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Homepage >> Idee >> CILD lancia #OpenMigration: i dati per capire, la dignità per tutti
Andrea Menapace
@andymenapace
Andrea Menapace dirige la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili (CILD) e Open Migration. In precedenza ha lavorato Transparency & Accountability Initiative, dove ha diretto il programma sulle nuove tecnologie. Ha svolto attività di ricerca e consulenza per organizzazioni internazionali e non-governative che si occupano di governance e diritti umani, media digitali, accesso all’informazione, trasparenza e accountability. È tra i fondatori di Diritto di Sapere.

CILD lancia #OpenMigration: i dati per capire, la dignità per tutti

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28 dicembre 2015 - Andrea Menapace
Oggi CILD lancia Open Migration, un sito di informazione di qualità e analisi sul fenomeno delle migrazioni e dei rifugiati, per colmare le lacune nell’opinione pubblica e nei media. Ecco perché.

1,005,504 sono i migranti “irregolari” e i rifugiati giunti in Europa nel 2015 secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) raccolti al 21 dicembre*: 816,752 di loro sono arrivati in Grecia, 150,317 in Italia. È dalla seconda Guerra mondiale che l’Europa non vede numeri di tale portata.

Il motivo? Sono principalmente siriani vittime della guerra civile, seguiti da afgani, eritrei e iracheni, anch’essi in fuga da conflitti decennali e governi repressivi.
Numeri significativi ma che non reggono il confronto con quelli registrati in Medio Oriente a causa degli stessi eventi. Sono infatti 2.2 milioni i siriani rifugiati in Turchia, 1.1 quelli in Libano e 633,000 in Giordania**. Alla stragrande maggioranza di loro, tali Paesi non riconoscono i diritti più elementari, come la possibilità di lavorare legalmente. Di fronte a tale scenario l’ultima possibilità di una vita più dignitosa è tentare di arrivare in Europa ed ottenere la protezione di tali diritti garantita dalla Convenzione di Ginevra del 1951.

Ci sono poi altri numeri ancora più drammatici e tragici. Solo quest’anno sono oltre 3200 i morti registrati al largo delle coste greche, turche e italiane. 700 di questi sono bambini***. Sono numeri che fanno del Mediterraneo la frontiera più mortale al mondo.

Solo di uno, ricordiamo il nome: Aylan, 3 anni il cui corpo apparso il 2 settembre sulla spiaggia di Bodrum in Turchia ha commosso il mondo. Degli altri rimane solo il ricordo dei loro cari sopravvissuti.

Refugees in Vienna (Source: Josh Zakary/Flickr — CC BY-NC 2.0)

Il 2015 che si sta per chiudere sarà ricordato anche come l’anno dei rifugiati.

Questi numeri li risentiremo spesso in questi giorni, ma non saranno loro — pur nella loro drammaticità e tragicità — a cambiare le cose.
Pensiamo che per cambiare le politiche che costringono queste persone a rischiare la vita, per ritrovarne una un po’ migliore, serve cambiare la narrazione globale dei fenomeni migratori e delle persone che ne fanno parte: #openmigration è il nostro contributo per andare in questa direzione.
Lo faremo partendo dai numeri del fenomeno per cercare di spiegarli e dare loro un volto, arrivando alle storie di gente come noi che il destino ha posto dall’altra parte delle nostre frontiere.

Al di là delle posizioni sul tema, c’è una generale e diffusa mancanza di conoscenza sui dati reali, le dinamiche globali e le motivazioni dei flussi migratori legati alla povertà e alle guerre. Tale fenomeno è aggravato dai media che spesso manipolano la rappresentazione dei fatti, perpetuando una disinformazione cronica che alimenta paura, intolleranza e la negazione dei diritti fondamentali delle persone.

Le continue tragedie in mare di cui sono vittime le persone che cercano di raggiungere l’Europa generano reazioni di indignazione e di solidarietà, ma anche allarme, indifferenza e razzismo, sia da parte della società che della politica.

Per questo vogliamo offrire una fonte indipendente e rigorosa per un dibattito equilibrato e ‘umano’ su uno dei temi più controversi e cruciali del momento, con l’obiettivo non solo di difendere i diritti “negati” di migliaia di persone, ma anche di contribuire al futuro sociale ed economico di un continente come l’Europa, oggi pervaso da una retorica populista e razzista che trova ampio spazio sui media.

L’abbiamo chiamata “open” proprio per rinforzare i valori di apertura, rispetto e inclusione oltre che per richiamare al necessario lavoro di trasparenza attorno ai dati e alle informazioni sul tema, opera imprescindibile se vogliamo spingere verso una maggior responsabilità dei governi sul terreno delle migrazioni globali ed una riforma delle politiche migratorie che metta al centro la dignità e i diritti fondamentali delle persone.

Vogliamo affrontare la complessità del tema nel suo insieme, stare nel dibattito, e possibilmente alimentarlo offrendo ai media e alla politica, così come ai cittadini e alle organizzazioni della società civile strumenti di comprensione e advocacy efficaci. Per farlo attingeremo alla competenza e alla passione delle organizzazioni che gravitano attorno a CILD e ad un gruppo di professionisti esperti a livello nazionale e internazionale. Consapevoli dell’impresa che ci aspetta siamo inoltre aperti alla collaborazioni strategiche con tutti coloro che vorranno unirsi a noi.

L’obiettivo ultimo è quello di costruire attorno a #openmigration una piattaforma di advocacy ampia che riesca ad alimentare il cambiamento della politica migratoria italiana ed europea, con uno sguardo aperto alle grandi sfide che Italia ed Europa hanno davanti in ambito sociale, economico e culturale.

FOTO DI COPERTINA: CAFOD Photo Library / Flickr Creative Commons.

Etichettato con:data journalism, Open Migration

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