1. Oltre Djokovic: la realtà dei migranti trattenuti in Australia
La vicenda del tennista Novak Djokovic – fermato dalla polizia di frontiera australiana, brevemente trattenuto presso il Park Hotel di Melbourne, una struttura in cui vengono trattenuti i migranti ritenuti irregolari, poiché privo di vaccinazione e in contrasto con le regole del Paese, ma a cui poi è stato concesso di mantenere il visto per una sentenza del tribunale – ha reso evidente a un ampio pubblico il trattamento cui sono sottoposti rifugiati e richiedenti asilo in Australia, ma anche le maggiori possibilità e le differenze di trattamento che si hanno quando si è una star di fama mondiale.
Mentre Djokovic è riuscito a ottenere l’accesso al sistema giudiziario per far valere i propri diritti, richiedenti asilo e rifugiati vengono sistematicamente respinti o detenuti in condizioni precarie (alcuni anche in centri off shore ospitati su isole remote dell’Oceano Pacifico). È quanto ha fatto notare Felipe Gonzàles Morales, rapporteur per i diritti dei migranti delle Nazioni Unite:
Novak Djokovic, who is neither a migrant or an asylum-seeker, got what human rights organizations have repeatedly asked Governments for migrants and asylum-seekers: that deportations should be suspended until a judicial decision is issued.
— UN Special Rapporteur Migration Felipe González M (@UNSR_Migration) January 6, 2022
L’Australia infatti è uno dei Paesi che più di altri ha adottato politiche securitarie e violente nei confronti dei migranti ed è stata spesso citata dalle istituzioni internazionali per le violazioni nei confronti dei richiedenti asilo. Per capire le condizioni cui sono sottoposti i migranti, basta ascoltare la testimonianza di Mehdi Ali, un giovane iraniano trattenuto da quando aveva 15 anni – ne ha compiuti 24 poco fa – nello stesso hotel del campione serbo.
Rifugiati e richiedenti asilo vengono privati dei diritti umani basilari (dalla libertà personale all’accesso alle cure, all’assistenza psicologica) senza sapere quando e se verranno mai liberati da quella condizione.
Thank you for inviting me @LucyHockingsBBC on BBC World News so I could share my story with the world. I hope the media will keep reporting our story that will bring tears to the good hearts. pic.twitter.com/vtJAAWRwG3
— Mehdi Ali (@MehdiAli98) January 10, 2022
2. La lotta di Refugees in Libya
In Libia le milizie hanno di nuovo fatto ricorso alla violenza per rastrellare centinaia di migranti (tra adulti, minori e donne incinte) e portarli nel centro di detenzione di Ain Zara.
They caught everyone off guard, tents at the main office were burnt to ashes, refugees forcibly arrested and taking to the concentration camps of Ain Zara. We understand that the CDC was closed but why those at @UNHCRLibya office got violently rounded up?@Refugees @hrw @JFCrisp pic.twitter.com/4f1yBv5SMT
— Refugees In Libya (@RefugeesinLibya) January 10, 2022
3. La Ong Medici Senza Frontiere bloccata dalla polizia di frontiera polacca
La situazione sulla frontiera bielorusso-polacca non fa altro che peggiorare e le organizzazioni umanitarie fanno fatica a portare gli aiuti necessari alle persone migranti.
È il caso della Ong Medici Senza Frontiere (MSF) che denuncia di essere stata bloccata dalle autorità polacche: “Da ottobre, MSF ha ripetutamente richiesto l’accesso all’area riservata e ai posti di guardia di frontiera in Polonia, ma senza successo”, afferma Frauke Ossig, coordinatrice delle emergenze di MSF per Polonia e Lituania. Da giugno 2021, migliaia di persone hanno tentato di raggiungere l’Ue attraversando la Bielorussia la Polonia, la Lituania e la Lettonia. In risposta, la Polonia ha costruito recinzioni di confine e ha dichiarato lo stato di emergenza. Quest’area è diventata sempre più controllata e con accesso limitato, anche per organizzazioni umanitarie, gruppi di volontari e media. Negli ultimi sei mesi, ci sono stati numerosi casi di guardie di frontiera polacche che hanno rimpatriato forzatamente migranti e rifugiati in Bielorussia, in violazione delle loro intenzioni di richiedere protezione internazionale e in violazione dei loro diritti.
“Alcuni volontari sono stati diffamati e intimiditi […] in quello che si ritiene essere un tentativo di impedire loro di fornire supporto”, ha affermato Ossig, mentre la situazione continua a deteriorarsi.
4. Frontex chiede alla Corte di Giustizia Europea di respingere un caso sui diritti umani e vuole essere risarcita da richiedenti asilo
Nel maggio 2021 l’organizzazione Front-LEX – che si occupa dei diritti umani dei migranti – ha avviato un procedimento giudiziario contro l’agenzia di frontiera dell’Ue Frontex presso la Corte di Giustizia Europea, chiedendo al tribunale di costringere Frontex a interrompere le sue attività nel Mar Egeo a causa delle “prove indiscusse e schiaccianti di gravi e persistenti violazioni dei diritti fondamentali” nell’area di attività dell’agenzia.
La domanda è stata presentata a nome di due persone – un bambino richiedente asilo e un adulto che ora è un rifugiato riconosciuto in Grecia – e sostengono che Frontex abbia contribuito alle violazioni dei diritti fondamentali subite durante il viaggio verso la Grecia. Nella domanda si invita il tribunale a dichiarare che Frontex non ha interrotto o sospeso le sue operazioni nell’Egeo, durante l’operazione congiunta Poseidon, come previsto dall’articolo 46 del regolamento Frontex. Frontex, tuttavia, sostiene che il ricorso al tribunale è inammissibile: in un atto depositato presso il tribunale e ottenuto dalla ong Statewatch, l’agenzia di frontiera evita il merito della domanda – e quindi non affronta le accuse di gravi violazioni del diritto dell’Ue – e chiede che le proprie spese legali siano coperte dalle due persone coinvolte.
Un caso di cui Front-LEX ha evidenziato le varie assurdità, a partire dal fatto che Frontex – altamente finanziata – pretenda di essere risarcita:
The crime: seeking asylum in the🇪🇺
The punishment: abducted, assaulted, robbed, forcibly expelled & abandoned at sea
The victims, a refugee and a homeless asylum seeker, dared to go to @EUCourtPress
Now #Frontex, the most financed agency in the #EU, wants them to pay https://t.co/iXjUAFeobd
— front-LEX (@front_LEX) January 6, 2022
5. La Danimarca rende nuovamente insicuri i rifugiati siriani
La Danimarca è diventata il primo Paese europeo a revocare i permessi di soggiorno ai rifugiati siriani, sostenendo che Damasco e le province circostanti non sono più abbastanza pericolose da giustificare l’offerta ai rifugiati del diritto di rimanere in Danimarca.
Le autorità danesi si affidano a un rapporto sul paese d’origine pubblicato nel febbraio 2019 per giustificare la decisione. Quel rapporto ha rilevato che la situazione della sicurezza in alcune parti della Siria dilaniata dalla guerra era “migliorata in modo significativo”. Di conseguenza, lo status di circa 500 persone in Danimarca originarie di Damasco è stato rivalutato. Se i loro appelli falliscono, dovranno tornare a Damasco volontariamente o essere collocati in centri di rimpatrio a tempo indeterminato.
“Anche se la Danimarca non raccoglie attivamente i siriani e li riporta in Siria, questa idea di esercitare una pressione sufficiente su di loro è considerbile come un ritorno coercitivo che violerebbe anche gli obblighi legali della Danimarca”, ha spiegato Sara Kayyali, ricercatrice siriana per Human Rights Watch (HRW). Il fatto che la Danimarca ritenga sicuro rimandare i siriani a vivere sotto un regime con il quale non ha rapporti diplomatici, potrebbe significare per i rifugiati a cui viene negato il permesso di soggiorno temporaneo o a cui viene rifiutato il rinnovo del permesso, restare bloccati per anni nei centri di detenzione.
Foto copertina via Twitter/Waca (Wistleblowers, Activists and Communities Alliance).