Open Migration

  • Chi Siamo
  • Contattaci Open Migration
  • Newsletter Open Migration
  • Condividi
  • Questo campo serve per la convalida e dovrebbe essere lasciato inalterato.

Subscribe to our mailing list

* indicates required
  • IT
  • EN
  • Missione
  • Politiche di frontiera
  • Diritto d’Asilo
  • Immigrazione & Integrazione
  • Dati
    • Dashboard
    • Infografiche
    • Fact-checking
  • Risorse
    • Approfondimento
    • Idee
    • Web review
    • Glossario
    • Quiz
  • Sostienici
Homepage >> Web review >> I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 19/2025

I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 19/2025

Share
13 maggio 2025
Cresce la mobilitazione di attivisti e attiviste per i referendum dell'8 e del 9 giugno. Giovani di varie origini raccontano le difficoltà nell'iter per l'ottenimento della cittadinanza; nel frattempo la dura repressione nei confronti delle persone migranti continua a mietere vite.

1. Un referendum per cambiare la legge sulla cittadinanza

Si avvicina il referendum sulla cittadinanza dell’8 e 9 giugno. E nonostante gli “inviti a non votare” da parte di diversi membri della maggioranza e delle istituzioni, tra cui il presidente del Senato Ignazio La Russa, attivisti e attiviste di varie origini continuano a mobilitarsi per informare su cosa significa non avere quel riconoscimento.

“La questione della cittadinanza è molto più complessa di quello che ci raccontano, molto meno ideologica, molto più pratica. E ha un impatto su tutti noi. Gen Soli – Italiani senza cittadinanza è il podcast che racconta la quotidianità di chi italiano lo è di fatto, ma non per lo Stato”, si legge su Melting Pot Europa. “Gen Soli – Italiani senza cittadinanza è un podcast scritto e condotto da Maria Russo e Fatima El Mouh”.

Le voci di Selam Tesfai, Ronke Oluwadere, Khadim Loume, e altre persone italiane di varie origini che descrivono le difficoltà e il razzismo strutturale nell’essere ritenuti e ritenute “mai italiani/e abbastanza”, tra le difficoltà nel trovare una casa per via del proprio aspetto “da straniero” e il dover ricominciare l’iter per l’ottenimento della cittadinanza per via di cavilli burocratici che non dipendono da chi fa richiesta

2. Morire in detenzione negli Usa

Una donna haitiana è deceduta mentre era sotto custodia dell’Immigration and Customs Enforcement statunitense (Ice) in Florida.

“Secondo l’ICE, Blaise, entrato negli Stati Uniti in data e luogo sconosciuti, si è scontrato con la US Customs and Border Protection mentre tentava di imbarcarsi su un volo per la Carolina del Nord dalle Isole Vergini americane a febbraio. La CBP ha successivamente emesso un avviso di espulsione accelerata per Blaise, ha dichiarato l’ICE. Ha aggiunto che la ragazza è stata trasferita in custodia dalla CBP in un centro di detenzione a Porto Rico”, riporta Reuters. E ancora: “secondo la testimonianza di un’altra detenuta, Marie Blaise avrebbe iniziato a lamentare dolori al petto a partire dal primo pomeriggio di venerdì 25 aprile, chiedendo più volte di essere visitata da un medico. A quanto emerge dalle prime ricostruzioni, le sarebbe stata misurata soltanto la pressione, e sarebbero stati riscontrati alti livelli di ipertensione. Gli agenti di custodia avrebbero dunque somministrato un medicinale alla donna e le avrebbero intimato di andare a dormire: dopo alcune ore Marie Blaise si sarebbe svegliata gridando aiuto e lamentando forti dolori al petto, come testimoniato dalle sue compagne di cella, venendo infine dichiarata morta dai paramedici alle 8:35 di sera”, scrive il giornalista Davide Longo su Il Manifesto, riportando da Tallahasse, in Florida.

Infine: “quello di Marie Blaise non è peraltro un caso isolato. A partire dallo scorso gennaio le persone morte in un centro di detenzione dell’Ice in Florida sono state almeno tre. Il 20 febbraio Maksym Chernyak, ucraino di 44 anni, ha avuto un infarto in un centro di Miami-Dade, ed è morto dopo che gli agenti di custodia avevano aspettato quasi un’ora prima di chiamare i soccorsi”.

3. Ancora respingimenti sistematici alle frontiere

Il nuovo rapporto Illegal pushbacks and border violence reports del Border Violence Monitoring Network raccoglie testimonianze di prima mano provenienti da diversi paesi per analizzare il modo in cui gli stati dell’Unione Europea (Ue) e altri attori fanno utilizzo della violenza sistemica nei confronti delle persone che attraversano le frontiere.

“Nonostante le sempre più numerose sentenze che condannano il trattamento riservato dalla Grecia ai richiedenti asilo e alle persone in movimento – una in più questo mese, quando l’UE ha dichiarato la Grecia colpevole dell’uccisione di un minore durante una sparatoria contro un’imbarcazione in mare -, il governo sembra completamente disinteressato ad affrontare le disumane condizioni di detenzione che non cessano di portare violenza e sofferenza alle persone in movimento nel Paese. Anche la grave mancanza di accesso all’assistenza sanitaria e alla salute mentale continua a essere un problema per le persone che vivono nei centri [di detenzione] di Kos e Samos, con persone che trovano ostacoli a ricevere questo tipo di assistenza anche al di fuori delle strutture, a causa della discriminazione e delle barriere linguistiche, tra le altre ragioni”.

4. Per gli afghani in Pakistan, i documenti legali non offrono più alcuna protezione dalla deportazione

Erano quasi  90.000 gli afghani legalmente registrati nella provincia del Punjab tra il 2017 e il 2018. Rilasciate solo in quell’anno, le carte non davano loro diritto a servizi, ma permettevano loro di rimanere legalmente nel Paese. Il 29 gennaio di quest’anno la situazione è cambiata improvvisamente, quando il governo pakistano ha annunciato che tutti i titolari della Carta della Cittadinanza Afghana (Cca) sarebbero stati immediatamente espulsi, insieme a tutti gli altri afghani non registrati.

“L’annuncio ha segnato l’inizio del secondo round di iniziative di Islamabad per  espellere “tutti gli stranieri illegali”, un’iniziativa che il governo afferma essere volta a liberare il paese da criminali e militanti, ma che i gruppi per i diritti umani affermano includa  deportazioni abusive e illegali. La prima ondata di espulsioni  è iniziata nel novembre 2023 e ha visto il rimpatrio di oltre 800.000 afghani. Questa nuova ondata, iniziata ufficialmente il 10 aprile, è ancora più ampia, segnando la prima volta che i titolari di ACC vengono espulsi nell’ambito della politica ufficiale del governo pakistano” riportano i giornalisti Osama Ahmad e Ali M. Latifi sul New Humanitarian. E ancora: “una volta lasciato il campo, i rimpatriati si ritrovano in un Paese in cui  22,9 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria e  il 48% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. I ​​bambini – il 60% dei rimpatriati – affrontano le proprie sfide, soprattutto le bambine, a cui è  ancora vietato accedere all’istruzione pubblica oltre la sesta elementare”.

Infine: “Le Nazioni Unite hanno affermato che le espulsioni affrettate non tengono conto degli anni, se non addirittura dei decenni, che i titolari dell’ACC hanno trascorso in Pakistan. Avrebbero dovuto avere più tempo, ha dichiarato […] Qaisar Afridi, portavoce dell’Unhcr in Pakistan. È un preavviso troppo breve per chi ha un’attività qui e i cui figli studiano qui”.

5. Un’altra tragedia in mare a Lampedusa

I corpi di due bambini di appena due anni sono stati ritrovati sulla costa di Lampedusa. Con loro anche un adulto di 30 anni.

“Sarebbero morti di fame e di sete mentre erano a bordo di un gommone di 8 metri, salpato mercoledì scorso da Zawia in Libia, assieme ad altre 57 persone, rimasto alla deriva fino a quando ieri pomeriggio sono stati soccorsi dalla nave della ong Nadir su segnalazione di Frontex”, si legge sull’Ansa. E ancora: “tra i superstiti ci sono 13 donne e due minori di Gambia, Ghana, Niger, Sierra Leone, Nigeria e Togo; sei di loro sono stati portati al poliambulatorio dell’isola per ustioni sul corpo. Ai soccorritori hanno riferito che durante la traversata, in acque Sar maltesi, un uomo si sarebbe gettato in acqua per cercare refrigerio, forse aveva delle ustioni procurate dal contatto con il carburante, e a causa del mare agitato non sarebbe riuscito più a risalire sul gommone”.

6. Rapido aumento del numero di rifugiati sudanesi in Ciad

In una dichiarazione, l’Unhcr ha affermato che circa 20.000 persone, per lo più donne e bambini esausti e traumatizzati, sono arrivate nel Ciad orientale. L’aumento più significativo è stato registrato al valico di frontiera di Tiné, nella provincia di Wadi Fira, dove sono arrivate quasi 6.000 persone in soli due giorni, ha affermato l’Unhcr.

“Dal 21 aprile, sono state contate oltre 14.000 persone a Wadi Fira, di cui 12.000 la scorsa settimana, ma anche 5.300 persone a Ennedi Est nelle ultime due settimane, di cui 1.000 solo domenica, ha dichiarato Magatte Guisse, rappresentante dell’Unhcr in Ciad […]. Questo afflusso improvviso riflette l’escalation di violenza nella regione del Darfur settentrionale in Sudan, in particolare a El Fasher e nei suoi dintorni, che sta innescando sfollamenti di massa a un ritmo allarmante” si legge su Info Migrants.

E ancora: “l’organizzazione ha affermato che gli sfollati giunti in Ciad riferiscono che oltre 10.000 persone sono ancora in viaggio, nel tentativo disperato di raggiungere il confine per sfuggire alla violenza. Molti dei rifugiati appena arrivati ​​riferiscono di aver subito gravi violenze e violazioni dei diritti umani che li hanno costretti a fuggire. Si parla di uomini uccisi, donne e ragazze vittime di violenza sessuale e case rase al suolo. Il loro viaggio verso la salvezza è stato pericoloso, con i rifugiati che hanno dovuto affrontare rapine ed estorsioni ai posti di blocco e ripetute minacce lungo il percorso […]”.

7. I nostri nuovi articoli su Open Migration

Secondo i dati raccolti dall’ong svizzera Impact, i rientri nelle aree entro i 30 km dal fronte costituiscono circa un terzo dei ritorni complessivi di sfollati interni dal febbraio 2022 ad oggi (circa 1.6 milioni di persone). In particolare, nei primi sei mesi del 2024, nonostante il peggioramento delle condizioni di sicurezza, i ritorni nei pressi della “front line” sono stati l’11% del totale. Le motivazioni sono diverse, e includono l’erosione delle risorse disponibili per sostenersi altrove, ma anche il bisogno emotivo di tornare da persone e luoghi familiari indipendentemente dal rischio che si corre. Le famiglie di sfollati interni e quelle rientrate dall’estero sono state classificate come aventi bisogni umanitari superiori del 25% rispetto a quelle non sfollate. Ce ne parla Ilaria Romano.

Sostieni Open Migration! Facendo una donazione ci aiuterai ad offrire più informazione di alta qualità. SOSTIENICI

Related articles

  • I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 7/2025I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 7/2025
  • I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 5/2025I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 5/2025

Web review

I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 19/2025

Un referendum per cambiare la legge sulla cittadinanza 13 maggio 2025 Open Migration

Twitter feed

Tweets by open_migration
Sostienici

Open Migration

Open Migration produce informazione di qualità sul fenomeno delle migrazioni e dei rifugiati, per colmare le lacune nell’opinione pubblica e nei media.

Le migrazioni rappresentano la storia più profonda della nostra epoca. Open Migration ha scelto di raccontarla attraverso l’analisi di dati oggettivi.

CILD Open Society Foundations Open Society Foundations

Categorie

  • Diritto d’Asilo
  • Politiche di frontiera
  • Immigrazione & Integrazione
  • Dati
    • Dashboard
    • Infografiche
    • Fact-checking
  • Risorse
    • Approfondimento
    • Idee
    • Web review
    • Glossario
    • Quiz
  • Chi Siamo
  • Missione
  • Privacy policy
Newsletter

Subscribe to our mailing list

* indicates required

Contattaci

CILD - Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili
[email protected]

Follow us

Facebook Open Migration Twitter Open Migration
Creative Commons License
openmigration.org by CILD is licensed under a Creative Commons Attribution 4.0 International License.
Permissions beyond the scope of this license may be available at [email protected]

© 2017 Open Migration

Questo sito utilizza cookie esclusivamente di natura tecnica e statistica in forma anonima. Disabilitare i cookie tecnici potrebbe avere effetti imprevisti sulle modalità di visualizzazione della pagina.OkCookie policy