1. I migranti sono i grandi assenti delle ultime settimane
Della nave che li ha salvati si è raccontato tutto – altrettanto della capitana che guidava la nave – ma di loro, i migranti a bordo della Sea Watch cosa sappiamo? Strumentalizzati dalla politica, sviliti dalla logica dei porti chiusi che ce li vorrebbe raccontare come numeri a cui è consentito o meno sbarcare in italia, sono infine arrivati a Lampedusa.
Ma che fine hanno fatto? Mentre in Europa si accende lo scontro sulla posizione italiana e sulla criminalizzazione della solidarietà (ma come ricorda El Pais la linea politica non sembra poi essere così diversa) e in Italia si continua a parlare di sbarchi fantasmi e del presunto strapotere delle ong che salvano vite in mare, le persone salvate dalla Sea Watch sono passate dall’hotspot dell’isola a quello di Messina – tanto che un gruppo di organizzazioni ha denunciato la loro arbitraria detenzione.
2. Intanto Carola Rackete querela Salvini
Era nell’aria da giorni e alla fine così è stato: è stata depositata presso la Procura della Repubblica di Roma la denuncia-querela di Carola Rackete, capitana della Sea Watch 3, nei confronti del leader della Lega matteo Salvini. Tra i vari reati ipotizzati spiccano quelli di diffamazione e istigazione a delinquere.
Carola Rackete e i suoi legali chiedono inoltre il sequestro preventivo delle pagine Facebook e Twitter e degli account ufficiali di Matteo Salvini, attraverso le quali risultano pubblicati e diffusi i contenuti diffamatori:
“Le esternazioni che qui si denunciano non vengono svolte all’interno delle funzioni svolte da Matteo Salvini nella sua qualità di ministro, ma costui si fa forte di quella qualità per potenziare in modo dirompente il messaggio d’odio: un delitto ordinario dunque per il quale non devono né possono valere i parametri sui quali si misurano i reati ministeriali, né le specialità procedurali che ne conseguono. Odio concretamente idoneo a provocare da un lato la commissione di nuovi delitti di diffamazione ai miei danni e dall’altro di espormi tal pericolo di aggressioni all’incolumità fisica” scrive la Rackete nella querela.
3. La testimonianza di Kosofo dall’inferno libico
Secondo l’Onu sarebbe di almeno 53 rifugiati morti, tra cui sei bambini, il bilancio dell’attacco aereo al centro di detenzione di Tajoura. Numeri destinati a salire se, come denunciano i detenuti sopravvissuti, nel centro si trovavano molte più persone di quelle ufficialmente dichiarate dalle autorità.
Tra loro c’era anche Kosofo, in fuga dal Darfur e incarcerato pochi giorni prima dell’attacco, dopo che per l’ennesima volta non era riuscito ad abbandonare la Libia.La sua storia fatta di detenzioni, fughe, trafficanti privi di scrupoli e tentativi di attraversare il mare è esplicativa di quanto accade in Libia e solleva numerosi interrogativi sul paese nordafricano e sulla sorte dei migranti li intrappolati. Ce li racconta – in questo pezzo per il Guardian – Sally Hayden.
4. Migranti, ecco l’idea corridoi umanitari dalla Libia
Gli scontri armati in Libia non sembrano placarsi, ed è ormai ben nota la gravissima situazione umanitaria nei centri di detenzione per migranti e rifugiati nel paese, soprattutto attorno la capitale Tripoli. Ma se la via negoziale sembra essere naufragata e il dibattito politico sembra limitarsi ai soccorsi delle ong nel Mediterraneo, quali potrebbero essere le possibili soluzioni percorribili?
Rilascio dei migranti, invio di aiuti, protezione e corridoi umanitari: queste quelle individuate dalla Vice Ministro degli Esteri italiana Emanuela Del Re e proposte in questo articolo per Limes.
Proprio ai corridoi umanitari, e alla loro capacità di consentire l’arrivo in sicurezza di quasi 1.500 persone dal Libano all’Italia, avevamo dedicato questo approfondimento dal paese dei cedri.
5. Tunisia: sale a 72 il numero di corpi restituiti dal mare
Sul gommone naufragato al largo delle coste tunisine di Zarzis erano stipate più di 80 persone e nonostante siano passati più di 10 giorni, il mare continua a restituire vittime. Il bilancio è arrivato a 72 corpi recuperati, dopo che la Mezzaluna rossa ha recuperato 38 vittime: 36 nei pressi di Zarzis, nel sud-est della Tunisia, e due al largo dell’isola di Djerba.
Intanto, come riporta Alessandra Ziniti per Repubblica, Unhcr e Oim chiedono di interrompere il sostegno alla Guardia costiera libica fino a quando le persone soccorse in mare verranno riportate nei centri di detenzione.
6. La crudeltà come deterrente e quale dovrebbe essere la strategia dei democratici
Il presidente Trump ha recentemente affidato ad un un tweet il suo pensiero sulle terribili condizioni dei centri per migranti al confine con il Messico: “Se gli immigrati clandestini non sono soddisfatti delle condizioni dei centri di detenzione basta dire loro di non venire. Tutti i problemi risolti”.
L’idea che sottoporre i migranti a condizioni spaventose possa servire da deterrente non è solo crudele; trasmette una grave incapacità di comprensione delle cause che spingono le persone a intraprendere questo pericoloso viaggio e di ciò che serve per gestire il numero di persone che arrivano alla frontiera. Così, mentre Trump annuncia nuovi raid anti migranti, sul New York Times Denis McDonough e Cecilia Muñoz analizzano l’attuale situazione e si spingono a delineare quali dovrebbero invece essere le strategie dei democratici per migliorare le condizioni dei migranti al confine meridionale Usa.
Intanto, come scrive il Wall Street Journal, il Tribunale supremo del Guatemala ha emesso una sentenza che di fatto blocca qualsiasi possibilità di accordo tra Guatemale e Usa sull’immigrazione. Nessun accordo dunque sulla proposta che vedeva i migranti provenienti da paesi del centro america poter richiedere asilo in Guatemala prima di prendere la via verso gli Stati Uniti.
7. L’accoglienza a Roma è in casa
“Una nuova azione che punta a includere e integrare i titolari di protezione internazionale, accompagnando in particolare almeno 50 persone nel territorio romano alla piena autonomia e indipendenza”. Così Laura Baldassare – assesore di Roma alla Persona, Scuola e Comunità solidale – presenta il bando “Dalle Esperienze al Modello: l’accoglienza in famiglia come percorso di integrazione”,che vede coinvolte oltre Roma i comuni di Bari, Macerata, Palermo, Ravenna insieme all’università di Tor Vergata e alla onlus Refugees Welcome Italia, ed è finanziato con i fondi del FAMI, Fondo Asilo Migrazione e Integrazione, istituito dall’Unione Europea e gestito in Italia dal ministero dell’Interno.
Chi può accogliere? Persone incensurate che abbiano una camera libera e che abbiano una disponibilità all’ospitalità di un minimo di sei mesi (non c’è un massimo).
Perché come ricorda Sara Consolato di Refugee Welcome: “gli italiani ospitano. Anche senza guadagnarci niente ma anzi sostenendo loro le spese”.
8. Se i sovranisti usano la solidarietà “italiana” in chiave anti francese
Il caso della Sea Watch ha monopolizzato l’attenzione pubblica nelle ultime settimane polarizzando – mai come questa volta – lo scontro tra i sostenitori del ministro degli Interni e quelli della capitana Carola Rackete. E così ecco che per rispondere alla solidarietà di una ragazza tedesca (e giustificare la chiusura italiana), ci si ricorda della solidarietà portata da una ragazza italiana e condannata dalla Francia. La storia è quella di Francesca Peirotti che aiutò migranti a passare la frontiera di Ventimiglia e per questo è stata condannata in primo grado a 6 mesi di carcere. Morti di Confine, militarizzazione, libertà di movimento e rischi di un’eccessiva personalizzazione: l’intervista a Pietro Barabino del Fatto Quotidiano è una lettura altamente consigliata a chi non voglia limitarsi al mero scontro porti aperti vs porti chiusi.
9. Se il governo danese ammorbidisce la linea sull’immigrazione
Dopo tre settimane di colloqui con altri tre partiti di sinistra che hanno accettato di sostenerlo, il nuovo governo socialdemocratico danese ha leggermente attenuato la sua posizione sull’immigrazione rispetto a quella proposta in campagna elettorale.
Quote di rifugiati da programmi di reinsediamento, sussidi, istruzione e espulsioni: Info Migrants ci spiega tutto quello che potrebbe cambiare.
10. Cosa significa essere rifugiati in Italia?
“Il numero 23 di Via Teofilo Patini a Roma era poco più che un cancello. Non ricordo se il numero fosse visibile, ricordo invece la paura che ho provato mentre ero lì. Quando ero arrivata, prima delle sette del mattino, ero la prima persona. Ma poco a poco, arrivati alle nove, quella che era iniziata come una fila più o meno ordinata si era trasformata in un mare di gente che spingeva per entrare.Tutti stranieri. Stranieri “extracomunitari” o, in parole povere, non europei. È allora che ho pensato che, pur essendo uno dei luoghi più frequentati di Roma, paradossalmente, non compariva in nessuna guida turistica”.
Che cosa significa essere rifugiati in Italia? Cosa prova uno straniero nello stare dietro a tanta italica burocrazia? A queste domande risponde la giornalista venezuelana Melanny Hernandez, che da rifugiata ha vissuto in prima persona la trafila per vedersi riconosciuta la protezione e che ora racconta la sua avventura in un libro che inizia proprio dalla fila per l’ufficio stranieri della Questura di Roma.
Immagine di copertina: i migranti sbarcati da Sea Watch davanti alla chiesa di Lampedusa (foto di Eleonora Camilli)