Durante guerre e conflitti le violazioni dei diritti umani diventano innumerevoli, una triste realtà a cui in questi mesi il mondo sta assistendo a causa del conflitto in Ucraina.
Nel mese di maggio, quando la Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD) ha appreso da alcune organizzazioni umanitarie che migranti, rifugiati e richiedenti asilo erano ancora trattenuti nel Centro di Detenzione Temporanea per Stranieri e Apolidi a Mykolaiv, pericolosamente vicina alla zona di conflitto, ha deciso di intervenire grazie alla sua Iniziativa Rule 39, guidata dall’Avv.Daria Sartori (esperta in diritti umani) e supportata da 8 studi legali internazionali.
“Quando abbiamo saputo che i migranti erano ancora trattenuti nel mezzo di una zona di guerra, circondati dai suoni di bombardamenti e incapaci di mettersi in salvo come avevano fatto milioni di ucraini, abbiamo deciso di mettere in azione l’iniziativa Rule 39” dichiara Fabi Fugazza, chief operating officer ed esperta legale di CILD.
L’avvocata Sartori e i volontari dell’Iniziativa hanno lavorato rapidamente per presentare alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU) una richiesta urgente di misure provvisorie, ex articolo 39 del Regolamento, a nome di due dei migranti detenuti del Centro, un cittadino afgano e un cittadino palestinese. Nella richiesta erano state evidenziate le peculiarità del caso, incluso il fatto che quotidianamente bombardamenti avessero luogo nelle immediate vicinanze del Centro senza che i migranti potessero trovare rifugio, e che l’intera area fosse minacciata dall’imminente invasione russa.
Nella richiesta urgente, invocando gli articoli 2 e 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), sono state evidenziate le condizioni a cui erano esposti i detenuti, le quali non solo mettevano a rischio la loro vita, ma costituivano anche un trattamento inumano e degradante, alla luce del costante stato di angoscia e della costante paura di perdere la vita durante il trattenimento.
Nella richiesta è stato anche sottolineato come i ricorrenti non fossero criminali, ma stranieri detenuti per semplici irregolarità nel visto e destinati, dopo la loro identificazione, all’espulsione dal Paese. Consapevole della difficile situazione in cui versa l’Ucraina nel conflitto in corso, l’Iniziativa Rule 39 non ha chiesto alla Corte EDU di imporre alle autorità ucraine un intervento (ad esempio, l’accompagnamento dei ricorrenti al confine), ma si è limitata a chiedere che ai migranti fosse permesso di lasciare il Centro di Detenzione e l’Ucraina, come hanno fatto tanti altri per fuggire dalla guerra. In pochi giorni la Corte ha adottato un provvedimento ad interim ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento, ordinando che i due ricorrenti fossero trasferiti in un luogo più sicuro in Ucraina e che fossero adottate misure per proteggere le loro vite, chiedendo altresì al governo ucraino di fornire informazioni sui piani relativi al loro allontanamento dal Paese. Uno dei ricorrenti è stato immediatamente rilasciato ed è riuscito a mettersi in salvo in Polonia.
Sulla scia di questo primo successo, i coordinatori dell’Iniziativa Rule 39 sono stati in grado di entrare in contatto con più detenuti e hanno rapidamente presentato una richiesta aggiuntiva per garantire la stessa protezione ad altri 8 migranti. Ciò si è reso necessario in quanto le richieste ai sensi dell’articolo 39 non producono effetti in favore di un gruppo di persone indefinito. La seconda richiesta riguardava quindi 8 migranti, tra cui 6 richiedenti asilo cubani che erano fuggiti dal loro paese di origine dopo aver subito persecuzioni da parte del regime locale. La richiesta di 30 pagine descriveva in dettaglio le storie di queste persone vulnerabili che erano state catturate in una zona di guerra mentre cercavano di mettersi in salvo.
La Corte Europea dei diritti dell’Uomo è intervenuta pochi giorni dopo adottando una decisione identica a quella della richiesta precedente, ovvero ordinando all’Ucraina di trasferire immediatamente i ricorrenti in un luogo più sicuro e chiedendo informazioni sui piani relativi al loro allontanamento dal Paese. Sebbene l’obiettivo fosse il rilascio dei ricorrenti – poiché nessun luogo dell’Ucraina è davvero sicuro in tempi di guerra – il risultato ottenuto è stato certo migliore che rimanere in trappola in prossimità del conflitto e in attesa delle bombe che avrebbero inevitabilmente colpito il Centro, come avevano già colpito la maggior parte degli edifici che lo circondavano.
Dopo un’interminabile attesa, condita dal silenzio del governo ucraino, dieci giorni dopo la decisione della Corte EDU è giunto l’annuncio che tutti i migranti ancora detenuti nel centro di detenzione di Mykolaiv che desideravano essere trasferiti (compresi tutti gli assistiti dell’Iniziativa Rule 39) sarebbero stati spostati in una zona più sicura dell’Ucraina, in particolare al centro di detenzione temporanea per stranieri e apolidi di Volyn.
Alcuni giorni dopo il trasferimento dei migranti dal Centro di Mykolaiv, l’avvocata Sartori ha ricevuto la notizia che tale centro era stato colpito e distrutto da un missile. “È difficile descrivere a parole cosa ho provato quando ho appreso la notizia” afferma Sartori – “il sollievo di sapere che grazie al nostro intervento la vita delle persone era stata salvata appena in tempo è stato immenso. In una situazione del genere si ottiene conferma del fatto che gli sforzi e il duro lavoro messi insieme attraverso l’iniziativa Rule 39 possono fare una differenza sostanziale per migranti e richiedenti asilo”.
Tuttavia, va sottolineato che le condizioni che hanno accolto i migranti nel centro di detenzione di Volyn, finanziato dall’UE, rappresentano una minaccia ai loro diritti umani, e alla loro sicurezza e dignità. Le notizie sulle persone migranti trattenute che sono state picchiate – e che hanno affermato che gli era perfino stato detto di poter lasciare il Centro qualora avessero accettato di combattere a fianco dell’esercito ucraino, cosa che si sono rifiutate di fare – hanno iniziato a circolare da febbraio, e sono trascorsi un paio di giorni prima che i migranti ivi trasferiti da Mykolaiv riavessero i telefoni, sequestrati in precedenza ad ennesima violazione dei loro diritti. Tutto ciò non fa che aumentare la disumanità di essere trattenuti senza prospettive di rilascio, all’interno di una nazione in guerra.
Dal centro di detenzione di Mykolaiv
Nell’ultima settimana sono arrivati ulteriori aggiornamenti positivi, con la notizia della liberazione del richiedente asilo afgano della prima richiesta e dei richiedenti asilo cubani della seconda richiesta presentata dall’iniziativa Rule 39, relativa al centro di detenzione di Mykolaiv. Tutti i ricorrenti hanno lasciato con successo il paese, ed hanno richiesto asilo in Polonia o in Romania.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene ora che la minaccia immediata alla vita di coloro che erano detenuti nel centro di detenzione di Mykolaiv sia venuta meno. Tuttavia, la violazione dei diritti di coloro che sono stati trasferiti in un altro centro di detenzione senza giustificato motivo continua a preoccupare chi si occupa dei loro diritti, l’Iniziativa Rule 39 di CILD e anche l’ong Medici Senza Frontiere. In questa fase, si sta dunque continuando a monitorare il trattamento dei migranti nel centro di detenzione di Volynsky, collaborando con le ambasciate competenti per chiedere il ricollocamento dei trattenuti presso altri paesi europei.
Sebbene sia incoraggiante vedere come misure quali la richiesta di applicazione dell’articolo 39 siano efficaci nel salvare vite umane e possano infondere un po’ di speranza in situazioni che altrimenti ne sarebbero prive, rimane sconcertante che tali misure siano necessarie per garantire risultati di buon senso quando si tratta della vita di richiedenti asilo e migranti. Ciò evidenzia inoltre quanto la detenzione dei migranti sia sempre stata, e continui ad essere, pericolosa e disumana.
Fino a quando i flussi migratori non potranno essere affrontati in modo più umano, compassionevole e logico, la società civile e i progetti di collaborazione come l’Iniziativa Rule 39 rimarranno necessari e saranno chiamati a colmare quei “vuoti di umanità”, per la protezione dei diritti umani e della dignità.
Foto copertina via Twitter/Lighthouse Reports