1. L’inutilità delle attuali politiche migratorie italiane
In seguito alla pubblicazione dell’ultimo rapporto della Campagna Ero Straniero sui dati allarmanti inerenti alle condizioni lavorative delle persone straniere in Italia (in particolar modo per via dell’attuale Decreto Flussi e le numerose difficoltà affrontate dalle persone migranti per mettersi in regola), il Governo Meloni ha risposto dicendo che tali complicazioni sarebbero dovute a “prassi illecite”, tuttavia il problema è sistemico.
“Alla base del fallimento dell’attuale sistema di ingresso per lavoro, al di là di prassi illegali che certamente, e non da ora, esistono, ci sono limiti e difficoltà delle amministrazioni coinvolte nella procedura, in tutto il territorio nazionale. Sono cause che si trascinano da tempo, su cui il governo può e ha il dovere di intervenire in quanto direttamente responsabile”, ha affermato la Campagna Ero Straniero. E ancora: “il vizio originario è proprio il meccanismo legale del decreto flussi che continua a riproporre il sistema dell’incontro a distanza tra l’offerta e la domanda di lavoro. Ce lo trasciniamo ormai da decenni ed è pacifico, assodato e consolidato che è uno dei grandi produttori di irregolarità per le persone che entrano in Italia. Nel nostro Paese oggi è presente un sistema produttivo di piccole e medie aziende che hanno bisogno di conoscere le persone con cui lavorano, magari anche di mettere alla prova le loro competenze. Per cui è paradossale, anacronistico e irrazionale mantenere questo sistema di chiamata a distanza, fingendo di non conoscere il lavoratore che si intende chiamare”, ha affermato l’avvocata Nazzarena Zorzella in un’intervista per Altreconomia.
La diretta conseguenza di tale meccanismo è che le persone migranti si ritrovano o a entrare con un visto turistico oppure irregolarmente per poi essere costrette a lavorare in nero attendendo l’ennesima “Sanatoria” oppure di partecipare alla chiamata tramite Decreto Fussi. Un vero e proprio gioco alla “lotteria” sulla pelle di un’intera categoria di lavoratori e lavoratrici.
2. Sempre più cittadini e cittadine turche chiedono asilo negli Usa e in Europa
L’anno scorso più di 100.000 persone di nazionalità turca hanno presentato domanda di asilo nei paesi dell’Ue, con un aumento dell’82% rispetto all’anno precedente. Attualmente sono la terza nazionalità più numerosa a chiedere protezione nell’Ue, dopo le persone di nazionalità siriana e afghana.
“Secondo Bahar Baser, accademico dell’Università di Durham nel Regno Unito che studia l’immigrazione turca, il deflusso di cittadini turchi che prendono rotte irregolari sia verso l’UE che verso gli Stati Uniti è causato da una serie di fattori sovrapposti che si sono accumulati nel tempo”, scrive il giornalista Daniel Thorpe sul New Humanitarian. “Le minoranze – come le persone curde – e i dissidenti politici sono da tempo perseguitati in Turchia, e il paese attraversa una prolungata crisi economica dal 2018. La rielezione di Erdoğan – che ha dominato la politica turca negli ultimi 20 anni – […] ha contribuito ad alimentare in alcune persone un senso di fatalismo riguardo alla direzione del paese. Definisco la recente migrazione un esodo perpetuo. Forse i semi erano già stati piantati nelle proteste di Gezi [2013, una serie di manifestazioni antigovernative di massa che hanno provocato una violenta repressione da parte delle autorità turche] o, successivamente, nelle numerose elezioni vinte da Erdoğan. Le persone hanno pensato di andarsene e, lentamente ma inesorabilmente, continuano a farlo”, ha affermato Baser.
Tra coloro che se ne vanno dalla Turchia c’è Hasan Ali (nome di fantasia), un 35enne intervistato dal The New Humanitarian. Attualmente Ali è sotto processo e accusato di essere membro di un’organizzazione terroristica. “Lo Stato ti molesta costantemente. Se fai rumore ti arrestano. Se la pensi diversamente, ti marchiano come terrorista”.
3. È passato un anno dalla strage di Pylos (Grecia)
Secondo Amnesty International e Human Right Watch, sono stati fatti pochi progressi nelle indagini sul naufragio di un peschereccio sovraffollato, l’Adriana, al largo della costa di Pylos, in Grecia, il 14 giugno 2023.
“L’imbarcazione trasportava circa 750 persone, provenienti principalmente dalla Siria, dal Pakistan e dall’Egitto. Solo 104 persone sopravvissero, 82 corpi furono recuperati ma solo 58 identificati. Rimangono disperse più di 500 persone. L’indagine del tribunale navale greco sulla potenziale responsabilità della guardia costiera ellenica per il naufragio, avviata nel giugno 2023, rimane in fase preliminare”, riporta Amnesty. “Nel primo anniversario della tragedia, Judith Sunderland, direttrice associata per l’Europa e l’Asia centrale di Human Rights Watch, ha dichiarato: è inconcepibile che, a un anno da questa orribile tragedia, le indagini sulla potenziale responsabilità della Guardia costiera ellenica siano appena progredite. Dobbiamo vedere un processo credibile di responsabilità e la fine del ciclo di violenza e impunità ai confini della Grecia”. In ricordo delle vittime del naufragio, a Pylos è stata organizzata una manifestazione:
Ricordiamo inoltre che coloro che erano stati accusati di “scafismo” – per la precisione nove cittadini egiziani – sono stati assolti dal tribunale di Kalamata.
4. Sempre più difficile ottenere asilo in Italia
Diverse cliniche legali universitarie hanno scritto un comunicato, riportato da Melting Pot Europa, in cui vengono espresse preoccupazioni inerenti all’accesso all’asilo in Italia.
“Siamo […] testimoni non solo delle conseguenze reali dell’inasprimento della normativa in materia, ma anche della loro spesso illegittima applicazione in molti contesti, delle difformità delle procedure a seconda delle diverse questure, così come della velocità con cui tali procedure, in uno stesso territorio, cambiano continuamente comportando una costante incertezza che si traduce nell’aggravamento della condizione di vulnerabilità e precarietà di persone che dovrebbero essere invece tutelate e protette nell’accesso all’esercizio di un diritto fondamentale”.
E ancora: “è opportuno ricordare che presentare richiesta di asilo in Italia è un diritto assoluto, nonché costituzionalmente garantito dall’articolo 10 comma 3 della Costituzione, riconosciuto a tutte le persone che manifestino un timore fondato di subire violazioni di diritti umani nel proprio Paese di origine. Le prassi denunciate da diverse realtà su tutto il territorio nazionale si presentano dunque come ostacoli concreti all’esercizio di tale diritto e, di conseguenza, alla possibilità di accesso e godimento di tutta una serie di diritti fondamentali parimenti riconosciuti dalla normativa nazionale e internazionale”.
5. Venire in Europa legalmente è impossibile, se provieni da un Paese africano
Secondo uno studio pubblicato dalla società di consulenza sulla migrazione con sede nel Regno Unito Henley and Partners, per le persone provenienti da paesi del continente africano è quasi impossibile ottenere un visto per poter viaggiare in Europa.
“Nabil Tabarout è uno di questi. Il 29enne sviluppatore web algerino ha chiesto due visti per la Francia per visitare sua sorella. Entrambe le sue richieste sono state respinte […]. Tabarout è ancora ottimista sul fatto che riuscirà ad arrivare in Francia, ma ha detto che il processo è stato “arduo”. Gli algerini come Tabarout, e molti altri in tutta l’Africa, sembrano dover affrontare tassi di rifiuto sproporzionati, suggerisce lo studio di Henley and Partners. I ricercatori hanno scoperto che i cittadini dei paesi africani possono affrontare tassi di rifiuto fino al 10% più alti rispetto alla media globale”, si legge su Info Migrants. E ancora: “esistono molteplici ragioni per cui gli africani che desiderano recarsi in Europa potrebbero avere difficoltà a ottenere un visto. Gli appuntamenti per richiedere il visto possono essere difficili da fissare. Per alcuni paesi, i richiedenti devono recarsi in uno stato confinante della regione per presentare la domanda. Ad esempio, i richiedenti in Sierra Leone che desiderano richiedere un visto per la Germania devono presentare la domanda tramite l’ambasciata tedesca ad Accra, in Ghana. Questo perché l’ambasciata tedesca in Sierra Leone “non dispone di una sezione consolare”, secondo il sito web dell’ambasciata.
Infine: “Henley and Partners ha citato nello studio i paesi della zona Schengen, affermando che si stavano comportando in modo discriminatorio. L’azienda ha esortato questi paesi a riformare le norme sui visti. Nel 2022, lo studio ha rilevato che Algeria, Guinea e Nigeria hanno registrato un tasso di rifiuto del visto pari a circa il 45%. In confronto a questo, solo a uno su 25 richiedenti statunitensi è stato rifiutato lo stesso tipo di visto per i paesi europei membri di Schengen”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
Da quando è iniziata la guerra, nel 2011, la metà dell’intera popolazione siriana ha lasciato la propria casa. 12 milioni di persone che vivono da rifugiati interni o hanno lasciato il paese. Ma la voglia di tornare è alta tra la maggior parte di loro. Ce ne parla Ilaria Romano.
Foto copertina via Twitter/Melting Pot Europa