1. Il Regno Unito approva la legge per deportare persone migranti in Ruanda
Il Regno Unito approva la legge controversa che autorizza alla deportazione forzata di persone richiedenti asilo in Ruanda.
“Sunak ha affermato che la legge in questione porterebbe alla deportazione verso Kigali di persone richiedenti asilo che arrivano nel Regno Unito con “mezzi irregolari”, riportano i giornalisti Rajeev Syal, Kiran Stacey e Tom Ambrose sul Guardian. E ancora, “l’accordo costerà 1,8 milioni di sterline per ciascuno delle prime 300 persone deportate, ha confermato il National Audit Office. Matthew Rycroft, il funzionario più anziano del Ministero degli Interni che ha supervisionato il progetto per due anni, in precedenza aveva detto ai parlamentari di non avere prove per dimostrare che [tale legge] avrebbe avuto un effetto deterrente [tale] che la rendesse conveniente”.
Non si sono fatte attendere le pesanti critiche nei confronti di questo provvedimento che, ricordiamolo, era già stato bocciato dalla Corte Suprema Britannica che lo aveva dichiarato illegale: innanzitutto “il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Michael O’Flaherty, ha definito la legge “un attacco all’indipendenza della magistratura”. Il Consiglio d’Europa conta 46 membri, tra cui il Regno Unito, ed è depositario della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Nel giugno 2022, la corte europea dei diritti umani ha bloccato all’ultimo minuto un primo volo verso il Ruanda”. In secondo luogo: “le associazioni che difendono i diritti umani, da tempo contrari al progetto, hanno criticato il voto. Si tratta di una “vergogna nazionale” e “lascerà una macchia sulla reputazione morale di questo paese”, ha dichiarato Sacha Deshmukh, responsabile di Amnesty international nel Regno Unito in un comunicato. In una dichiarazione congiunta, Amnesty international, Freedom from torture e Liberty hanno descritto il testo come “una minaccia significativa allo stato di diritto”, si legge su Internazionale.
2. La criminalizzazione di presunti scafisti nella strage di Cutro
Procedono le indagini sulla strage di Cutro. Ma se da un lato emerge la scarsa trasparenza sui mancati soccorsi, dall’altra sembra che le responsabilità debbano cadere forzatamente su capri espiatori accusati di essere scafisti.
“Un agente che mi interrogava mi ha detto che quello nella foto era il capitano della barca e di firmare accanto all’immagine. Ed io l’ho fatto. Lo ha detto Faizi Hasib, uno dei superstiti del naufragio del barcone carico di migranti a Cutro del 26 febbraio dello scorso anno, nel corso del processo a Crotone ai tre scafisti, Sami Fuat, di 50 anni, turco, e Khalid Arslan e Ishaq Hassnan, di 25 e 22 anni, pakistani, imputati di naufragio colposo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte in conseguenza di altro reato”, si legge sull’Ansa. E ancora: “Hasib ha ribadito che la foto di Sami Fuat come “capitano della nave” gli era stata indicata dal poliziotto che lo stava interrogando: mi ha detto di firmare accanto alla foto di Suat, aggiungendo, comunque, che non ero obbligato a farlo”.
Nel frattempo, “è attesa per metà maggio la chiusura delle indagini sulla catena dei soccorsi. Al momento gli indagati sono sei, tre dei quali sono stati omissati. “Gli altri sono il tenente colonnello Alberto Lippolis, comandante del Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia, il sottufficiale Antonino Lopresti, dello stesso Roan, operatore di turno la notte in cui si verificò il naufragio, e il colonnello Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto”, riporta la giornalista Simona Musco su Il Dubbio. E ancora: “Una tragedia evitabile, con ogni probabilità, dal momento che Frontex, già alle 21.26 del 25 febbraio, aveva appuntato la presenza di una «possibile nave di migranti» con il portello anteriore aperto, intercettata mentre effettuava una chiamata satellitare verso la Turchia e con una significativa risposta termica”.
3. Ottenere visti Schengen è impossibile, se provieni da un paese africano
Se si parla di migrazioni, raramente si parla di diritto alla libertà di movimento e ancor meno su quali siano le reali possibilità per le persone provenienti soprattutto dai paesi del cosiddetto sud globale per potersi spostare legalmente e in sicurezza. Il nuovo rapporto The Africa Wealth Report, dell’Henley and Partners, spiega come coloro che provengono dai paesi africani, ad esempio, abbiano scarse possibilità di poter ottenere visti Schengen per poter viaggiare in Europa.
“A livello pro-capite, le persone di origine africana sono quelle che meno di tutte chiedono visti legali per l’Europa: l’Algeria ha il più alto tasso di rifiuti, con il 46% delle oltre 390.000 richieste di visto Schengen (dati anno 2022) respinte. Nigeria, Guinea-Bissau, Ghana, Senegal e Mali hanno registrato tra il 40% e il 45% delle domande respinte”, riporta il giornalista Andrea Spinelli Barrile su Slow News.
E ancora: “gli stati europei citano principalmente presunti e fantomatici “ragionevoli dubbi sull’intenzione dei richiedenti il visto di tornare a casa” per giustificare il diniego: secondo i ricercatori invece, il sistema europeo dei visti “dimostra chiaramente un’apparente parzialità nei confronti dei richiedenti africani”, nonostante le giustificazioni basate su preoccupazioni circa la sicurezza, o di natura economica.
4. Xenofobia contro persone rifugiate siriane in Libano
In Libano vivono tra 1,5 e circa 2 milioni di persone siriane. Circa 815.000 sono registrate presso le Nazioni Unite come rifugiate, ma il governo libanese ha interrotto la registrazione di nuovi rifugiati nel 2015 come parte delle misure volte a limitare il numero dei nuovi arrivi.
“La maggior parte delle persone siriane sarà deportata” prossimamente, ha dichiarato il primo ministro ad interim Najib Mikati il 13 aprile, aggiungendo che il Paese “sta cercando di mettere in atto una soluzione”, scrive la giornalista Madeline Edwards in un reportage sul New Humanitarian. E ancora: “le persone rifugiate siriane subiscono da tempo abusi e violenze in Libano. Il gruppo di ricerca e attivismo siriano ETANA ha scoperto che fino a 500 persone siriane sono state rimandate oltre confine durante un’ondata di deportazioni nel 2023, con un un picco di arresti arbitrari, distruzione di alloggi e campi, percosse e altre forme di intimidazione”. Inoltre, il governatore del Libano settentrionale ha disposto il “divieto di tutti gli assembramenti di persone sfollate siriane” e restrizioni ai loro movimenti.
“La violenza ha costretto molte persone siriane a nascondersi in casa o a stare alla larga da alcune aree per evitare un destino simile, hanno detto diversi siriani a The New Humanitarian. Un fattorino, Yasser, originario di Aleppo, ha affermato di aver limitato il suo raggio di lavoro esclusivamente all’area multiculturale di Hamra di Beirut e alla parte prevalentemente musulmana della periferia meridionale di Beirut dove vive, per evitare il rischio di essere aggredito o maltrattato per strada”.
5. L’Egitto detiene e deporta migliaia di rifugiati sudanesi
Migliaia di persone rifugiate sudanesi fuggite nel vicino Egitto sono state detenute dalle autorità egiziane in una rete di basi militari segrete e poi deportate nel loro paese dilaniato dalla guerra, spesso senza la possibilità di chiedere asilo, secondo un’indagine del New Humanitarian and Refugees Platform in Egitto.
“I respingimenti vengono effettuati anche nel contesto di un peggioramento della guerra che dura da circa un anno tra l’esercito sudanese e il suo ex alleato, le potenti Forze paramilitari di supporto rapido (RSF). I combattimenti si stanno espandendo in nuove parti del Paese, provocando la morte di decine di migliaia di persone e innescando i segnali di una carestia imminente. Ho implorato i soldati, spiegando che mia madre era gravemente malata e aveva urgente bisogno di cure mediche, ma si sono rifiutati di aiutarci”, ha detto Hassan, 25 anni, che è stato deportato dall’Egitto a febbraio dopo essere stato tenuto in una squallida struttura militare”, riportano i giornalisti Sara Creta e Nour Khalil.
E ancora: “le autorità egiziane hanno adottato varie misure per limitare l’ingresso legale delle persone sudanesi, nonostante un accordo che garantisce la libertà di movimento tra i paesi. La maggior parte delle persone rifugiate è ora costretta a ricorrere ai trafficanti per entrare, anche se rischia di essere detenuta per ingresso irregolare o ferita in pericolosi passaggi di montagna. L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e il Global Detention Project hanno entrambi documentato i respingimenti, ma i giornalisti di The New Humanitarian e Refugees Platform sono i primi a indagare in modo completo su come funziona il sistema di deportazione, sulle strutture utilizzate per la detenzione e su come i rifugiati vengono maltrattati”.
6. Recuperati 14 corpi al largo della Tunisia
I corpi di altre 14 persone migranti sono stati scoperti al largo delle coste tunisine. Un’autorità locale ha affermato che la maggior parte delle vittime proveniva da paesi dell’Africa sub-sahariana, si legge su Info Migrants.
Quest’anno sono più di 7.000 le persone che hanno raggiunto l’Italia dalla Tunisia. Molte altre che hanno tentato il viaggio sono decedute o sono state intercettate dalle autorità tunisine e rimpatriate. La rotta del Mediterraneo centrale dal Nord Africa all’Italia è una delle più pericolose al mondo. Nel 2023, l’Oim (Agenzia delle NU per le migrazioni) stima che almeno 2.498 persone siano decedute su questa rotta.