1. Richiedenti asilo in gabbia
Il Governo, a Porto Empedocle, punta ancora a rinchiudere le persone richiedenti asilo provenienti dai paesi considerati “sicuri”.
“Il primo tentativo di introdurre questa nuova forma di privazione della libertà personale, che anticipa il dettato del Patto europeo su migrazione e asilo, risale allo scorso anno. In quell’occasione andò a sbattere contro 19 ordinanze del tribunale di Catania relative al centro di Modica-Pozzallo, in provincia di Ragusa. Disapplicarono la norma nazionale ritenendola in contrasto con quella comunitaria. Ad aprire le danze delle non convalide dei trattenimenti fu la giudice Iolanda Apostolico, alla fine del settembre 2023. Le sue decisioni mandarono su tutte le furie l’esecutivo e contro di lei partì una campagna denigratoria”, scrive il giornalista Giansandro Merli.
A queste persone verrebbe quindi applicata la cosiddetta procedura accelerata alla frontiera, “un iter più rapido della domanda di protezione, perché con meno garanzie e diritti, che secondo il decreto Cutro dovrebbe svolgersi dietro le sbarre”.
2. Ancora sfruttamento per le persone lavoratrici migranti in Italia
10 ore al giorno di lavoro sottopagato, ennesimo caso di sfruttamento nelle campagne, questa volta a Monastir, in Sardegna.
“Un imprenditore cagliaritano di 39 anni, titolare di un’azienda agricola di Monastir, è stato arrestato dalla Polizia di Stato, con il personale dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Cagliari – Oristano, con l’accusa di sfruttamento del lavoro. L’uomo secondo le accuse avrebbe sfruttato cittadini originari della zona subsahariana, alcuni dei quali richiedenti asilo ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria di Monastir”, riporta l’Unione Sarda. E ancora: “Dalle testimonianze dei ragazzi sarebbero emerse le condizioni di sfruttamento, a partire da un impiego giornaliero di 8-10 ore con una breve pausa per il pranzo che il lavoratore portava autonomamente, come anche l’acqua per bere. Quindi assenza di materiale di protezione individuale e e di locali adeguati per le pause, e infine retribuzione palesemente difforme dai contratti collettivi a livello nazionale – 5 euro all’ora in nero – e comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato”, scrive il giornalista Andrea Piana su Dire.
A ciò si aggiungono le difficoltà da parte delle persone migranti nel denunciare il caporalato per via della paura di essere rimpatriate: è il caso di tre braccianti indiani dell’Agro Pontino che, denunciato lo sfruttamento, sono state costrette al rimpatrio, riporta il giornalista Salvatore Giuffrida su Repubblica.
3. Trattamenti inumani e degradanti alle frontiere Ue
Un nuovo rapporto dell’Agenzia Ue per i diritti fondamentali (Fra), dal titolo Guidance on investigating alleged ill-treatment at borders, rivela che i governi europei non stanno facendo abbastanza per indagare sulle denunce di abusi da parte delle autorità di frontiera. Anche la paura e l’intimidazione impediscono alle persone migranti di denunciare i maltrattamenti.
Lo studio si è concentrato sui paesi di confine nei Balcani e nel Mediterraneo, affermando che Grecia, Ungheria e Croazia, in particolare, “non hanno indagato in modo efficace sugli episodi di maltrattamenti e perdite di vite umane durante la gestione delle frontiere”. E ancora: “il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti esprime preoccupazione per il fatto che vengano svolte poche indagini. Rileva inoltre che le indagini spesso non rispettano gli standard elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Le indagini che non soddisfano i requisiti di indipendenza, completezza, trasparenza, tempestività e partecipazione delle vittime pongono rischi per il rispetto dello stato di diritto”.
Infine: “un numero crescente di casi sta arrivando alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Negli ultimi anni, la corte di Strasburgo ha giudicato cinque casi in cui ha riscontrato che gli incidenti non erano stati indagati in modo efficace. […] Le autorità nazionali in Grecia, Croazia e Ungheria non hanno indagato in modo efficace sugli incidenti di maltrattamento e perdita di vite umane durante la gestione delle frontiere. Alcuni esempi includono sforzi insufficienti per localizzare e ascoltare vittime e testimoni, ostacolare gli avvocati nel loro lavoro e non avere accesso a prove chiave (ad esempio filmati della sorveglianza delle frontiere)”.
4. L’assurda detenzione di Maysoon Majidi
Resta in carcere l’attivista curdo-iraniana Maysoon Majidi, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Per tre volte, la prigioniera è entrata in sciopero della fame. Le reiterate richieste di attenuazione del regime detentivo sono state rigettate. Da sette mesi la regista curda, attivista per i diritti umani in Iran, è in cella. L’accusano di essere una scafista del natante sbarcato in riva allo Jonio il 31 dicembre. A Crotone non c’è un reparto femminile nella casa circondariale. Come un pacco, prima l’hanno rinchiusa a Castrovillari poi l’hanno sbattuta a Reggio”, scrivono i giornalisti Silvio Messinetti e Claudio Dionesalvi su Il Manifesto. E ancora: “Quando sbarcai a Crotone pensai di esser salva, invece è iniziato il mio incubo: 150 euro e il telefonino usato solo per rassicurare la famiglia diventano armi per accuse assurde. Io e mio fratello abbiamo fatto questo viaggio per salvarci la vita ed essere liberi in Europa, esclama dopo aver raccontato le fasi della traversata. La richiesta dei domiciliari però viene di nuovo respinta”.
Amnesty International, A buon diritto e altre Ong, da tempo si battono per la liberazione di Majidi: “Quella di scafista è una categoria contestata e problematica da un punto di vista giuridico: nella maggior parte dei casi oggi le persone che si trovano alla guida delle imbarcazioni sono semplici persone migranti in stato di necessità, ma vengono perseguite come se fossero trafficanti di esseri umani”, scrive Amnesty.
5. L’Italia continua a violare i diritti fondamentali delle persone migranti
Una nuova dichiarazione di Amnesty International ha evidenziato la mancanza di dignità e libertà per le persone che cercano asilo in Italia. L’organizzazione ha anche criticato le condizioni nei centri di detenzione nel paese per essere al di sotto degli standard internazionali.
“Queste condizioni violano il diritto delle persone alla dignità e devono essere migliorate dalle autorità italiane. I piani per costruire nuovi centri in Italia, insieme all’introduzione di procedure di frontiera obbligatorie ai sensi del Patto UE su migrazione e asilo e alla prossima attuazione dell’accordo Italia-Albania, rendono l’azione sempre più urgente per prevenire ulteriori violazioni del diritto internazionale che colpiranno un numero crescente di persone”, ha osservato. “La detenzione dovrebbe essere una misura di ultima istanza. Tuttavia, nei centri che abbiamo visitato, abbiamo incontrato persone che non avrebbero mai dovuto essere detenute: persone con gravi problemi mentali o che cercano asilo a causa del loro orientamento sessuale o attivismo politico, ma che provengono da paesi che l’Italia ha arbitrariamente definito sicuri”, ha affermato il vicedirettore regionale per l’Europa, Dinushika Dissanayake”, riporta l’Ong Ecre, Consiglio Europeo per i Rifugiati.
6. La Finlandia legalizza i respingimenti
Il governo finlandese ha approvato una legge sull’immigrazione che consente alle guardie di frontiera di impedire alle persone migranti di entrare nel paese. Una mossa vista da molte organizzazioni della società civile come la legalizzazione dei cosiddetti “respingimenti”.
“Il via libera del parlamento finlandese alla “legge di eccezione” che sospende le procedure di asilo per le persone in arrivo dalla Russia è arrivato venerdì scorso (12 luglio). Si tratta di un’eccezione ad hoc alla Costituzione finlandese in caso di “emergenza nazionale”, giustificata dal governo di destra guidato da Petteri Orpo con il fatto che “abbiamo visto la Russia usare i migranti come strumento di influenza ibrida dalla fine dell’anno scorso”, riporta il giornalista Federico Baccini su Eu News. E ancora: “questa legge compromette gravemente l’accesso all’asilo e la protezione dal respingimento in Finlandia; non solo compromette i diritti delle persone in cerca di tutela, ma porterà anche ad arbitrarietà e violenze alla frontiera”, ha affermato la vice direttrice regionale per l’Europa di Amnesty International, Dinushika Dissanayake. “Una legge del genere non avrebbe mai dovuto essere approvata, mette in discussione l’impegno della Finlandia nei confronti dello stato di diritto”.
Foto copertina via Twitter/Melting Pot Europa