1. La c.d Guardia Costiera Libica spara sulla Mare Jonio
La nave di soccorso Mare Jonio, della ong Mediterranea Saving Humans, è stata attaccata dalla cosiddetta Guardia Costiera Libica durante le operazioni di salvataggio in acque internazionali.
⚠️#VIDEO #MAREJONIO: L'ATTACCO DELLA MOTOVEDETTA LIBICA E IL SOCCORSO DI 58 PERSONE.
Le immagini del soccorso di ieri della nave di Mediterranea in acque internazionali e l'attacco criminale della cd. guardia costiera libica che ha sparato contro naufraghə e soccorritorə 👇 pic.twitter.com/1bajdx9H7i
— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) April 5, 2024
“La ong ha fatto sapere che i miliziani libici hanno sparato colpi d’arma da fuoco in acqua e in aria, creando il panico e provocando la caduta in acqua di diverse persone”, riporta Il Post. Nonostante gli spari, la Mare Jonio è riuscita a soccorrere 56 persone, denunciando coloro che definisce “criminali dell’umanità“. Ricordiamo che le milizie libiche sono finanziate dall’Italia in virtù del Memorandum d’Intesa stipulato nel 2017 secondo cui la Libia è autorizzata a impedire che le barche con a bordo persone migranti raggiungano l’Italia, riportandole nei centri di detenzione, dove è ormai comprovata l’assenza del rispetto dei diritti umani basilari e l’uso della tortura nei confronti delle persone rinchiuse.
🔴 MOTOVEDETTA LIBICA SPARA CONTRO NAUFRAGHI E SOCCORRITORI DI #MAREJONIO
La testimonianza di Denny Castiglione, capomissione di Mediterranea #SavingHumans dopo il violento attacco della cd. guardia costiera libica durante il soccorso di 58 persone in acque internazionali 👇 pic.twitter.com/vC3bafo73s
— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) April 4, 2024
Oltre a questo, nonostante il grave attacco subito, la Mare Jonio è stata comunque sottoposta a fermo amministrativo per ordine del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con una multa di 10mila euro, in virtù dell’attuale Decreto Piantedosi:
#MAREJONIO FERMATA DAL #DECRETOPIANTEDOSI
Le Autorità hanno notificato al Comandante e all'armatore di Mediterranea #SavingHumans il provvedimento con multa fino a 10mila euro e fermo amministrativo della nave sulla base di accuse false della cd. guardia costiera libica.
1/2 pic.twitter.com/Zk3ME4iTY7
— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) April 6, 2024
2. I gravi ritardi nelle procedure di asilo
Le persone richiedenti asilo in Italia devono affrontare ritardi e ostacoli nella procedura per la presentazione delle domande di protezione internazionale. Ciò viene affermato nel rapporto “Attendere prego” realizzato dall’International Rescue Committee (Irc), in collaborazione, tra le altre, con le associazioni Naga, Asgi, Intersos.
A new report from @RESCUE_Italy sheds light on violations of basic rights faced by people seeking asylum in major Italian cities.
The report shows discriminatory practices and burdens experienced by asylum seekers causing many to be stuck in a vacuum: https://t.co/oY7flMGRhr pic.twitter.com/AFTxmnjLzM
— International Rescue Committee – EU (@RESCUE_EU) April 4, 2024
“Oggi molte persone in Italia sono bloccate nel vuoto dell’asilo, senza documentazione, lavoro o alloggio adeguati, intrappolate in uno stato di limbo che può durare fino a otto mesi. Questo periodo di attesa mette le persone in una posizione vulnerabile e incerta, evidenziando la necessità urgente di procedure più efficienti per garantire registrazione e supporto tempestivi. L’enorme mole di domande di asilo – 13.000 presentate solo nel gennaio 2024 – sottolinea l’urgente necessità di agire”. Irc afferma di aver trovato decine di persone a Roma rannicchiate sotto coperte realizzate con sacchi della spazzatura. E nella città di Trieste, sono segnalati centinaia di persone migranti che vivono in “condizioni disumane” in silos abbandonati.
Secondo diverse fonti, tra cui l’ Asylum Information Database (AIDA), il tempo medio di elaborazione delle domande di asilo nelle grandi città italiane va dai sei ai 12 mesi”, si legge su Info Migrants.
3. Sgomberi in vista delle Olimpiadi a Parigi
La polizia francese ha effettuato operazioni di sgombero allontanando decine di persone migranti, comprese famiglie con bambini piccoli, dal piazzale del municipio di Parigi mentre la capitale si prepara a festeggiare i 100 giorni dall’inizio dei Giochi Olimpici.
“La polizia è arrivata all’alba per rimuovere circa 50 persone, soprattutto donne e bambini dai 3 ai 10 anni, che erano avvolti nei passeggini, sotto le coperte o coperte con teli di plastica per ripararsi dalla pioggia. Le persone migranti hanno fatto le valigie e sono salite su un autobus diretto agli alloggi governativi temporanei nella città di Besançon, nella Francia orientale. Gli operatori umanitari hanno espresso preoccupazione sostenendo che questo sia l’inizio di operazioni più violente per sgomberare altre persone migranti e/o senzatetto nella capitale prima dei Giochi Olimpici, senza fornire soluzioni abitative a lungo termine”, si legge su Africanews
Molte delle famiglie provengono da paesi africani francofoni, tra cui Burkina Faso, Guinea, Costa d’Avorio e Senegal. Gruppi umanitari come Utopia 56, hanno distribuito cibo, coperte e pannolini e hanno aiutato alcune di loro a trovare un alloggio temporaneo per una o due notti.
À Paris, une cinquantaine d’enfants sans abri et leurs parents passent la nuit sous des bâches, sous la pluie. Ces familles ne veulent plus se cacher, elles sont épuisées. De son côté, l’État garde le silence. pic.twitter.com/an9PT54aQA
— Utopia 56 (@Utopia_56) April 1, 2024
4. Corteo per la chiusura di tutti i Cpr
Il 6 aprile a Milano si è tenuto il corteo per la chiusura di tutti i Cpr. Il corteo, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è stato organizzato dalla rete No Cpr.
#Milano il corteo #NoCPR arriva all'inizio di via Corelli, la strada è chiusa da polizia, carabinieri e mezzi militari.
Si alza il coro "Fuoco ai CPR" pic.twitter.com/vDuF9I7W8C— Melting Pot Europa (@MeltingPotEU) April 6, 2024
“Negli interventi dal camion sono state ricordate alcune delle persone morte nei Cpr in questi anni e due suicidi recenti: Moussa Balde nel Cpr di Torino e Ousmane Sylla in quello di Roma. Una ragazza italo-albanese, Alexia Malaj del collettivo di albanesi in Italia Zanë, ha ricordato gli accordi del governo Meloni con il premier albanese Edi Rama per costruire due Cpr in Albania: WAccordi colonialiW li ha definiti. Interventi anche dai confini est e ovest italiani, Trieste e Ventimiglia, dove i migranti rischiano la vita nella rotta di terra balcanica e lungo i sentieri di montagna”, riporta il giornalista Roberto Maggioni su Il Manifesto.
“Intanto, con un ordine del giorno, alcuni consiglieri comunali (quelli di Europa Verde oltre a Enrico Fedrighini del misto e ad Alessandro Giungi del Pd) chiederanno che il Comune di Milano si costituisca parte civile nel processo contro i precedenti gestori del Cpr, accusati di avere lasciato i migranti in condizioni disumane”, si legge su Milano Today.
5. Colombia e Panama non riescono a proteggere le persone migranti nel Darién Gap
Il rapporto Neglected in the Jungle Inadequate Protection and Assistance for Migrants and Asylum Seekers Crossing the Darién Gap è il secondo di una serie di rapporti di Human Rights Watch sulla migrazione tra Colombia e Panama. Oltre mezzo milione di persone ha attraversato il Darién Gap nel 2023.
Over half a million people crossed the Darién Gap in 2023.
But in trying to cross, many have been robbed and experienced sexual violence, and dozens have lost their lives or gone missing.
Colombia and Panama are failing to protect them. https://t.co/kTiMkIIrJk pic.twitter.com/0koBipTzpd
— Human Rights Watch (@hrw) April 6, 2024
“Qualunque sia il motivo del loro viaggio, le persone migranti e richiedenti asilo che attraversano il Darién Gap hanno diritto alla sicurezza di base e al rispetto dei loro diritti umani lungo il percorso”, ha affermato Juanita Goebertus, direttrice per le Americhe di Human Rights Watch. “Le autorità colombiane e panamensi possono e dovrebbero fare di più per garantire i diritti delle persone migranti e richiedenti asilo che attraversano i loro paesi, così come delle comunità locali che hanno vissuto anni di abbandono”.
Human Rights Watch ha riscontrato che, su entrambi i lati del confine, le autorità non riescono a proteggere efficacemente il diritto alla vita e all’integrità fisica delle persone migranti in transito. Gli sforzi per garantire l’accesso al cibo, all’acqua e ai servizi sanitari essenziali si sono rivelati inadeguati, colpendo i diritti fondamentali anche delle comunità locali che soffrono di emarginazione e alti tassi di povertà.
6. Lavoratori e lavoratrici migranti a rischio nel Regno Unito
Una ricerca (UK agriculture and care visas: worker exploitation and obstacles to redress) condotta da una coalizione di università ed del terzo settore del Regno Unito suggerisce che le politiche sui visti intese a frenare la carenza di manodopera a seguito della Brexit hanno esposto i lavoratori e le lavoratrici migranti a un rischio maggiore di sfruttamento.
The new research confirms the findings from our recent funded project into agriculture and care visas making people more vulnerable to exploitation.https://t.co/dFSnIK1o9D
— Modern Slavery PEC (@SlaveryPEC) April 4, 2024
Secondo la ricerca, i lavoratori e le lavoratrici impiegate nei settori agricolo e assistenziale avrebbero affrontato condizioni di schiavitù per debiti a causa dei costi complessivi derivanti dalle tariffe di reclutamento illegali, dai costi sostenuti per il viaggio e la formazione, nonché dalle detrazioni salariali. Molti lavoratori e lavoratrici hanno anche riferito di essere stati indotti in errore riguardo alle condizioni previste per il visto e alla durata del rapporto di lavoro.
“Le barriere che i lavoratori e le lavoratrici migranti incontrano nel denunciare lo sfruttamento sono aggravate dal fatto che hanno difficoltà ad accedere ai loro diritti […]. Le agenzie governative incaricate di far rispettare i diritti del lavoro sono sotto finanziate e non hanno capacità di controllo sui luoghi di lavoro in modo proattivo. Inoltre, “portare i casi [di sfruttamento] davanti ai tribunali del lavoro sono spesso poco pratici”, si legge nella ricerca.
Foto copertina via Twitter/Repubblica Palermo