1. Come l’Europa tiene in ostaggio i profughi a Idomeni
Annalisa Camilli, per Internazionale, ci porta a Idomeni. Qui, nel più grande campo profughi della Grecia – definito “la Dachau dei nostri giorni” dal ministro dell’interno greco Panagiotis Kouroublis – da circa due mesi vivono accampate nel fango dodicimila persone, il 40 per cento dei quali sono bambini: un’emergenza umanitaria provocata della schizofrenia dei governi europei e delle loro politiche verso i migranti.
2. Lampedusa: “mandateci via da questa prigione”
Circa 70 rifugiati sono scesi in piazza a Lampedusa per chiedere di poter lasciare l’isola, dove sono bloccati da mesi, e hanno indetto uno sciopero della fame e della sete contro le identificazioni e il sistema hotspot. Giacomo Zandonini racconta sulle pagine di Repubblica la situazione sulla piccola isola siciliana tra gli sbarchi, il sovraffollamento e la disperazione dei profughi ospitati nel primo degli hotspot europei.
3. Le proteste contro il muro del Brennero
Continua a far molto discutere l’idea austriaca di un muro sul Brennero per controllare i flussi di migranti in arrivo dall’Italia. Dopo l’incontro di giovedì scorso con il primo ministro tedesco Angela Merkel, il premier italiano Matteo Renzi ha ribadito la netta contrarietà di entrambi i governi al progetto. Nel frattempo, al confine tra Italia ed Austria la tensione è sfociata in scontri tra le centinaia di manifestanti no-borders e le forze di polizia.
4. Un bambino profugo su quattro è arrivato in Europa senza i propri genitori
Nel 2015 hanno richiesto asilo in Europa 368.000 minori – in maggioranza siriani, afghani e iracheni. Quasi un quarto di questi bambini (poco meno di 90.000) sono arrivati da soli, senza i propri genitori. Per intenderci: l’anno scorso sono arrivati in media 10 piccoli profughi senza genitori ogni ora. Il punto del Guardian: da dove vengono, chi li ha accolti.
5. L’inversione a U di Cameron sui minori non accompagnati
Dopo le tante polemiche sulla decisione del Parlamento inglese di bocciare l’emendamento che avrebbe permesso a 3000 minori non accompagnati siriani di entrare nel Regno Unito, è giunta inaspettata la nuova presa di posizione del premier Cameron, che si è dichiarato pronto ad accogliere un numero maggiore – ma imprecisato – di piccoli profughi senza genitori. Sicuramente una buona notizia, ma con alcune importanti precisazioni e un paio avvertimenti (di Nando Sigona).
Unpacking #Cameron's u-turn on #refugeechildren https://t.co/xy4LhwcXFb
— Nando Sigona (@nandosigona) May 5, 2016
6. La “generazione perduta” dei bambini siriani
Un’intera generazione, compromessa per sempre. L’inchiesta di Vice e l’approfondimento di Patrick Kinglsey per il Guardian raccontano dei tanti bambini siriani in fuga dalla guerra che, per sopravvivere, hanno dovuto rinunciare alla propria infanzia e istruzione.
7. Il modello dei corridoi umanitari come buona pratica per l’Europa
I corridoi umanitari resi possibili dalla società civile italiana (più precisamente dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia insieme alla Comunità di Sant’Egidio, grazie al supporto dell’Otto per Mille valdese e metodista) possono e devono essere un modello per l’Europa.
Nel frattempo sono arrivati in Italia in tutta sicurezza e legalità altri 101 profughi siriani e iracheni.
The infinitely moving nature of the #humanitariancorridors emerges in this brief video. _Staff pic.twitter.com/K4cG0qy31v
— Mario Giro (@marioafrica) May 5, 2016
8. Come i rifugiati danno nuova vita ai morenti paesi italiani
Mentre in tutta Europa i governi nazionali lamentano l’insostenibilità dei flussi migratori e pensano a frontiere da chiudere e muri da innalzare, c’è una paese in Calabria che ha una prospettiva decisamente diversa sulla questione. Per il villaggio di Riace, la cui popolazione è stata decimata negli anni ’90 (quando in tanti si trasferivano al Nord a cercare una vita migliore), il flusso di rifugiati è un’opportunità preziosa. Per citare letteralmente il sindaco del paese: “Ci stanno salvando dalla scomparsa”. Il racconto di Al Jazeera.
9. Storie di “rifugiati climatici” dall’America
Non è solo la guerra la ragione per cui avvengono le espulsioni di massa di popoli dalle loro terre: carenza d’acqua, inquinamento, cambiamento climatico causano milioni di nuove vittime. Ce lo aveva spiegato Saskia Sassen ed ora ce lo racconta il bel reportage del New York Times dedicato ai primi “rifugiati climatici” d’America.
10. La tecnologia aiuta i rifugiati – ma con dei limiti.
Facebook, Google Maps, Whatsapp, Viber. Gli smartphones sono uno strumento fondamentale per i rifugiati sulla via per l’Europa, mettendoli in contatto con parenti, amici e connazionali che hanno già intrapreso il “viaggio della speranza” e dando loro accesso a informazioni preziose (dalle rotte da seguire ai centri di accoglienza più vicini). Ma non sempre Internet ha la risposta giusta e, anzi, ultimamente diventa sempre più problematico orientarsi tra informazioni più o meno attendibili. La riflessione di Patrick Kingsley su Wired.