1. Le ong spingono l’Ue a non finanziare la cosiddetta guardia costiera libica
Oltre 40 organizzazioni umanitarie e per i diritti civili hanno chiesto alla Commissione europea di sospendere i finanziamenti alla guardia costiera libica dopo che questa avrebbe aperto il fuoco su una nave di soccorso in acque internazionali.
“In una lettera indirizzata al Commissario europeo per le migrazioni Magnus Brunner e al Commissario per il Mediterraneo Dubravka Šuica, le organizzazioni hanno criticato la cooperazione in corso tra l’UE e la Libia, affermando che i diritti umani vengono sacrificati in nome del controllo delle frontiere. Le vite umane non devono essere ignorate in nome del controllo delle frontiere”, si legge nella lettera. “La Commissione europea deve ripristinare lo stato di diritto alle sue frontiere marittime; sospendere la cooperazione con la Libia senza ulteriori indugi”, riporta InfoMigrants.
Infine: “nella lettera, le ong hanno descritto l’incidente come parte di un più ampio schema di aggressione nei confronti sia delle persone in difficoltà in mare sia degli equipaggi umanitari che le assistevano. Hanno inoltre sottolineato la persistente mancanza di responsabilità in Libia per le azioni violente”.
2. I Paesi Bassi vogliono esternalizzare i rimpatri in Uganda
I Paesi Bassi stanno trattando con l’Uganda per istituire un hub di transito per i richiedenti asilo respinti.
“Secondo un funzionario governativo, i Paesi Bassi sarebbero nelle fasi finali dei negoziati con l’Uganda per istituire una struttura in cui le persone le cui richieste di asilo sono state respinte possano essere trasferite temporaneamente prima di essere rimpatriate nei loro paesi di origine […]. Un portavoce del Ministro olandese per le Migrazioni, David van Weel, ha confermato che i colloqui con i funzionari ugandesi stanno procedendo positivamente. I colloqui si sono svolti in contemporanea con l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. Sono attualmente in corso colloqui costruttivi e avanzati con l’Uganda sul rimpatrio dei richiedenti asilo respinti attraverso l’Uganda”, ha affermato il portavoce. Pur avvertendo che i negoziati non sono ancora conclusi, il portavoce ha osservato che il ministro nutre fiducia riguardo all’esito. Non sono stati forniti ulteriori dettagli, tra cui una tempistica per un eventuale accordo”, si legge su InfoMigrants.
E ancora: “La politica sull’immigrazione rimane una questione centrale in vista delle elezioni generali olandesi previste per il mese prossimo. L’attuale governo provvisorio si è dimesso a giugno a seguito di disaccordi interni sulle restrizioni all’immigrazione proposte. Il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD), al governo, è desideroso di dimostrare i progressi compiuti in materia di immigrazione in vista delle elezioni del 29 ottobre. Nelle ultime settimane, i ministeri coinvolti hanno espresso un cauto ottimismo riguardo al raggiungimento di un accordo con l’Uganda. Con l’avvicinarsi delle elezioni, gli sforzi per finalizzare un accordo hanno acquisito slancio”.
3. L’invisibilità delle donne migranti a Cipro
Cipro accoglie ogni anno un numero rilevante di persone. Tra queste la condizione delle donne continua a essere ignorata.
“Le difficoltà maggiori ricadono su chi entra “irregolarmente” nel territorio, dovendo presentare poi ha la richiesta di protezione internazionale. UnWomen sottolinea che le migranti si scontrano con molteplici problemi, che vanno dai traumi del viaggio alla vita nei centri di accoglienza, fino alle procedure di asilo e alle pratiche burocratiche”, si legge su Osservatorio Diritti. E ancora: “A chi presenta richiesta di asilo viene riconosciuto lo status di richiedente, in attesa della decisione dall’Asylum Service cipriota. L’esito può portare allo status di rifugiata, se la domanda rispetta i criteri della Convenzione di Ginevra del 1951, oppure alla protezione sussidiaria, prevista dalla normativa europea”.
Infine: “l’integrazione non riguarda però solo il lavoro. La prima barriera che le donne migranti incontrano è la lingua. La Repubblica di Cipro considera richiedenti asilo e rifugiati come lavoratori temporanei. Di conseguenza, i corsi di lingua pubblici sono scarsi, spesso a pagamento e poco adattati alle necessità delle donne migranti. Molte donne non possono frequentarli perché i corsi vengono tenuti in orari incompatibili con il lavoro domestico e la cura dei figli. Manca un approccio familiare che preveda ad esempio spazi per i bambini durante le lezioni”.
4. Respinti dagli Usa verso il Messico
Le dure politiche di deterrenza del presidente Donald Trump stanno costringendo molti richiedenti asilo e migranti a stabilirsi in Messico anziché negli Stati Uniti, anche se la sospensione degli aiuti statunitensi sta rendendo più difficile per loro ottenere la protezione e il sostegno di cui hanno bisogno per integrarsi nella società messicana.
“Secondo i dati ufficiali messicani, solo 119.183 migranti sono entrati irregolarmente nel Paese nei primi sei mesi di quest’anno, l’83% in meno rispetto allo stesso periodo del 2024. Eppure il numero di richieste di asilo è stato simile in entrambi gli anni, il che indica che più persone cercano di rimanere a lungo termine in Messico. Tre migranti su quattro intervistati dall’agenzia delle Nazioni Unite per le migrazioni (OIM) in Messico tra aprile e maggio 2025 hanno dichiarato di non prendere in considerazione l’idea di tornare nel proprio Paese d’origine o di precedente residenza”, scrive la giornalista Mie Hoejris Dahl sul New Humanitarian.
Infine: “alcuni rifugiati e richiedenti asilo non riescono a trovare un lavoro adeguato o, pur ottenendo un impiego formale, continuano ad avere difficoltà con la lingua, l’alloggio e l’assistenza all’infanzia. Cose semplici come iscrivere un bambino a scuola o aprire un conto in banca per ricevere lo stipendio possono rappresentare un ostacolo, poiché le istituzioni a volte richiedono documenti che i rifugiati non possiedono, anche se non sono un requisito legale”.
5. Anche in Giappone cresce l’ostilità verso le persone migranti
L’ostilità verso le comunità di migranti, evidente nel Regno Unito, in Europa e negli Stati Uniti, sembra estendersi anche al Giappone, la cui popolazione straniera all’inizio dell’anno ha raggiunto la cifra record di 3,8 milioni, sebbene rappresenti ancora poco meno del 3% della popolazione.
“L’immigrazione si è aggiunta all’economia e al costo della vita come tema chiave delle elezioni, e potrebbe contribuire a determinare chi vincerà le elezioni del prossimo mese per il nuovo presidente del Partito Liberal Democratico (LDP), al governo – con il vincitore che quasi certamente diventerà il prossimo primo ministro del Giappone. Dopo due elezioni difficili nell’ultimo anno, l’LDP ha adottato una linea più dura sull’immigrazione, promettendo di raggiungere “zero immigrazione illegale”, di limitare i nuovi arrivi e di garantire una migliore “integrazione sociale”, scrive il giornalista Justin McCurry sul Guardian.
E ancora: “circa 3.000 dei 670.000 abitanti complessivi di Kawaguchi e Warabi sono curdi, una percentuale abbastanza ampia da spingere i commentatori online a chiamarla con il nome dispregiativo di “Warabistan”. Molti uomini svolgono lavori occasionali nell’edilizia e nelle demolizioni, mentre un numero minore lavora nel settore della ristorazione. Gli abusi contro la comunità curda locale sono aumentati notevolmente negli ultimi mesi, ha affermato Tatsuhiro Nukui, che dirige Zainichi Kurudojin to Tomoni – “insieme ai curdi in Giappone” – una ONG che organizza corsi settimanali di lingua giapponese tenuti da volontari, consulenze mediche e scambi culturali”.
Foto via X/Sea watch