1. Le milizie libiche attaccano la Ocean Viking
Le persone a bordo della Ocean Viking di Sos Mediterranée sono state colpite da colpi di arma da fuoco da parte della cosiddetta guardia costiera libica.
E ancora: “sempre davanti alle coste libiche [ altre sessanta persone migranti], tra cui una donna incinta e un minore con ustioni gravi, sono stati salvati da un’altra nave ong, la Nadir, che ha anche recuperato, prima di fare rotta per Lampedusa, i cadaveri di tre sorelle sudanesi di 17, 12 e 9 anni. “Ci chiediamo – la reazione di Save the Children – a quante morti di bambine, bambini e famiglie di migranti dovremo ancora assistere prima che si concretizzi un sistema coordinato di ricerca e soccorso in mare che eviti tragedie come queste. Un sistema che, oltre a contrastare il traffico di essere umani in mano a criminali senza scrupoli, permetta alle navi impegnate in zona Sar di continuare a salvare vite in mare”, si legge su Il Fatto Quotidiano.
2. La Mediterranea a approda a Trapani
La nave Mediterranea ha fatto sbarcare sabato sera alle 21.30 a Trapani dieci persone soccorse nella notte tra mercoledì e giovedì in acque internazionali, disobbedendo, nonostante il divieto del Ministero dell’Interno che aveva assegnato Genova come porto di sbarco.
“Alle 2:35 del 23 agosto, il Viminale aveva comunicato che il “luogo sicuro di sbarco” sarebbe stato il porto ligure, distante oltre 1.200 km e diversi giorni di navigazione. Una decisione che, secondo l’organizzazione, non teneva conto delle gravi condizioni dei naufraghi salvati dopo essere stati gettati in mare dalle milizie libiche: È inumano e inaccettabile che il Ministero dell’Interno voglia costringere queste dieci persone – aveva dichiarato il capo missione Beppe Caccia – a sostenere ancora tre giorni di navigazione, esponendoli a inutili ulteriori sofferenze”, riporta Melting Pot Europa. E ancora: “a bordo vi erano cittadini curdi di Iran e Iraq, egiziani e siriani, tra cui tre minori non accompagnati di 14, 15 e 16 anni. Tutti avevano subito torture e violenze in Libia e assistito alla morte di quattro compagni, gettati in mare dai trafficanti armati. Secondo la medica di bordo, Vanessa Guidi, e lo stesso CIRM, il centro per il soccorso medico consultato dall’MRCC di Roma, i sopravvissuti necessitavano di necessarie cure mediche e psicologiche che non potevano essere garantite a bordo”.
Infine: “resta ora da capire quale sarà la reazione del Ministero dell’Interno, se vorrà procedere con le solite prassi illegittime (fermo amministrativo o/e multa), oppure se rimarrà in silenzio”.
3. Libia: la crisi climatica spinge le persone migranti verso nuove rotte
La siccità in Libia e il degrado ambientale stanno spingendo le persone migranti verso nuove rotte. Un nuovo rapporto dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) sottolinea l’impatto della crisi climatica sulla sicurezza alimentare e sulle scelte migratorie nel Paese.
“Il rapporto analizza i legami tra degrado ambientale, disponibilità di cibo e dinamiche migratorie nel paese nordafricano. Secondo lo studio, condotto su un campione di 1.590 persone migranti e basato su focus group e analisi satellitari, il profilo delle persone migranti in Libia è dominato da giovani uomini, provenienti in larga misura da Niger, Sudan ed Egitto. Il 74% di loro lavora nel settore agricolo o in attività correlate, spesso in condizioni estremamente precarie. Lo studio […] mostra inoltre che il 42% degli adulti e il 20% dei bambini non sono in grado di consumare tre pasti al giorno, mentre il 28% segue una dieta molto monotona e poco varia” si legge su InfoMigrants.
E ancora: “inoltre, il rapporto dell’Oim sottolinea come il degrado del suolo e la mancanza di acqua stiano riducendo la resa agricola. La metà degli intervistati che lavorano nel settore agricolo ha dichiarato di aver dovuto aumentare l’uso di fertilizzanti per mantenere gli stessi livelli di produzione, sostenendo costi più elevati e lavoro aggiuntivo. Un ulteriore 9% ha abbandonato le attività agricole per dedicarsi ad altri settori. Le difficili condizioni climatiche hanno un impatto diretto sulle scelte migratorie: il 38% degli intervistati percepisce il cambiamento climatico come una minaccia alla stabilità del proprio lavoro e il 26% ammette che le condizioni ambientali hanno influenzato la loro decisione di migrare”.
4. Il sistema globale dei rifugiati è a un bivio
Ad oggi, il sistema di protezione delle persone rifugiate viene riorganizzata per impedire alle persone di spostarsi, non per aiutarle a sopravvivere allo sfollamento.
“Questo cambiamento non è solo una deriva politica, è una scelta politica. Una scelta che riflette un problema più profondo: i rifugiati vengono erroneamente trattati come una crisi, mentre la vera crisi è un sistema che considera la protezione della vita umana come facoltativa e l’interruzione degli spostamenti transfrontalieri come essenziale. Questo cambiamento si sta verificando in molteplici ambiti, ma i recenti sviluppi delle consultazioni del 2024 e del 2025 sul reinsediamento e sui percorsi complementari (Crcp) a Ginevra offrono un chiaro esempio della rapidità con cui l’approccio globale alla protezione dei rifugiati si sta rimodellando”, riportano Mustafa Alio e Rez Gardi, rispettivamente, codirettore e codirettrice generale del Refugees Seeking Equal Access at the Table (R-seat) sul New Humanitarian. E ancora: “se l’approccio basato sul percorso deve avere un valore reale, deve coinvolgere le organizzazioni guidate dai rifugiati (Rlo) come partner centrali, non come elementi secondari. Le Rlo godono della fiducia delle persone in movimento, sono radicate nelle comunità e sono le più adatte a condividere informazioni accurate su rischi, realtà e alternative. Senza di loro, gli sforzi per proteggere i rifugiati rischiano di trasformarsi in campagne vuote o, peggio ancora, rischiano di essere visti come strumenti di controllo e deterrenza piuttosto che di protezione”.
5. Le politiche sui visti di Trump bloccate in tribunale
Un giudice federale ha stabilito che il Dipartimento di Stato non può avvalersi dell’ultimo divieto di viaggio imposto dal presidente Donald Trump per negare il visto agli stranieri che ne fanno richiesta.
“La decisione emessa […] dal giudice distrettuale statunitense Sparkle Sooknanan si applica solo a 82 potenziali immigrati e comporta una clausola importante: consente comunque alle autorità per l’immigrazione di negare l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini stranieri respingendoli al valico di frontiera o ordinando ai funzionari della compagnia aerea di rifiutare loro l’imbarco” si legge su Politico. E ancora: “la sentenza è stata emessa in seguito a una causa intentata a luglio per conto di cittadini provenienti da Afghanistan, Birmania, Togo, Somalia e Iran, che hanno ottenuto il diritto di richiedere visti nell’ambito del cosiddetto programma Diversity Visa. L’avvocato specializzato in immigrazione che ha intentato la causa, Curtis Morrison, ha affermato di considerare la sentenza un insieme eterogeneo di soluzioni, sebbene non offra ai suoi clienti un accesso immediato agli Stati Uniti”.
Infine: “il mese scorso, un giudice federale di Seattle ha stabilito che l’ultimo divieto di viaggio imposto da Trump non poteva essere utilizzato per bloccare i rifugiati aventi diritto a entrare negli Stati Uniti a seguito di precedenti ordinanze in un contenzioso che contestava la sospensione delle ammissioni di rifugiati da parte di Trump. Tuttavia, una corte d’appello federale ha sospeso tale decisione pochi giorni dopo”.
6. Le proteste contro il sistema di asilo nel Regno Unito
Il Regno Unito promette di accelerare le richieste di asilo mentre si diffondono le proteste sugli hotel.
“Il governo ha affermato che istituirà un nuovo organismo indipendente per esaminare più rapidamente i ricorsi dei richiedenti respinti, nel tentativo di porre fine al costoso utilizzo dei cosiddetti alberghi per richiedenti asilo, che sono diventati oggetto di malcontento da parte di una parte dell’opinione pubblica”, riporta France 24. “Il governo laburista ha dichiarato […] che farà ricorso contro la sentenza del tribunale che gli impedisce di ospitare richiedenti asilo in un hotel […] nel sud-est dell’Inghilterra. La sentenza ha innescato l’annuncio di un’ondata di proteste e controproteste davanti agli hotel che ospitano richiedenti asilo in tutto il Paese”.
Infine: “Sabato si sono tenute manifestazioni con lo slogan “Abolire il sistema di asilo” in diverse città e paesi britannici, tra cui Bristol, Exeter, Tamworth, Cannock, Nuneaton, Liverpool, Wakefield, Newcastle, Aberdeen, Perth e nel centro di Londra. La polizia a cavallo ha separato i gruppi rivali durante l’evento di Bristol, con gli agenti che si sono scontrati con i manifestanti”.
Foto copertina via X/Sos Mediterranée