Nel piano governativo di esternalizzazione della gestione dei migranti in Albania c’è anche la previsione di costruire un carcere gestito da dirigenti, funzionari e agenti di Polizia Penitenziaria italiani. Mentre in Italia vi sono circa dodicimila detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare delle carceri italiane, se ne costruisce uno, seppur piccolo, nel Paese delle aquile. Quella che è un’operazione spot, pubblicitaria, di mera propaganda, oltre che contraria ai principi fondativi di una democrazia rispettosa dei diritti umani, ora diventa persino provocatoria rispetto a chi ha a cuore il diritto nella sua complessità oltre che verso il mondo degli operatori carcerari.
Il carcere albanese made in Italy dovrebbe essere destinato a recludere quegli immigrati che commettono reati nei Cpr delocalizzati in Albania. Così si chiude il circolo vizioso della esportazione alla disumanità. Qui giungono i primi dubbi. Si applicherà l’ordinamento penitenziario italiano come fossimo a Bari o a Trieste? Oppure la legge albanese? Non è dato saperlo. Nel primo caso come si pensa di assicurare la supervisione della magistratura di sorveglianza? In che modo si garantiranno i diritti di difesa e tutti gli altri diritti? Dove si terrà il processo? Qualora invece si dovesse applicare la legge albanese, come appare ben più ovvio essendo la galera su territorio straniero che, va ricordato non è più una nostra colonia come ai tempi delle mistificazioni criminali del regime fascista, allora sarebbe necessario che direttori e poliziotti si mettano a studiare l’ordinamento penitenziario albanese per sapere cosa prescrive in termini di salute, lavoro in carcere, sicurezza, trattamento, misure alternative, uso della forza, isolamento etc etc. Ha senso?
A prima vista il modello prescelto assomiglia alla caserma di Bolzaneto messa in piedi a Genova nel 2001 per gli arresti che si immaginava potessero esserci durante le manifestazioni anti G8. Quel modello si rivelò una macchina della tortura.
Resta il fatto che ci saranno quarantacinque dirigenti e poliziotti penitenziari italiani che verranno sottratti al lavoro nelle carceri italiane per essere mandati, con uno stipendio triplicato, a gestire una ventina di immigrati detenuti per avere probabilmente resistito a una carcerazione immorale e ingiusta. Il tutto mentre i colleghi sono in affanno nelle galere nostrane e non riescono a coprire i quattro turni giornalieri o ad assicurare la presenza notturna. Che dicono i sindacati autonomi di polizia penitenziaria?
Propaganda costosissima che inciderà sulle tasse che dovranno pagare gli italiani nel 2025. È questo un discorso qualunquista? No! È il tentativo di usare gli stessi argomenti di chi racconta frottole sull’immigrazione cercando di racimolare voti sulla pelle disperata delle masse migranti. Siamo vicini alle elezioni europee e mi auguro che la zona grigia dell’opinione pubblica apra gli occhi e chieda conto di politiche immorali, costose e ingannevoli.