razzista di queste pratiche. Alcuni sopravvissuti hanno fornito materiale video e/o dati sulla posizione del loro percorso, che siamo stati in grado di geolocalizzare per supportare i loro resoconti e mappare ciò che è accaduto”, si legge su Lighthouse Reports. Nel caso della Tunisia, dall’indagine emerge che tra luglio 2023 e maggio 2024, in ben 13 casi, gruppi di persone migranti nere sono stati prima radunati nelle città e poi condotti a molte miglia di distanza – solitamente vicino ai confini libici o algerini – e scaricate nel deserto. Inoltre, in un altro episodio, un gruppo di persone migranti è stato persino consegnato alle forze di sicurezza libiche per poi essere incarcerato in un centro di detenzione.
Tens of thousands of Black refugees & migrants are being rounded up across North Africa & dumped in the desert & remote areas, sometimes left for dead
These operations are secretly financed with European money, despite regional and EU denials 🧵 pic.twitter.com/UPotfJBjk5
— Lighthouse Reports (@LHreports) May 21, 2024
Il caso della Tunisia è emblematico, in quanto il presidente Kais Saied da tempo promuove politiche securitarie e definite dagli osservatori sul campo come strutturalmente razziste – utilizzando anche slogan e propaganda tipici dell’estrema destra, quali ad esempio complotti sulla “sostituzione etnica” provocata dalle persone migranti nere. In Tunisia vengono documentati veri e propri rastrellamenti, persecuzioni e arresti nei confronti di persone nere (e non solo migranti) perpetrati dalle forze dell’ordine, come ha già riportava Inkyfada, media indipendente tunisino, nel luglio 2023: “nelle deportazioni non viene fatta alcuna distinzione, né per quanto riguarda la loro vulnerabilità né per il loro status giuridico. Tra gli espulsi c’erano almeno 29 bambini e tre donne incinte”. In un contesto che viene descritto quasi di apartheid nei confronti delle persone nere, viene affermato che “almeno sei persone espulse erano richiedenti asilo registrate presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), mentre almeno due adulti avevano carte consolari che li identificavano come studenti in Tunisia”, precisa un rapporto di Human Rights Watch del luglio 2023. Ciò che sta accadendo ora riguarda tutti […]. Ci sono studenti subsahariani che hanno i documenti. Abbiamo anche rifugiati che hanno [il permesso per protezione internazionale]. Anche i tunisini neri vengono colpiti […]”. Sempre Inkyfada, su quanto concerne invece l’ultima inchiesta sulle espulsioni nel deserto, riporta che tra le testimonianze raccolte, emergono molteplici abusi subiti all’interno dei commissariati di polizia e della Guardia Nazionale tunisina: “in particolare nei primi mesi delle operazioni di espulsione, Moussa (nome di fantasia), arrestato nel luglio 2023 mentre si preparava a prendere il mare, riferisce che sia lui che altre persone sono stati colpiti con una spranga di ferro, una tavola di legno, un manganello e addirittura una corda, da parte della Guardia Nazionale” durante il transito verso il confine libico, dove sarebbero stati scaricati.
#Enquête | Depuis l’été 2023, des migrant·es rapportent avoir été collectivement expulsé·es vers les frontières avec l’Algérie ou la Libye. @inkyfada et @DRejichi ont mené l'enquête sur ces opérations ⏬ 🔗https://t.co/amBilZONH2 pic.twitter.com/gjenfqERVu
— inkyfada | إنكفاضة (@inkyfada) May 21, 2024
Un’altra testimonianza rilevante è quella di Idiatou, una giovane donna guineana di circa vent’anni, che, a Lighthouse Reports, ha raccontato di essere stata intercettata in mare mentre cercava di raggiungere le Isole Canarie dalla Mauritania. È stata portata in un centro di detenzione di Nouakchott, dove gli agenti di polizia spagnoli le hanno scattato una fotografia prima di essere caricata su un autobus verso il confine con il Mali. Lì, in mezzo al nulla, lei e altre 29 persone sono state abbandonate: “i mauritani ci inseguivano come animali, ricorda Idiatou. Avevo paura che qualcuno mi violentasse”. Dopo quattro giorni di cammino è riuscita a raggiungere un villaggio e ha trovato un autista che l’ha portata da un parente in Senegal.
Le responsabilità e i finanziamenti dell’Ue
Le operazioni di esternalizzazione delle frontiere e quindi gli accordi di cooperazione tra l’Ue e i Paesi nordafricani per fermare le migrazioni sono ormai noti, meno note sono le modalità con cui l’Ue fornisce mezzi ed equipaggiamenti per condurre le operazioni di deterrenza nei confronti delle persone migranti.
🧵 Espulsioni di migranti subsahariani nel deserto: il ruolo dei mezzi e delle politiche Ue
Leggi l'inchiesta è di @Lorenzo_Bagnoli, @garey_, Antonella Mautone, Fabio Papetti e @paolorivaz: https://t.co/1a0AxFQ2co pic.twitter.com/q30qRzuaF4
— IrpiMedia (@IrpiMedia) May 22, 2024
Come spiega Irpi Media, “tra l’estate del 2023 e il marzo 2024 la Missione di supporto alla Libia delle Nazioni Unite (Unsmil) ha contato 8.664 migranti espulsi solo dalla Tunisia e intercettati dalla Libia, ma molte espulsioni avvengono anche alla frontiera con l’Algeria. È un sistema ormai rodato, nel quale quei pickup bianchi – mezzi forniti dall’Unione Europea – hanno un ruolo preciso e, soprattutto, un significato importante”. In una serie di video analizzati dal team di giornalisti e giornaliste vengono intercettati dei pickup bianchi (più precisamente dei Nissan Navara 4×4), puntualmente utilizzati dalle autorità tunisine, che vengono forniti per supportare il governo tunisino nel “contrasto all’immigrazione clandestina”. Secondo quanto riporta l’indagine: “in tutto, sono stati almeno 106 i pickup di questo tipo forniti dall’Italia. Sono mezzi molto richiesti: prima che dal nostro Paese, la Tunisia ne aveva già ricevuti 37 dalla Germania nel 2017”. Ricordiamo che recentemente, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme alla presidente della Commissione Ue Ursula von Der Leyen e il primo ministro olandese Mark Rutte, si sono recati in Tunisia per firmare l’accordo da 100 milioni di euro per “operazioni di ricerca e soccorso, gestione delle frontiere, lotta contro il traffico di esseri umani e politica dei rimpatri”. Tuttavia, si tratta di accordi dove domina la scarsa trasparenza: “l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) fa un esempio preciso: mancano le linee guida per evitare che il materiale fornito dall’Ue al governo tunisino contribuisca direttamente o indirettamente – alle violazioni dei diritti umani e non [che non raggiunga] gli enti responsabili di tali violazioni”. Si tratta di una mancanza che riguarda non solo i fondi legati al memorandum, ma tutti i finanziamenti che l’Ue e i singoli Stati membri devolvono ai Paesi terzi in ambito migratorio. In merito all’accordo Ue-Tunisia, la Mediatrice dell’Ue (Emily O’Reilly) ha recentemente aperto un’indagine per verificarne il rispetto dei diritti umani fondamentali: secondo quanto emerge dalla lettera inviata alla Commissione Ue, la Mediatrice punta ad avere accesso a tutte le relazioni riguardanti progetti migratori in Tunisia finanziati dall’Ue e rilasciate finora dalla Commissione. Vuole anche leggere tutte le valutazioni emesse dalla delegazione dell’Ue in Tunisia che, secondo la Commissione, hanno costituito la base per i negoziati sull’accordo. E ancora, a proposito di finanziamenti, la commissaria europea per gli Affari interni Ylva Johansson ha firmato a Nouakchott un accordo con la Mauritania “dal valore di 210 milioni di euro finalizzato a ridurre il numero di migranti che arrivano alle Isole Canarie partendo dalle coste dello stato africano”, riporta sempre Irpi Media. Inoltre, “dieci giorni dopo, il 17 marzo, von der Leyen stessa ha siglato un’intesa da 7,4 miliardi di euro con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e lo scorso 2 maggio ha stretto un ulteriore accordo con il Libano per arginare la migrazione irregolare verso Cipro”.
Infine, emblematica è la (non) risposta data dal Ministero dell’Interno italiano che ha completamente ignorato le domande poste dalla testata Irpi Media in merito all’eventuale complicità dell’Italia nelle espulsioni nel deserto compiute dalla Tunisia. Ad ogni modo, è utile sottolineare come Irpi Media, insieme ad Actionaid, nel progetto The Big Wall (Il Grande Muro) stiano cercando di tenere traccia degli ingenti finanziamenti dell’Italia nelle operazioni di esternalizzazione delle frontiere: dal 2015, l’Italia ha speso circa 1 miliardo di euro per tali operazioni.
Quanti #soldi spende l’Italia per finanziare l’esternalizzazione delle frontiere?
Scopri di più sulla strategia del grande muro, al link in bio.https://t.co/Nu9aXaBX9t pic.twitter.com/NJLhTA9xNN— The big wall (@thebigwall_ita) December 21, 2022
L’assenza dei diritti umani in un’Europa securitaria
In questo sistema diseguale in cui sembra che il diritto alla circolazione venga garantito unicamente ai milioni di euro devoluti a Paesi terzi per contrastare le migrazioni, il rispetto dei diritti umani non viene contemplato. La Tunisia è tutt’oggi considerata “paese sicuro” (e quindi paese in cui il rimpatrio è possibile) dagli Stati Ue, nonostante le politiche sempre più repressive del governo: dall’incitazione alla violenza xenofoba alla persecuzione nei confronti di giuristi/, attivisti/e per i diritti umani (tunisini/e e non). Nonostante diversi Tribunali italiani abbiano bloccato deportazioni in Tunisia perché ritenuto paese non sicuro, tali accordi rimangono in piedi. Ad esternalizzazioni, deportazioni e respingimenti è diventato ormai imperativo sostituire tali operazioni illegittime con politiche di apertura e la realizzazione di vie legali di accesso sicure, cambiando radicalmente le politiche migratorie attuali per cui, allo stato attuale, il diritto alla libertà di movimento continua a essere un privilegio per pochi.
Foto copertina via Twitter/Jeff Crisp