I dati più aggiornati intorno alla situazione carceraria e alle misure alternative alla detenzione nell’Europa larga dall’Atlantico agli Urali sono raccolti dall’Università di Losanna nei rapporti Space I e Space II. In premessa va detto che non è facile sistematizzare informazioni provenienti da ben 47 Paesi molti dei quali non hanno uffici di rilevazione statistica dei dati penitenziari o comunque rispondono alle sollecitazioni accademiche – seppur avallate dal Consiglio d’Europa – con grave ritardo. Ciò spiega il fatto che i dati penitenziari europei più recenti sono del 2012 mentre, per esempio, in Italia possiamo disporre di rilevazioni quasi in tempo reale.
Sono circa 800 milioni gli abitanti complessivi dell’Europa. I detenuti nelle carceri europee sono invece poco più di un milione e 700 mila, per la precisione 1 milione e 737 mila. I detenuti erano circa 100 mila in più l’anno precedente. Il tasso medio di incarcerazione è di circa 150 detenuti ogni 100 mila abitanti. Tra il 2011 e il 2012 in un numero ristretto, ma significativo, di Paesi vi è stato un decremento della popolazione detenuta superiore al 5%; tra questi vi sono la Federazione Russa, la Spagna, la Turchia e la Svezia. Ma anche in Inghilterra, Germania, Olanda vi è stata un’inversione percentuale, seppur meno significativa, rispetto a precedenti lunghi periodi di crescita. In Italia un calo sia in termini percentuali che assoluti è avvenuto tra il 2012 e il 2015.
Immigrati dietro le sbarre
Quanto incide sui tassi di detenzione e sull’affollamento delle prigioni la componente straniera rispetto ai detenuti cosiddetti Nazionali? È essa la causa principale dei tassi nazionali di incarcerazione e di affollamento? La presenza media di immigrati nello spazio penitenziario europeo è del 21%. Poco più di un detenuto su cinque non ha il passaporto del Paese che lo imprigiona. La percentuali più basse si trovano, come era prevedibile che fosse, nei Paesi dell’est che non sono paesi tradizionali di immigrazione bensì di emigrazione. Le più alte percentuali si riscontrano in alcuni Paesi dell’Europa centrale (ad esempio Belgio e Austria).
In Romania gli stranieri detenuti sono pochissimi, ovvero lo 0,6% rispetto al totale. In Albania la componente detenuta non albanese è dell’1,8%. In Turchia la componente reclusa non turca è dell’1,7%. In Svizzera la popolazione detenuta non elvetica è invece addirittura del 74,3%. Un numero impressionante che può essere spiegato anche in considerazione delle tradizionali chiusure frontaliere della Svizzera. Più nello specifico dei 4.896 detenuti stranieri in Svizzera (una parte dei quali italiani), solo 1.330 hanno un permesso regolare di soggiorno e ben 716 hanno lo status di richiedente asilo. Tutti gli altri sono invece irregolari. Gli immigrati che dispongono di regolare permesso di soggiorno, non solo in Svizzera, hanno tassi di devianza bassi.
L’integrazione costituisce un’occasione non rinunciabile e di solito entra a far parte di un patto di rispetto delle regole di vita. Una percentuale di stranieri rispetto al totale della popolazione detenuta superiore al 40% (al di là di Andorra, Cipro, Liechtenstein, Lussemburgo e Principato di Monaco i cui numeri totali della detenzione non sono significativi essendo Paesi di per sé molto piccoli) si riscontra, come detto, in Austria con il 46,7% e in Belgio con il 42,3%.
Francia e Inghilterra, che hanno ampie comunità immigrate al proprio interno, hanno invece numeri di detenuti stranieri ben più bassi, rispettivamente il 17,9% e il 12,6% del totale. Ciò può avere una doppia spiegazione: da un lato un più facile accesso alla cittadinanza da parte di coloro i quali hanno provenienze nazionali dalle ex colonie, dall’altro legislazioni interne più elastiche sul diritto d’asilo che riducono i rischi della creazione di quel circolo vizioso che parte dall’immigrazione irregolare e termina nella devianza criminale.
La situazione in Italia
La percentuale italiana della componente reclusa immigrata è superiore alla media europea di oltre 11 punti percentuali essendo pari al 32% (dato 2015). Circa 4 punti percentuale in più rispetto alla Germania, che per l’appunto ha uno dei tassi di affollamento più bassi nell’area della Unione Europea ben inferiore ai 100 detenuti per 100 posti letto.
In Italia gli stranieri regolarmente soggiornanti sono circa l’8% della popolazione. I detenuti il 32% della popolazione reclusa. I soggiornanti regolari, secondo stime a campione effettuate su singoli istituti, sono una quota inferiore al 10% del totale dei detenuti stranieri, ovvero circa il 3% del totale della popolazione detenuta nel nostro Paese. Una percentuale dunque più bassa rispetto agli italiani che vanno a finire in carcere.
I detenuti stranieri che non stanno scontando una condanna in via definitiva nei Paesi europei sono il 37,9% del totale degli stranieri in carcere. Ben di più di uno straniero detenuto su 3 (quasi 2 su 5) non è per la giustizia nazionale una persona colpevole.
La custodia cautelare
Il peso medio generale della custodia cautelare è invece intorno al 25%, ovvero 12 punti in meno rispetto al dato che riguarda la componente straniera. Complessivamente, non un detenuto su 3 come per i soli stranieri bensì un detenuto su 4 è dunque dentro in attesa del giudizio finale.
Dunque nei confronti degli stranieri la giustizia rischia di essere discriminatoria: la carcerazione preventiva si applica con più facilità e dunque diventa una sorta di pena anticipata. Guardando ai dati dei singoli paesi europei si va dal 10,4% dell’Azerbaijan al 75.6% della Bosnia ed Herzegovina. Da segnalare quello che accade in paesi che solitamente hanno basse percentuali di custodia cautelare. Sono effettivamente molto basse nei confronti dei loro cittadini ma diventano altissime nel caso degli stranieri: si pensi al 50,6% dei detenuti stranieri in carcerazione preventiva in Finlandia rispetto al totale degli stranieri in prigione, al 53,2% della Norvegia e dell’Olanda, al 57,2 della Danimarca.
La media percentuale degli stranieri in custodia cautelare rispetto al totale delle persone non condannate presenti in carcere è del 28% contro il 21% della loro rappresentazione complessiva (che comprende i condannati).
In Italia la percentuale dei detenuti stranieri in custodia cautelare è più o meno in linea con il dato europeo. Ma l’Italia è anche il Paese dove in generale il peso della custodia cautelare è tradizionalmente ben più alto rispetto alla media europea, essendo oggi di circa il 31,3% ma solo pochi anni fa raggiungeva quasi il 50%.
Gli immigrati subiscono maggiormente i provvedimenti cautelari detentivi rispetto ai cosiddetti detenuti nazionali. La sovra-rappresentazione degli immigrati fra coloro che sono dentro in attesa della condanna è in più il segno di un sistema giudiziario discriminante su base etnica. Nei confronti di un immigrato irregolare è certamente più difficile trovare soluzioni cautelari diverse dalla carcerazione. I giudici di sovente motivano i provvedimenti di carcerazione sostenendo la tesi che gli immigrati privi di permesso di soggiorno non hanno un domicilio stabile ove poter andare agli arresti domiciliari. In realtà molto spesso gli irregolari una casa o una stanza dove vivere ce l’hanno ma non possono essere indicate quale domicilio regolare essendo loro stessi in una generale condizione di irregolarità.
I sistemi dell’immigrazione che si fondano sulla previsione e regolamentazione dei flussi, ovvero la maggioranza delle normative dei paesi europei occidentali, negano i diritti di cittadinanza (voto, lavoro, abitazione) a chi non entra regolarmente nel paese. Pertanto l’immigrato non regolare finirà più facilmente in carcere in custodia cautelare rispetto allo straniero regolare. È quindi la legge sull’immigrazione che incide direttamente sui tassi di detenzione. Ugualmente accade rispetto a quelle misure alternative alla detenzione che si fondano su riferimenti abitativi regolari esterni all’istituto penitenziario. Il numero di concessioni nei confronti di detenuti stranieri non regolari è più basso in percentuale rispetto al numero di concessioni per i detenuti autoctoni.
Il dato sulla presenza di detenuti provenienti da paesi non comunitari deve tenere conto oltre che dell’incidenza in negativo di quelle misure cautelari o alternative che richiedono riferimenti abitativi stabili, anche del fatto che i loro Paesi di origine, a differenza di quelli dell’area Ue, con minore frequenza fissano o rispettano accordi di estradizione o di trasferimento dei condannati. In assenza di questi ultimi la magistratura si sente legittimata a lasciare in carcere il detenuto straniero, non fidandosi della maggiore ‘libertà’ connessa alla misura non detentiva.
Quanto pesano gli immigrati Ue
Quanto incide la cittadinanza europea nella componente immigrata? Ovvero quanti sono in Europa fra gli immigrati quelli originari dell’area Ue? Il 32,4%. Una percentuale che risulta in linea con il dato tedesco che deve sopportare il maggior peso dell’immigrazione polacca, croata e rumena e con quello inglese che è invece meno soggetto alla immigrazione dai Paesi della costa sud del Mediterraneo. Più bassa dunque l’incidenza della nazionalità comunitaria in Italia o Spagna dove la percentuale dei detenuti dell’area Ue rispetto al totale della popolazione detenuta straniera scende al 20%.
Posto che i detenuti stranieri ristretti nelle carceri dei 47 Paesi del Consiglio d’Europa sono circa 370 mila e considerato che quelli di origine comunitaria sono più o meno 120 mila ne deriva che i detenuti non comunitari nell’intero spazio giuridico europeo sono circa 250 mila. Complessivamente rappresentano il 14% della popolazione detenuta in tutte le galere d’Europa. Pochi rispetto alla sovraesposizione mediatica e politica del tema, troppi rispetto al numero basso di delitti contro la persona commessi e al loro ugualmente basso tasso di adesione a organizzazioni criminali mafiose o terroristiche.
Sarebbe sufficiente che alcune legislazioni nazionali divenissero più elastiche nell’accoglienza primaria e nella possibilità di diventare cittadini regolari, per non creare quelle condizioni sociali e giudiziarie che favoriscono, come spiegato, la detenzione soprattutto nella fase cautelare. In ogni caso va sicuramente detto che nonostante una forte retorica anti-immigrati presente in molti Paesi, nonostante le difficili condizioni sociali in cui gli immigrati vivono un po’ dappertutto a causa di processi di marginalizzazione e stigmatizzazione, nonostante una minore disponibilità di strumenti di difesa legale, i numeri non sono così elevati da giustificare allarmi per la sicurezza. La criminalità straniera non costituisce l’urgenza politica e giudiziaria dell’Europa. I numeri della devianza penale straniera non spiegano campagne xenofobe. Se mai sono indicativi di un sistema della giustizia palesemente discriminatorio.
Twitter: @patgonnella