Tanta enfasi. Pochi dettagli. Dopo il Consiglio affari interni di venerdì le parole di soddisfazione si sono sprecate. La Commissaria Ue Johansson ha parlato di “un incontro di grande successo”, il Ministro degli interni Francese Darmanin di “una grande svolta” e di “un passo avanti verso il patto sulla migrazione”, il presidente francese Macron, via Twitter, addirittura di “un accordo storico”.
Obiettivo raggiunto
Dopo mesi di stallo sul Patto per la migrazione e l’asilo, proposto nel 2020 dalla Commissione, i Ministri degli Interni Ue hanno trovato un accordo politico sui regolamenti Eurodac e screening e su un meccanismo di solidarietà per ricollocare i migranti che arrivano via mare. L’accordo, ha spiegato Darmanin, è stato votato da una maggioranza “molto larga” ma i dettagli si avranno solo nei prossimi giorni, quando la Commissione UE lavorerà a una proposta dettagliata, con numeri e tempi.
Per ora, quindi, è difficile stabilire se si tratti davvero di un momento decisivo, ma per la Francia, che al momento detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, era fondamentale mostrare di aver raggiunto degli obiettivi entro la fine del semestre, il trenta giugno. E così è stato. Poco importa quando effettivamente i ricollocamenti diventeranno operativi o quando i regolamenti screening ed Eurodac, che ora devono passare al vaglio del Parlamento Europeo, verranno approvati in maniera definitiva.
Solidarietà
Il tema della solidarietà nei confronti dei paesi di frontiera e del conseguente ricollocamento dei migranti in altri stati membri è uno dei punti più critici della politica UE in materia di asilo e migrazione. Il modo migliore per affrontarlo sarebbe cambiare il cosiddetto Regolamento di Dublino, che obbliga il richiedente asilo a fare la sua domanda di protezione nel paese d’arrivo.
Dopo il fallito tentativo di riforma della precedente legislatura, il tema non sembra più in agenda. E così si discute di ricollocamenti che, però, finora, non hanno mai funzionato. Vedremo con la nuova proposta sul tavolo.
Quello che si sa, per ora, è che il meccanismo durerà un anno, che dovrebbe coinvolgere, ha spiegato sempre Darmanin, “12 paesi, tra cui Francia e Germania”, che sarà volontario e che darà la possibilità agli stati che non vogliono i migranti di sostenere economicamente gli stati di frontiera, come l’Italia. Secondo diversi organi di stampa, l’obiettivo sarebbe ricollocare 10mila persone, secondo criteri che riguardano il Pil e la popolazione degli stati membri, per poi valutare lo schema e provare a renderlo strutturale.
Secondo Stephanie Pope di Oxfam UE, “la proposta consente ai Paesi dell’UE di selezionare i richiedenti asilo”. “Permette di respingere i richiedenti asilo e di finanziare la Fortezza Europa, pagando il conto per la sorveglianza delle frontiere e i centri di detenzione”, ha aggiunto.
Responsabilità
Se, da un lato gli stati mediterranei, chiedono solidarietà, dall’altro, i paesi di destinazione chiedono responsabilità e cioè vogliono fermare i cosiddetti movimenti secondari, gli spostamenti non autorizzati di migranti all’interno dell’Ue. Le due parole, ormai da tempo, vengono sempre menzionate insieme nel dibattito Ue. E, infatti, l’accordo politico trovato al Consiglio affari interni contiene misure che vanno in entrambe le direzioni.
Accanto al meccanismo di solidarietà, i regolamenti screening ed Eurodac serviranno proprio a migliorare la responsabilità dei paesi di frontiera, come il nostro. Dovrebbero rendere più facile identificare i migranti e quindi anche rimandarli nei paesi di primo approdo, secondo quanto prevede il Regolamento di Dublino. Non solo. Alla riunione del 10 giugno, è stato adottato anche l’orientamento generale del Consiglio sulla riforma del codice frontiere Schengen.
Il provvedimento tocca temi come la strumentalizzazione dei flussi migratori (emblematica nel caso del confine polacco-bielorusso) e i controlli alle frontiere interne e, secondo una coalizione di quasi 40 ong, se approvato in maniera definitiva, rischia “di aumentare le pratiche di racial profiling e le violazioni dei diritti fondamentali”.
Equilibrio
L’accordo politico trovato al Consiglio Affari Interni, come detto, dovrebbe concretizzarsi nei prossimi giorni e settimane. Solo allora sarà possibile valutare con maggiore chiarezza se, effettivamente, quanto deciso va nella direzione di un equilibrio tra solidarietà e responsabilità degli stati membri.
Due considerazioni, però, si possono fare fin d’ora. La prima è che le nuove norme rischiano di peggiorare ulteriormente le condizioni che i migranti si troveranno ad affrontare una volta entrati in Ue. E che la scelta di garantire libertà di movimento alle persone, lasciando loro decidere in quale paese Ue stabilirsi, è stata presa per i profughi provenienti dall’Ucraina, ma non sembra verrà replicata in futuro né resa strutturale.
La seconda riguarda i paesi di primo approdo, come l’Italia. La ministra dell’Interno italiana Lamorgese ha parlato di una giornata “importante”, ma l’accordo raggiunto sembra penalizzare i cosiddetti Med5 (Spagna, Grecia, Malta, Cipro e, appunto, Italia). La solidarietà è temporanea e volontaria, mentre le norme per la responsabilità sembrano più efficaci e sono definitive.
Secondo Camino Mortera-Martinez del Centre for European Reform, però, l’apparenza potrebbe ingannare. “In Spagna, il Governo tende a gestire la questione migratoria con accordi bilaterali, per esempio col Marocco. E quindi non è sempre a favore di soluzioni europee. E questo mi sembra succeda anche in Italia”.
Più che solidarietà e responsabilità, che sono dimensioni interne della questione migratoria, potrebbe essere l’esternalizzazione delle frontiere a finire per essere decisiva.
In copertina: da destra a sinistra Ylva Johansson (Commissario europeo per gli Affari interni), Gérald Darmanin (Ministro dell’Interno, Francia). Foto via Consilium.