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Homepage >> Web review >> I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 39/2024

I migliori articoli su rifugiati e immigrazione 39/2024

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24 settembre 2024
Mentre il Governo Meloni si vanta d’aver fatto calare gli sbarchi, viene omesso a quale prezzo. Una nuova inchiesta del Guardian rivela la realtà degli accordi Ue-Tunisia e la collaborazione dell’Italia, fatta di stupri e violenze ai danni delle persone migranti respinte dalle autorità tunisine. Nel frattempo, i tribunali continuano a bocciare il Decreto Piantedosi e il Ministro dell’Interno viene denunciato al Tribunale Penale Internazionale.

1. Calano gli sbarchi in Italia, ma ne va della vita delle persone migranti

Una nuova inchiesta del Guardian rivela che il calo degli sbarchi in Italia dalla Tunisia deriva dalle politiche di deterrenza violente applicate da quest’ultima che, in accordo con Italia e Ue, respinge le persone migranti nel deserto. A pagarne il prezzo le persone che subiscono torture e violenze.

“[…] Marie sa di essere stata fortunata. Secondo Yasmine, che ha fondato un’organizzazione sanitaria a Sfax, centinaia di donne migranti sub sahariane sono state stuprate dalle forze di sicurezza tunisine negli ultimi 18 mesi. Abbiamo avuto così tanti casi di stupri violenti e torture da parte della polizia, ​​afferma. Siamo stuprate in gran numero; loro [la guardia nazionale] ci prendono tutto”, si legge sul Guardian. E ancora: “[…] il suo racconto, insieme ad altre testimonianze raccolte dal Guardian, indica che l’Ue sta finanziando le forze di sicurezza che commettono diffuse violenze sessuali contro donne vulnerabili, le accuse più eclatanti che abbiano mai contaminato il controverso accordo stipulato lo scorso anno tra Bruxelles e Tunisi per impedire ai migranti di raggiungere l’Europa. L’accordo – da 89 milioni di sterline – prevederebbe anche il “rispetto per i diritti umani”. Eppure [le persone migranti] rivelano che la guardia nazionale deruba, picchia e abbandona sistematicamente donne e bambini nel deserto senza cibo né acqua”.

Per il Primo Ministro inglese Keir Starmer che la scorsa settimana ha incontrato la presidente Giorgia Meloni, l’accordo dell’Ue-Tunisia è un modello da seguire. Tuttavia, “Emily O’Reilly, difensora civica dell’Ue, afferma che è inconcepibile che l’Ue non avesse idea che la polizia abusasse ripetutamente delle persone migranti”.

2. Torna sotto i riflettori il tema della cittadinanza

Durante l’estate è riemerso il tema della cittadinanza. Tuttavia, al di là delle dichiarazioni del Ministro degli Esteri Antonio Tajani sullo ius scholae – che prima ha appoggiato per poi ritrattare – al momento non vi è alcuna proposta di legge concreta.

“A questo proposito, è interessante osservare che ci sono molte proposte di legge depositate in parlamento. La maggior parte tuttavia non ha ancora visto iniziare il proprio iter e probabilmente non lo farà mai. Stesso discorso vale anche per molte altre iniziative che trattano aspetti più o meno rilevanti per la vita del paese. Si tratta dei cosiddetti disegni di legge (Ddl) fuori dai radar. Proposte cioè che vengono depositate principalmente dai parlamentari con l’obiettivo di posizionarsi su un certo tema, pur sapendo che le probabilità che il testo diventi legge sono pressoché nulle”, si legge su Openpolis.

Tuttavia, se da un lato troviamo l’immobilismo del governo, dall’altro c’è chi si sta attivando con un referendum che – mantenendo tutti i requisiti previsti dalla legge attuale – punta a ridurre gli anni di residenza legale in Italia per chi la richiede dai 10 ai 5 anni: “se il referendum di cittadinanza dovesse essere approvato, tutti gli stranieri maggiorenni potrebbero richiedere la naturalizzazione dopo cinque anni di residenza ininterrotta nel Paese, a patto di soddisfare anche altri criteri come la conoscenza della lingua, il possesso di adeguate risorse economiche, l’idoneità professionale, il pagamento delle tasse e l’assenza di precedenti penali. Inoltre come spiega a Pagella politica Paolo Bonetti, il docente dell’Università Bicocca di Milano, che ha partecipato alla formulazione del quesito, “anche i figli minori conviventi otterrebbero la cittadinanza, conservando il diritto, una volta maggiorenni, di rinunciarvi se in possesso di altra cittadinanza”. Secondo le stime, i potenziali beneficiari sarebbero tra i 2,3 e i 2,5 milioni di persone”, riporta il giornalista Riccardo Piccolo su Wired.

3. Un altro Tribunale disapplica il Decreto Piantedosi

Il Tribunale di Catania ha liberato altre persone richiedenti asilo tunisine poiché il loro paese di origine – nonostante sia collocato nella lista dei “paesi sicuri” del Governo – non è sicuro.

“Insanabile contrasto tra il decreto del ministero Affari esteri e cooperazione internazionale 7/5/2024, letto in uno alla Scheda paese, e la norma di legge primaria. Così recita il provvedimento con cui ieri il tribunale di Catania ha liberato un richiedente asilo tunisino dal centro di Pozzallo. La formula giuridica può risultare oscura, ma indica una cosa semplice: la Tunisia non è un paese sicuro. Escono, con analoghe motivazioni, altri sei connazionali e due egiziani”, scrive il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto.

E ancora, questo è un “tema che alla luce di quanto sta accadendo nelle corti siciliane, si riproporrà con ben altra eco per i centri in Albania, su cui è competente il tribunale di Roma. Martedì Piantedosi ha dichiarato di non temere ricorsi perché la normativa alla base dei trattenimenti oltre Adriatico, la stessa di Pozzallo e Porto Empedocle, anticipa una regolamentazione europea che entrerà in vigore nel 2026. A quella data, però, mancano ancora due anni”.

3. Piantedosi denunciato al Tribunale Penale Internazionale

L’Ong Mediterranea Saving Humans ha denunciato il Ministro dell’Interno Piantedosi al Tribunale Penale Internazionale per i respingimenti illegali verso la Libia.

“Piantedosi rivendica gli oltre sedicimila respingimenti in Libia? E noi lo segnaliamo alla Corte che su quelle pratiche sta indagando. Il sasso viene lanciato da Mediterranea Saving Humans e forse al Viminale e al suo inquilino, Matteo Piantedosi, potrebbe costare qualche grattacapo”, scrive la giornalista Alessia Candito su Repubblica. Infatti, “da tempo l’Ufficio del Procuratore del Tribunale Penale Internazionale Karim Khan KC, stia indagando sui respingimenti collettivi in Libia operati da milizie facenti capo ad autorità del paese nordafricano”.

E ancora: “Poiché la Libia è un ‘luogo non sicuro’, come certificato dai più autorevoli organismi internazionali e dalle Nazioni Unite, collaborare alla deportazione di rifugiati e sfollati verso quel Paese costituisce un reato in violazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati e della Convenzione di Amburgo sul soccorso marittimo. Abbiamo quindi segnalato alla Corte penale internazionale la ‘giustificazione’ di questo gravissimo crimine commesso, come ammette lo stesso Ministro Piantedosi, nei confronti di 16.220 esseri umani di cui né lui né nessun altro può ormai conoscere la sorte, caduti nelle mani dei rapitori da cui cercavano di fuggire”, riporta Mediterranea.

5. Le persone straniere in Germania temono razzismo e violenze

Dopo un’impennata di sostegno al partito di estrema destra AfD, varie Ong stanno lanciando l’allarme sulla “violenza dilagante di estrema destra” contro le persone migranti.

“[…] Circa 80 persone si sono [recentemente] radunate in una piazza centrale a Neuruppin, una città di 30.000 abitanti a nord-ovest di Berlino, nello stato del Brandeburgo. Sagni Fayisa, [nome di fantasia], è arrivato con la moglie tedesca e i loro due figli. L’insegnante afferma di aver dovuto affrontare razzismo e xenofobia da quando si è trasferito dall’Etiopia alla Germania nove anni fa, ma le cose sono peggiorate progressivamente dal 2020 circa”, viene riportato su Info Migrants. E ancora: “quasi ogni giorno, ormai, la gente mi passa davanti dicendo la parola con la N. [nel tragitto tra casa e scuola], a volte vengo insultata da [diverse] persone, racconta Fayisa. “Di recente abbiamo ricevuto un’offerta per comprare una casa, ma non siamo riuscite a deciderci perché abbiamo paura, quindi abbiamo perso l’occasione. È davvero difficile per noi […].

Infine: “le preoccupazioni e i timori dei migranti riguardo al loro futuro in Germania e alla loro sicurezza sono tutt’altro che irrazionali: una serie di recenti statistiche, indagini e studi dimostrano come un drammatico aumento della violenza di destra metta a rischio le persone con un passato migratorio, in particolare nella Germania dell’Est. La commissaria federale tedesca per la lotta alle discriminazioni, Ferda Ataman, ha affermato che questo spostamento a destra è andato di pari passo con una crisi di discriminazioni che ha lasciato il segno nelle persone del Paese.

6. Da accordi di deterrenza poco trasparenti a cartelli della droga: barriere agli aiuti nel Darién

Il Darién è rapidamente diventato una delle zone con le peggiori crisi migratorie del mondo. Mentre solo 24.000 persone hanno intrapreso la rotta cinque anni fa,  più di mezzo milione di persone migranti l’hanno attraversata nel 2023, nel tentativo disperato di raggiungere gli Stati Uniti.

“Quasi 240.000 persone migranti e richiedenti asilo hanno attraversato il confine quest’anno entro agosto. Due terzi sono venezuelane, ma provengono anche da decine di altri paesi, da luoghi lontani come l’Afghanistan e il Sudan. Le prime cinque nazionalità includono la Cina, insieme a Ecuador, Colombia e Haiti. Coloro che attraversano affrontano una serie di rischi fisici e di salute e sono sempre più  vittime di rapine e violenza sessuale. Data l’entità delle necessità, c’è stata poca risposta umanitaria e i gruppi di aiuto temono che la situazione possa peggiorare ora che la crisi elettorale del Venezuela spinge più cittadini a lasciare il paese”, scrive il giornalista Joshua Collins sul New Humanitarian.

E ancora: “lo scorso marzo, Panama ha chiuso le operazioni di Medici Senza Frontiere dopo che l’organizzazione ha evidenziato l’aumento delle aggressioni sessuali sul lato panamense del Darién e ha criticato la mancanza di azione del governo. La decisione ha avuto un impatto di vasta portata, [inviando] un messaggio chiaro alle altre organizzazioni umanitarie: se ti esprimi troppo sulle condizioni del sentiero, ti cacceranno fuori, ha affermato Adam Isacson, ricercatore di frontiera presso il Washington Office on Latin America (Wola). Diverse Ong hanno dichiarato al New Humanitarian di sentirsi ora costrette a tenersi lontane e di aver dovuto affrontare sfide anche altrove nel rispondere alla crisi del Darién”.

Foto copertina via Twitter/Sea Watch

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