1. Il fallimento del governo sull’immigrazione e i diritti negati
Nell’ultima conferenza stampa la presidente Giorgia Meloni, sul tema delle migrazioni, ha affermato che – come riporta la giornalista Annalisa Cangemi su Fanpage – il suo obiettivo rimane quello di fermare le partenze dai paesi del continente africano, costruendo ulteriori hotspot.
“Siamo stati il primo governo che ha attivato il decreto flussi per tre anni, perché un altro elemento per vincere l’immigrazione irregolare è dare segnali sulla migrazione legale”, ha affermato Meloni. Peccato che la Campagna Ero Straniero ne abbia già evidenziato i fallimenti nel suo nuovo Dossier: “[negli ultimi due anni] migliaia di persone non entrano in Italia dopo aver ottenuto il visto. E solo il 30% delle domande esaminate, ottenuto il nulla osta, sono giunte a conclusione con la sottoscrizione del contratto di soggiorno e il rilascio del permesso di soggiorno”.
Infine, ricordiamo che l’esternalizzazione delle frontiere – linea politica ormai adottata a livello Ue – basata sulla creazione di accordi con Paesi terzi per la costruzione di centri di detenzione o di raccolta di domande di asilo, continua a violare i diritti umani delle persone migranti: “in combinazione con gli sforzi dell’UE per trasferire la responsabilità ai paesi vicini come Libia, Tunisia, Turchia ed Egitto, il Patto sulla migrazione segnala il totale disprezzo del blocco per i diritti delle persone in movimento e si pone in forte contrazione rispetto ai valori fondamentali dell’UE”, denuncia Human Rights Watch.
2. In Ue non c’è la volontà politica di cambiare approccio sulle migrazioni
Il Nuovo Patto su migrazione e asilo – introdotto per la prima volta nel 2020 – è stato accolto con grande entusiasmo dai paesi Ue. Questi ultimi celebrano l’accordo come un importante passo avanti in vista delle elezioni, mentre il discorso acceso sull’immigrazione continua ad alimentare uno spostamento a destra nella politica europea, come spiega Bram Frouws, direttore del Mixed Migration Center (Mmc) sul New Humanitarian, intervistato dal giornalista Eric Reidy.
“Abbiamo intervistato 25.000 persone nell’ultimo anno in diverse parti del mondo, chiedendo chi o cosa influenza la loro decisione di migrare. E tra tutte le opzioni tra cui le persone possono scegliere nei nostri sondaggi, i trafficanti figurano all’ottavo posto. Esistono altri sette tipi di influenza – famiglia, amici, diaspora – che influiscono maggiormente sulla decisione delle persone di migrare rispetto ai trafficanti”, afferma Frouws contestando quindi il mantra di molti leader europei secondo cui fermare i trafficanti e costruire frontiere fermerebbe anche le migrazioni.
E ancora: “[il tema immigrazione] resta quindi una questione politicamente delicata sulla quale si possono vincere o perdere le elezioni. E penso che questo renda davvero difficile avere un approccio equilibrato e molto razionale alle migrazioni solo perché è un fenomeno così sensibile e politicizzato”.
3. Cambiamento climatico e migrazioni
Il termine “rifugiato climatico ” si riferisce a persone che sono state costrette a lasciare il proprio paese di origine – temporaneamente o permanentemente – a causa degli effetti della crisi climatica. L’impatto del riscaldamento del pianeta si fa sentire in tutto il mondo, con spostamenti e migrazioni internazionali che diventano temi sempre più importanti in questo contesto.
“Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), eventi meteorologici come tempeste, inondazioni e siccità sono già stati responsabili del 98% dei 32,6 milioni di persone sfollate nel 2022. Si prevede che tali disastri diventeranno più frequenti per via del surriscaldamento globale. L’Oim ha identificato i seguenti cinque paesi con il più alto tasso di sfollamenti interni dovuti a disastri legati al clima nel 2022: Pakistan (8,2 milioni), Filippine (5,5 milioni), Cina (3,6 milioni), India (2,5 milioni) e Nigeria (2,4 milioni)”, riporta Info Migrants.
4. Imprigionata, respinta, violata, espulsa. La storia di una rifugiata iraniana
Sono le parole di Leyla (nome di fantasia) che racconta la sua storia raccolta come testimonianza dalla Ong No Name Kitchen che si occupa di violenza alle frontiere.
“Leyla è una persona transgender iraniana, attivista per i diritti della comunità LGBTQI+. In Iran, da quando è al potere il governo islamico, migliaia di persone omosessuali e trans vengono perseguitate e giustiziate, perciò, Leyla si attiva su Internet sotto pseudonimo. Nel 2016 viene arrestata per il suo attivismo”, riporta Sara Minolfi su Melting Pot Europa. Dopo un periodo sulle montagne, “arriva in Turchia dove intraprende una terapia ormonale. Rimane nel paese un anno, poi raggiunge la Grecia e la Bulgaria. In Bulgaria ci resta per dieci mesi, poi raggiunge la Bosnia. In Bosnia prova ad attraversare il confine con la Croazia decine di volte, ma viene ripetutamente picchiata, derubata degli effetti personali, respinta e deportata in Bosnia”.
“Ci hanno trattato come animali. Mi hanno picchiato molto, mi hanno legato mani e piedi a una sedia e mi hanno chiuso bocca e occhi. Sentivo che avrei potuto soffocare da un momento all’altro”, afferma Leyla, l’ennesimo caso di diritti negati e violenza subita alle frontiere europee.
5. Aumentano i flussi migratori dal Messico agli Stati Uniti
Secondo diverse testate giornalistiche, a dicembre i funzionari statunitensi hanno processato circa 300.000 persone al confine degli Stati Uniti con il Messico, il numero più alto mai registrato.
“Gli esperti affermano che molteplici fattori stanno spingendo i migranti, molti dei quali provenienti da paesi lontani come l’Asia, l’Africa e il Medio Oriente, a raggiungere il confine degli Stati Uniti come richiedenti asilo”, riporta il giornalista Rob Garver su Voa News. “L’amministrazione Biden ha adottato misure per affrontare la crisi, tra cui lo smantellamento delle organizzazioni del traffico di esseri umani, l’accelerazione di alcuni tipi di deportazioni, il dispiegamento di risorse militari per supportare la polizia di frontiera e gli agenti dell’immigrazione e l’espansione delle strutture per trattenere e trattare i richiedenti asilo e altri migranti”.
Il segretario di Stato Antony Blinken ha guidato una delegazione statunitense in Messico per colloqui con l’amministrazione del presidente Andrés Manuel López Obrador sulla riduzione del flusso di persone migranti. In una dichiarazione, López Obrador ha affermato che le trattative hanno portato a “accordi importanti”, anche se non sono stati rilasciati dettagli.
6. Aumentano i flussi migratori dall’Africa all’America
Migliaia di persone provenienti da nazioni africane stanno volando verso l’America Centrale e poi viaggiando via terra verso il Messico e poi verso il confine meridionale.
“Sebbene i migranti provenienti dalle nazioni africane rappresentino ancora una piccola percentuale delle persone che attraversano il confine meridionale, il loro numero è in aumento […]. Storicamente, il numero di migranti provenienti dai 54 paesi africani è stato così basso che le autorità statunitensi li hanno classificati come “altro”, una categoria che è cresciuta in modo esponenziale, spinta recentemente, dicono i funzionari, dal numero in rapida crescita proveniente dal continente”, scrive la giornalista Miriam Jordan sul New York Times.
E ancora: “i migranti africani continuano attraverso l’Honduras, il Guatemala e il Messico fino ad arrivare al confine meridionale degli Stati Uniti. Tra gennaio e settembre, secondo il governo honduregno, quasi 28.000 africani sono passati attraverso l’Honduras, un aumento di sei volte rispetto allo stesso periodo del 2022. Guinea, Senegal e Mauritania sono tra i primi 10 paesi di questi migranti”.
Foto via Twitter/Melting Pot Europa