Per la regolamentazione delle persone proveniente da Paesi terzi si deve innanzitutto fare riferimento al regolamento di Dublino. Il Regolamento Dublino III, entrato in vigore il 1 gennaio 2014, definisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide.
In sostanza, stabilisce, sulla base di alcuni criteri, quale Stato debba farsi carico della richiesta di asilo di una persona giunta sul territorio europeo. Vediamo perché e come funziona.
I principi generali
Dal 1999 l’Unione Europea ha cercato di realizzare un sistema comune di asilo. Tuttavia, ancora oggi, una persona che entra in Europa non può decidere in quale Stato presentare la sua richiesta di asilo. Infatti, il principio generale alla base del regolamento Dublino III è che qualsiasi domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro, quello individuato come competente e la competenza per l’esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primo luogo sullo Stato che ha espletato il ruolo maggiore relativamente all’ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri, salvo eccezioni.
Quindi, la richiesta di asilo per un migrante proveniente da un Paese terzo deve essere fatta nel primo Paese dell’Unione in cui mette piede, solitamente Italia e Grecia, dove dovrebbe essere identificato dalle forze dell’ordine, lasciando uno spazio estremamente ridotto alle preferenze dei singoli.
Come funziona?
Esiste una banca dati centrale, Eurodac, in cui vengono registrati i dati e le impronte di chiunque attraversi irregolarmente le frontiere di uno Stato membro o presenti richiesta di protezione internazionale. In sintesi, questa banca dati consente di stabilire in quale Stato membro sia avvenuto il primo ingresso in Europa di una persona richiedente asilo, laddove però sia stata identificata. Nel caso in cui l’identificazione non avvenga, come spesso accade oggi in Italia, talvolta basta semplicemente un biglietto del treno o uno scontrino per testimoniare il passaggio dal territorio italiano anche senza aver mai avanzato richiesta di asilo.
Quindi, con la presentazione della domanda di protezione internazionale in un paese europeo, se in base al racconto del richiedente o ad altri elementi, come le impronte, emergono dubbi sulla competenza si apre una fase di accertamento, “fase Dublino”, che sospende l’esame della domanda di asilo. Si attiverà infatti un procedimento in base al quale le autorità, individuato il Paese dove il richiedente asilo è già stato segnalato, chiederanno alle relative autorità di prendersi carico della domanda e, se la risposta sarà positiva, verrà emesso un provvedimento di trasferimento verso quel Paese con il conseguente trasferimento effettivo del richiedente.
Lo Stato membro competente è obbligato a prendere in carico il richiedente che ha presentato richiesta di protezione in un altro Stato. Ad esempio un cittadino straniero che è entrato in maniera irregolare in Italia e che poi si è recato in Germania dove ha presentato richiesta di asilo dovrebbe, in teoria, essere trasferito in Italia.
I limiti di Dublino III
Nella pratica una persona che arriva in Italia, Spagna, Grecia e Ungheria, per citare alcune delle porte di ingresso all’Europa, deve avere la fortuna o la “bravura” di non farsi intercettare se vuole scegliere e quindi raggiungere lo stato in cui vorrebbe vivere. Si tratta di una logica perversa per cui il Paese che salva una vita in mare è poi il Paese che dovrà accogliere quella persona e garantirgli protezione e il Paese in cui quella persona sarà costretta a costruire il suo futuro.
Infatti, allo stato attuale delle cose una persona a cui sia riconosciuta la protezione internazionale da uno Stato membro europeo è costretta a vivere in quel Paese in quanto può circolare per tre mesi all’interno dell’Unione, ma non si può trasferire legalmente in nessun altro Stato per lavorare, studiare o vivere stabilmente. Praticamente un rifugiato riconosciuto dall’Italia non è un rifugiato anche per la Germania.
Questo significa che, salvo eccezioni, lo Stato individuato dal Regolamento Dublino come competente a esaminare la domanda sarà poi anche lo Stato in cui la persona dovrà restare una volta ottenuta la protezione, per cui un cittadino eritreo riconosciuto come rifugiato dall’Italia non ha la libertà di stabilirsi entro i confini europei, per esempio in Svezia, avvalendosi dei diritti garantiti dal suo status. Questo perché, nell’ordinamento dell’Unione non esiste il principio del mutuo riconoscimento della protezione ed ai beneficiari della protezione internazionale non è stata riconosciuta la libertà di soggiorno in altri Stati membri.