1. Cassazione: il governo deve risarcire le persone migranti bloccate sulla Diciotti
La Corte di Cassazione ha stabilito che lo Stato italiano deve risarcire un gruppo di persone migranti principalmente eritree che sono state trattenute a bordo della nave della guardia costiera Diciotti per circa dieci giorni nel 2018, per ordine dell’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini.
“Trentasette pagine, collegio presieduto da Ettore Cirillo, ordinanza depositata il 6 marzo. Argomentano quindi le Sezioni unite: l’azione del Governo, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono; soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati. Nel richiamare il diritto alla libertà e alla sicurezza di ogni individuo, protetto tra l’altro anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, i giudici della Cassazione ricordano che occorre valutare se il trattenimento dei migranti a bordo della nave Diciotti integri, oppure no, un’arbitraria violazione della libertà personale, riporta la giornalista Conchita Sannino su Repubblica.
E ancora, ricordiamo che: “Per la vicenda, il tribunale dei ministri di Palermo ha indagato l’allora ministro dell’Interno Salvini per sequestro di persona ritenendo illegittimo il trattenimento dei profughi sull’imbarcazione italiana. Il caso è stato poi trasmesso a Catania per competenza territoriale e la procura etnea ha chiesto l’archiviazione. Il tribunale dei ministri locale l’aveva respinta chiedendo al Senato l’autorizzazione a procedere per il leader della Lega. A palazzo Madama (ai tempi del governo M5s-Lega) la Giunta per le Autorizzazioni a procedere votò contro”, si legge su Domani.
2. Senza soccorsi su una piattaforma petrolifera
32 persone migranti sono rimaste bloccate per quattro giorni su una piattaforma petrolifera nel Mar Mediterraneo, senza soccorsi da parte degli stati. Alla fine la Ong Sea Watch è stata costretta ad attivare le operazioni di salvataggio.
“[…] Le persone sulla piattaforma, tra cui quattro donne e due bambini secondo Sea Watch, sono rimaste al freddo, senza cibo né acqua, e una di loro è morta. Sea Watch ha raggiunto la piattaforma partendo dall’isola di Lampedusa, e ora sta aspettando che il governo italiano assegni alla nave un porto di sbarco”, riporta Il Post. E ancora: “[…] l’eurodeputato del Partito Democratico Sandro Ruotolo ha presentato un’interrogazione alla Commissione Europea in cui ha chiesto spiegazioni sul mancato soccorso del gruppo di migranti da parte della autorità italiane e maltesi. Secondo Ruotolo e gli altri firmatari dell’interrogazione, evitando di intervenire i due governi avrebbero violato gli obblighi previsti dal diritto internazionale e dal Regolamento europeo 656/2014, quello che prevede, tra le altre cose, l’obbligo di soccorso in mare di qualunque persona in pericolo e il rispetto dei suoi diritti fondamentali. L’interrogazione non ha ancora ricevuto risposta”.
“Nessuna delle autorità contattate si è assunta la responsabilità giuridica e umanitaria di un soccorso obbligatorio – spiega Giorgia Linardi portavoce della Ong – Lo abbiamo fatto noi, con la nostra Aurora [nave di salvataggio]. Anche questa volta ci siamo assunti la responsabilità di colmare un gravissimo vuoto istituzionale dettato da politiche disumane e profondamente razziste. Il nostro ruolo come società civile è esserci laddove le istituzioni preferiscono girarsi dall’altra parte, in un Mediterraneo dove l’omissione di soccorso è ormai prassi impunita mentre l’obbligo di soccorrere chiunque si trovi in pericolo è regolarmente criminalizzato”, scrive la giornalista Daniela Fassini su Avvenire.
3. Il ritorno in Siria dopo la caduta di Assad
Definita “la più grande crisi di sfollamento al mondo” dall’Unhcr, più di un milione di siriani vogliono tornare nelle loro aree di origine.
“Secondo l’Unhcr, più di 300.000 rifugiati siriani sono tornati in Siria. Intervenuta venerdì al Palais des Nations di Ginevra, la portavoce Celine Schmitt ha descritto la Siria come la più grande crisi di sfollamento del mondo e ha sottolineato che molti di coloro che sono fuggiti dalla guerra sono ansiosi di tornare a casa […]”, si legge su Info Migrants. E ancora: “Una nuova indagine dell’Unhcr ha rilevato che fino a un milione di sfollati interni nei campi e nei luoghi di sfollamento nella Siria nordoccidentale intendono tornare nelle loro aree di origine entro il prossimo anno. Si prevede che circa 600.000 persone torneranno entro i prossimi sei mesi. Il sondaggio, condotto dal 26 gennaio al 23 febbraio, ha incluso le risposte di oltre 29.000 individui. Sebbene molti abbiano espresso un forte desiderio di tornare, l’indagine ha evidenziato ostacoli significativi, tra cui la scarsità di aiuti umanitari, opportunità di lavoro e accesso ai servizi di base”.
Nel frattempo si intensifica il conflitto tra i lealisti di Assad e gli alwiti: “i residenti dei villaggi e delle città alawite hanno raccontato […] di uccisioni durante le quali uomini armati hanno sparato agli alawiti, per la maggior parte uomini, nelle strade o alle porte delle loro case. Due residenti della regione costiera siriana hanno raccontato, dai loro nascondigli, che molte case di alawiti sono state saccheggiate e poi date alle fiamme in diverse aree”, scrive il giornalista Fortunato Pinto su Euronews.
4. II governo spiava due attivisti di Refugees in Libya
Nello scandalo dello spyware dell’azienda Paragon Solutions, con sede in Israele, piattaforma di cui il governo si sarebbe servito per spiare giornalisti, tra cui Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, emerge anche il caso di David Yambio, rifugiato e portavoce e attivista del collettivo Refugees in Libya.
“Il caso di Yambio è nato dalle rivelazioni secondo cui tra le 90 persone che a fine gennaio avevano ricevuto notifiche da WhatsApp, in cui si sosteneva che erano state prese di mira da uno spyware, c’erano un giornalista investigativo italiano [Francesco Cancellato, direttore di Fanpage] e due attivisti critici nei confronti dei rapporti dell’Italia con la Libia. WhatsApp ha affermato che lo spyware utilizzato in quella violazione, che ha colpito giornalisti, attivisti e altri in due dozzine di paesi, è stato creato da Paragon Solutions, un’azienda con sede in Israele che produce armi informatiche” scrivono le giornaliste Angela Giuffrida e Stephanie Kirchgaessner sul Guardian. E ancora: “Avevo già dei sospetti a settembre, quando il mio telefono ha iniziato a comportarsi in modo strano, ha detto al Guardian. Ad esempio, le chiamate si bloccavano, il telefono si scaldava o la batteria si scaricava molto rapidamente”, sostiene Yambio.
5. La legge Ue sul rimpatrio dei migranti non prevederà hub in Paesi terzi
La nuova legislazione dell’Ue sui rimpatri dei migranti non prevede l’introduzione di hub al di fuori del territorio dell’Unione.
“La prossima legislazione sul rimpatrio dei migranti dall’Unione Europea al loro Paese d’origine non includerà i cosiddetti hub di rimpatrio in Paesi terzi al di fuori del territorio dell’Ue, ha dichiarato a Euronews una fonte che ha familiarità con il progetto di legge. La legislazione, che sarà presentata martedì prossimo a Strasburgo durante la sessione plenaria del Parlamento europeo, mira a creare regole armonizzate in tutto il blocco sulle procedure di rimpatrio dei cittadini non europei nei loro Paesi di origine quando le loro domande di asilo vengono respinte. Gli hub per il rimpatrio sono stati concepiti come centri in Paesi terzi al di fuori del blocco, dove i richiedenti respinti potrebbero attendere di essere rimandati nel loro Paese d’origine”, riporta la giornalista Eleonora Vasques su Euronews.
E ancora: “molte organizzazioni della società civile considerano gli hub per il rimpatrio molto controversi, sottolineando che questi centri potrebbero portare a detenzioni infinite e a violazioni dei diritti umani. L’attuale legislazione dell’Ue vieta alle autorità di inviare i migranti contro la loro volontà in Paesi con i quali non hanno un legame. Alcuni tentativi di creare modelli simili – come quello dell’Italia in Albania, ad esempio – sono stati pesantemente criticati come disumani e inefficaci”.
6. Panama e Costa Rica si stanno trasformando in un “buco nero” per migranti e deportati dagli Stati Uniti, avvertono gli osservatori
Le autorità di Costa Rica e Panama stanno confiscando i passaporti e i cellulari dei migranti, negando loro l’accesso ai servizi legali e spostandoli tra avamposti remoti, mentre sono alle prese con la logistica di un flusso migratorio improvvisamente invertito.
“Entrambi i paesi hanno ricevuto centinaia di deportati da varie nazioni inviati dagli Stati Uniti mentre l’amministrazione del presidente Donald Trump cerca di accelerare le deportazioni. Allo stesso tempo, migliaia di migranti esclusi dagli Stati Uniti hanno iniziato a spostarsi verso sud attraverso l’America Centrale: Panama ne ha registrati 2.200 a febbraio. Siamo un riflesso dell’attuale politica di immigrazione degli Stati Uniti, ha affermato Harold Villegas-Román, professore di scienze politiche ed esperto di rifugiati presso l’Università della Costa Rica. Non c’è attenzione ai diritti umani, c’è solo attenzione al controllo e alla sicurezza. Tutto è molto oscuro e non trasparente”, riportano i giornalisti Megan Janetsky, Matías Delacroix e Joshua Goodman sull’Associated Press.
E ancora: “Costa Rica e Panama hanno finora negato alla stampa l’accesso alle strutture in cui trattengono le persone migranti. Panama aveva inizialmente invitato i giornalisti al Darien questa settimana, ma alla fine ha annullato la visita. Panama non può finire per diventare un buco nero per i migranti deportati, ha affermato Juan Pappier, vicedirettore di Human Rights Watch nelle Americhe. Le persone migranti hanno il diritto di comunicare con le loro famiglie, di cercare avvocati e Panama deve garantire trasparenza sulla situazione in cui si trovano”.
Foto copertina via X/Civil Fleet