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Homepage >> Web review >> I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 22/2025

I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 22/2025

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4 giugno 2025
Prosegue la criminalizzazione del soccorso in mare questa volta con protagonista la Ong Mediterranea Saving Humans e l’equipaggio della nave umanitaria Mare Jonio. Nel frattempo, la Cassazione frena il progetto dei Cpr in Albania rinviando il tutto alla Corte Ue di Giustizia.

1. Al via il processo contro Mediterranea Saving Humans

L’equipaggio della nave umanitaria Mare Jonio sarà processata per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

“La giudice dell’udienza  preliminare del tribunale di Ragusa ha infatti rinviato a giudizio l’equipaggio della nave Mare Jonio, gestita dalla ong Mediterranea Saving Humans, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione illegale, aggravato dal trarne profitto, per aver accolto a bordo un gruppo di migranti nel 2020. C’erano già state altre ong indagate per vicende simili, ma il processo non era mai arrivato alla fase del dibattimento, che invece in questo caso inizierà a ottobre”, riporta Il Post. E ancora: “Il caso al centro del processo è in realtà piuttosto atipico. Le persone che a settembre 2020 finirono a bordo della Mare Jonio erano state soccorse in agosto dalla portacontainer danese Maersk Etienne, a cui poi per più di un mese era stato negato il permesso di sbarco in diversi paesi. Maersk Tankers, la società armatrice che possiede l’Etienne, aveva detto che erano state le autorità di Malta a chiedere alla nave di soccorrere i migranti, per poi rifiutarsi di farli sbarcare sul proprio territorio”.

Infine: “Fra gli imputati che andranno a processo c’è anche l’attivista Luca Casarini, fondatore di Mediterranea, che recentemente è rimasto coinvolto nel cosiddetto “caso Paragon”: il suo telefono cioè è stato spiato da un governo tramite un software di sorveglianza dell’azienda israeliana Paragon Solutions”.

2. La Cassazione frena il progetto dei Cpr in Albania

La Corte di Cassazione dubita che il progetto dei Cpr in Albania sia compatibile con la Direttiva Rimpatri Ue.

“Per questo [La Cassazione] ha rinviato due cause alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Per la seconda fase del progetto Albania, quella che riguarda i migranti “irregolari” a cui il decreto di fine marzo (poi convertito in legge) ha esteso l’uso dei centri, si tratta di un colpo durissimo. I rinvii sono contenuti in due provvedimenti fotocopia nati dai ricorsi del Viminale contro altrettante non convalide del trattenimento oltre Adriatico. Le aveva decise la Corte d’appello di Roma. Anche se non ci sono automatismi, verosimilmente fino alla decisione dei giudici del Lussemburgo sarà molto complicato che un tribunale italiano possa dare il via libera alla detenzione nelle strutture del protocollo Roma-Tirana”, riporta il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto.

E ancora: “Gli ermellini pongono due questioni che riguardano entrambi i casi attualmente possibili a Gjader: quello di un migrante in situazione di irregolarità amministrativa e quello di un richiedente asilo che ha fatto domanda di protezione internazionale da dietro le sbarre di quel Cpr”.

3. Campi di deportazione: gli Stati membri dell’Ue vogliono “impedire il controllo giudiziario”

L’Ue punta a istituire i cosiddetti “centri di rimpatrio”, ovvero centri di deportazione, nei paesi extra-Ue, imitando il piano fallito avviato dal Regno Unito con il Ruanda. La legge sull’espulsione recentemente proposta dalla Commissione europea include disposizioni sul “rimpatrio verso un paese terzo con cui esiste un accordo o un’intesa”.

“Secondo la Commissione europea, i campi di espulsione sarebbero destinati a persone che soggiornano illegalmente nell’Ue e hanno ricevuto una decisione definitiva sul rimpatrio. L’idea è quella di far uscire le persone dal territorio dell’Ue il più rapidamente possibile, anche quando non possono essere rimpatriate nel loro paese di origine […]”, riporta Statewatch.

E ancora: “potrebbe trattarsi di un velato riferimento alla situazione in Italia, dove i giudici hanno ripetutamente stabilito che il piano del governo Meloni di deportare le persone in campi costruiti appositamente in Albania è illegale. Di fronte a questa insistenza giudiziaria sul rispetto del diritto italiano e internazionale, il governo italiano ha approvato un decreto legge che ha trasformato i suoi centri di detenzione in Albania in centri di espulsione, nota Border Violence Monitoring Network (Bvmn). Ciò ha portato a episodi di autolesionismo da parte delle persone espulse in Albania, tra cui molteplici tentativi di suicidio”.

4. Morire a Palermo in fuga dalla Libia

Una ragazza di 16 anni è deceduta una volta arrivata al Centro grandi Ustioni di Palermo e affidata al Sistema di accoglienza comunale.

“La sedicenne era sola, segnata da ferite profonde su tutto il corpo e nell’anima. In questi tre mesi in cui è stata affidata alle cure degli operatori della struttura, hanno lavorato con tenacia per restituirle identità, radici, dignità. E’ stato così scoperto che era stata rapita dal suo Paese d’origine insieme alla cugina e che quest’ultima non ce l’ha fatta ed è morta nel deserto. Dopo un anno e mezzo trascorso in Libia, dove ha subito violenze e privazioni indicibili, la sedicenne aveva raggiunto Lampedusa. Durante quel viaggio, sul barcone in cui era stata caricata a forza e altre quattro ragazze hanno trovato la morte, si è verificata un’esplosione e si è ustionata gravemente”, si legge su La Gazzetta del Sud.

Anche Sea Watch ha denunciato il fatto: “è l’ultima vittima del sistema migratorio europeo che intrappola le persone in Libia, lasciando come unica via di fuga i barchini mortali”.

5. Alla ricerca di una vita migliore, i giovani etiopi rischiano tutto per raggiungere l’Arabia Saudita

Lo scorso anno,  quasi 235.000 persone hanno lasciato l’Etiopia dirigendosi verso la costa del Mar Rosso, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim). Il Paese è il secondo più popoloso dell’Africa, ma negli ultimi anni è stato devastato da crisi successive, tra cui vari conflitti armati etnici e la conseguente instabilità economica.

“Gran parte di questo esodo etiope si è concentrato lungo la cosiddetta “rotta migratoria orientale”, che attraversa il Mar Rosso e il Golfo di Aden fino allo Yemen e, infine, all’Arabia Saudita. Lì, e nelle altre economie del Golfo ricche di petrolio, migranti come Yasin sperano di trovare lavoro e inviare denaro alle loro famiglie. Eppure, la maggior parte scopre solo ulteriore sofferenza. Il viaggio li conduce in un’oscura economia transnazionale alimentata dalla sofferenza umana. Lungo il percorso, trafficanti di esseri umani e milizie violente sfruttano la loro disperazione per il profitto. Molti muoiono lungo il cammino. E per coloro che hanno la fortuna di raggiungere l’Arabia Saudita, si nascondono ulteriori pericoli, tra cui, come ha scoperto Yasin, i terrori del sistema carcerario del Paese” riporta il New Humanitarian.

Infine: “l’Arabia Saudita è stata  duramente criticata dalle organizzazioni per i diritti umani per il trattamento riservato ai migranti, sia legali che irregolari. Secondo Amnesty International, i migranti legali subiscono diverse forme di sfruttamento, tra cui lavoro forzato, orari di lavoro eccessivi e furto di salari. I migranti irregolari subiscono trattamenti ancora più severi. Nel 2023, un rapporto di Human Rights Watch ha documentato numerose “uccisioni di massa” di migranti etiopi da parte delle guardie di frontiera saudite. L’organizzazione per i diritti umani ha affermato che le guardie avevano ucciso centinaia di migranti etiopi che tentavano di attraversare il confine dallo Yemen, usando fucili automatici ed esplosivi”.

6. I nostri nuovi articoli su Open Migration

Nel mese di aprile sono stati riportati in Ucraina 38 bambini, a marzo erano stati 18. Nel frattempo è stata lanciata una nuova campagna nazionale basata sulla creazione di un database con i dati genetici dei parenti dei bambini scomparsi. Le famiglie che hanno un figlio disperso nei territori occupati sono invitate a fornire un campione di Dna per facilitare le identificazioni, e tutti gli ucraini che potrebbero essere stati testimoni di un rapimento o averne avuto notizia sono incoraggiati a segnalare questi casi ai centri specializzati per le persone scomparse. Ce ne parla Ilaria Romano.

Foto via X/Sea Watch Italy

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