Sulla regolarizzazione straordinaria del maggio 2020, e sulle circa 220.000 domande complessive presentate oltre due anni fa, continuano ad arrivare notizie sconfortanti da parte del ministero dell’Interno.
Nell’ambito del suo lavoro di monitoraggio sull’attuazione della regolarizzazione, la campagna Ero Straniero ha fatto richiesta di accesso agli atti, e dai dati forniti dal Viminale risulta che al 19 ottobre 2022 sono stati effettivamente rilasciati 83.032 permessi di soggiorno, cioè solo il 37,7% del totale delle domande presentate.
Quanto alle pratiche in lavorazione, invece, sono circa l’80% del totale delle domande ricevute: 127.652 le domande accolte in attesa che venga rilasciato il permesso di soggiorno, 29.159 i rigetti e 4.383 le rinunce. Numeri che mostrano come, a distanza ormai di due anni, la macchina amministrativa del ministero dell’Interno si sia inceppata e non riesca a rimettersi in pari.
Tempi lunghissimi, condannati anche dal consiglio di Stato nel maggio scorso, con cui devono fare i conti ogni giorno decine di migliaia di persone straniere. Ma anche uffici perennemente sotto organico e impreparati ad affrontare un carico di lavoro così gravoso.
Per far fronte a questa emergenza sono stati assunti – anche se con grandissimo ritardo – oltre 1.200 lavoratori e lavoratrici interinali, grazie ai quali alcuni passi avanti, seppur minimi, sono stati fatti. Lavoratori con contratti precari e di durata brevissima, che faticano però a garantire quella continuità che invece sarebbe indispensabile all’attività amministrativa.
Tornando alle persone che attendono da anni in questo limbo, molte di loro continuano a vivere e lavorare nella precarietà o, nel peggiore dei casi, hanno perso la possibilità di mettersi in regola per il venir meno della disponibilità di chi voleva assumerle, come raccontano alcune testimonianze raccolte nell’approfondimento presentato da Ero Straniero.
“Ho insistito io con i miei genitori perché mettessero in regola Irina (nome di fantasia, ndr). Loro dicevano che andava bene anche così, ma io volevo che facessero le cose per bene”, racconta A., dalla provincia di Roma. “Ma da subito è stato un incubo: tantissimi documenti da presentare, poi integrazioni, ci siamo fatti aiutare da un avvocato e anche lì soldi da pagare, l’appuntamento che non arriva e tu che non puoi avere informazioni, cioè non c’è un numero di telefono a cui qualcuno ti risponde e ti dice ‘guardi, la sua pratica è a questo punto’…si sono presi i soldi subito, quello sì, poi ci hanno abbandonato. Irina è stata convocata per il primo appuntamento due settimane fa, a novembre 2022… era da giugno 2020 che aspettava questa chiamata. Adesso vediamo quanto ci vuole ancora per avere il permesso vero e proprio.”
Ancora più preoccupante è se possibile la situazione di Roma dove al 3 ottobre, su 17.371 domande presentate, quelle definite positivamente sono solo 5.202, mentre sono 2.373 le domande con esito negativo. Neanche la metà delle pratiche è stata dunque finalizzata.
Data la situazione, su iniziativa di alcuni legali e associazioni, a giugno scorso, è stata inviata una diffida alla prefettura di Roma e al ministero dell’Interno da 30 tra lavoratori e lavoratrici in emersione e, successivamente, è stata depositata al Tar del Lazio una class action contro i gravi e persistenti ritardi della prefettura di Roma. La prima udienza si celebrerà il prossimo 31 gennaio, ma dal 3 al 10 gennaio 2023 si riapre la possibilità di partecipare al procedimento per tutti coloro i quali abbiano ancora la loro domanda di emersione pendente.
Su cosa intervenire?
Secondo la campagna Ero Straniero, l’intervento più urgente resta la stabilizzazione degli oltre mille lavoratori e lavoratrici interinali presso prefetture e questure, il cui contributo è stato nei mesi scorsi indispensabile e potrebbe esserlo ancora di più nei prossimi mesi. Qualcosa si muove, la legge di bilancio 2023 prevede un’ulteriore proroga dei loro contratti per il 2023, ma solo per la metà delle figure professionali attualmente impiegate nelle prefetture.
Oltre alla riforma del sistema attuale della gestione di flussi per lavoro e all’introduzione di un meccanismo permanente di regolarizzazione – conclude Ero Straniero – occorre però cambiare anche l’approccio della pubblica amministrazione verso le persone straniere condannate a subire tempi di attesa lunghissimi e ostacoli burocratici inaccettabili in termini di inclusione e partecipazione alla vita del paese, dove hanno scelto di stabilirsi e lavorare.
In copertina: alcuni ospiti del Cas di Vallermosa mentre lavorano l’orto che produce vari tipi di ortaggi in parte venduti nei mercati locali (fotografia di Federica Mameli)